Data Revolution, a colloquio con Piergiorgio Grossi

E’ Direttore dell’Innovazione in iConsulting , azienda specializzata nella risoluzione di problemi aziendali complessi attraverso i Big Data Analytics e la Business Intelligence; è stato a capo dei Servizi Informativi della Ferrari in F.1 per 13 anni contribuendo a vincere 8 mondiali. Parliamo di Piergiorgio Grossi che al TEDx Bologna ha parlato di Data Revolution. Lo abbiamo intervistato.

Direttore dell’Innovazione in iConsulting, parliamo di trattamento dati, giusto?

iConsulting è una azienda nata 15 anni fa, di quelle che se fossero nate negli Stati Uniti sarebbe famosa, come spesso succede è nata in un centro ricerche e poi i due fondatori, che da sempre si occupano di studiare i dati per aiutare le persone a prendere decisioni, sono usciti. Poi l’azienda è cresciuta, siamo in 150 e parte in Europa, siamo nella nuova ondata che si chiama Data Revolution.

Ed esattamente di cosa vi occupate?

Ci occupiamo di questa nuova complessità, di cosa si può fare con i dati, come interrogarli e se gli fai le domande giuste ti possono dare risposte sempre più importanti. Possono aiutarti a predire il futuro, costruendo nuovi scenari, quindi questo percorso è quello che ha fatto questa azienda. Avendo vissuto questa velocità, lavorando in Ferrari puoi immaginare come era dover lavorare con orizzonti di due settimane, quando ho incontrato questa azienda è stato un matching magico.

Mi pare che il problema di big data sia che è tale la quantità dei dati disponibili che si crea una confusione in cui è difficile discernere l’utile dal superfluo, cosa ne pensa?

In effetti la prima reazione a questa data devolution è stata il blocco, uno status in cui siamo ancora adesso, entri in un negozio di elettronica per comprare una tv e te ne trovi 50, leggi qualcosa, ma non capisci, vai a casa e guardi su google e ne trovi 500, poi quando pensi di avere individuato quello giusto e leggi i commenti la confusione aumenta e resti in blocco. In azienda è uguale se ci pensi, arriva il tuo report e per decidere aspetti i dati, poi vedi i dati delle vendite, allora ti concentri sul modello migliore da promuovere, alla fine passano le settimane e non si decide mai. Alla fine bisogna tornare ad investire sull’uomo, è lui a dover essere centrale e che deve decidere, noi non siamo fatti per decidere con i dati, ci parte l’istinto di sopravvivenza, attacco, difesa fuga. Confrontiamo un dna di milioni di anni rispetto a poche centinaia, noi come iConsulting abbiamo lanciato una startup, Better Decisions, che aiuta proprio il responsabile a prendere decisioni migliori. In aula noi portiamo due esperti, uno di tech ed uno di buyers cognitive, per far capire come la data visualization, come rappresento un dato in qualche modo è già un buyers che metto in testa alla gente.

Può essere che ci siamo affidati troppo alla tecnologia ed ai dati pensando che potessero darci risposte definitive e trascurando il capitale umano, e adesso ci troviamo spiazzati?

Sì, poi ci siamo affidati a dei sistemi che comunque non erano ancora pronti, questa data devolution è una rivoluzione, non è una cosa nata con calma, abbiamo sistemi fragili e ci siamo affidati più che altro alla pratica pensando che il sistema ci sostituisse, adesso abbiamo problemi a gestirli. Penso anche che questo mondo così complesso richiede sicuramente competenze verticali ed investimenti maggiori, ma come la vedo io e dalla mia esperienza in Formula 1 mi ha fatto capire che anche l’orizzontalità è importante, non puoi limitarti a vivere nel tuo pezzettino dicendo “io mi occupo di IT e non voglio sapere altro”, perché le barriere non possono più esistere, devi sapere fare molte più cose contemporaneamente, si parla tanto di questa T-Shape Personality, devo saper fare molto bene il mio mestiere, ma avere una buona capacità di andare anche su altri campi perché la complessità non la puoi gestire su dei documenti, non devi perdere la verticalità, ma non devi neanche pensare che sia sufficiente. Pensa che anche la Casa Bianca si è ora dotata di un Chief Data Scientist, che ha competenze trasversali, deve avere capacità informatiche, competenza statistica e quindi saper analizzare il dato, e quella di business perchè quando ti infili in quelle masse di dati devi avere l’intuito per recepire risposte a domande che magari non ti sei ancora fatto, devi essere in grado di fare da solo e sapere che la decisione finale verrà presa da un uomo.

Dove stiamo andando con tutta questa messe di dati e quali implicazioni possiamo avere rispetto alla privacy?

 La difficoltà credo che sia data dal fatto che tutto sta accadendo ad una velocità che anche la legislazione fa fatica ad adattarsi, per dire Facebook ora passerà dai classici stati a 5-6 “emozionali”, è importante perché passi ad un tipo di marketing emotivo, non voglio più sapere solo se ti interessa, ma che reazione ti suscita, questo diventa un target ed un advertising che poi vado a vendere. In questo si inserisce il problema della net neutrality.

Per finire cosa ci può raccontare dei 13 anni passati in Ferrari con 8 mondiali vinti?

Quella è una macchina del tempo, ho visto e fatto cose che ancora non vedo ancora sul mercato,nella vita di tutti i giorni, sia dal punto di vista tecnologico, che è immaginabile, che dal punto di vista metodologico, pensa che fra una gara e l’altra hai 2 settimane, quindi devi costruire relazioni con le persone e processi speciali che ti permettano di reggere quel ritmo. Pensa all’IT del 2000, quello che fa oggi Facebook con continue versioni e le grandi software houses con il loro software deployment, noi lo facevamo 15 anni fa, quindi è stata una grande palestra.

©Futuro Europa®

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