Presidenziali USA, un Trump in corsa

Il nome di Donald Trump – diventato miliardario proseguendo le attività immobiliari di famiglia e famoso grazie al programma televisivo “The Apprentice” di NBC – ricorre da tempo quando si parla di elezioni presidenziali negli Stati Uniti del 2016. Nell’ultima settimana la parola “Trump” è comparsa nel 48% delle conversazioni politiche sui Social network e sui media tradizionali. Il magnate americano viene citato 1,9 volte, contro le 448 mila di Hillary Clinton.

Si tratta di un ruspante 69enne capace di entrare in sintonia con gli umori dell’America profonda, spaventata dall’arrivo dei migranti e tentata dal neo razzismo. La sua miscela di provocazioni e uscite populiste è già diventata una categoria della comunicazione politica, soprannominata il “trumpismo”. Secondo la CNN, l’imprenditore e magnate statunitense ora figura al secondo posto tra i candidati repubblicani, con il 12% alle spalle di Jeb Bush. In alcuni Stati, come nel North Carolina, Trump non ha rivali. Quasi sicuramente parteciperà al primo grande dibattito televisivo tra i dieci competitor conservatori più quotati, il 6 agosto sulla rete Fox. Una prospettiva preoccupante per figure tutto sommato moderate ed istituzionali come gli outsider Marco Rubio, Chris Christie, Carly Fiorina e per lo stesso Bush.

Adesso la sua mission impossible è quella di uscire vincente dalla convention repubblicana per poi arrivare alla presidenza degli Stati Uniti: per far sì che l’America ritorni a essere grande, come recita il suo slogan Make America Great Again. “Ricostruire il sogno americano, rendendolo più grande e migliore di quanto sia mai stato”, ha detto nel suo primo comizio tenuto il 16 giugno all’interno della sua Trump Tower, a New York, dove ha aggiunto che potrebbe diventare “il più grande presidente mai creato da Dio”. Per ora, di grande c’è solo la polemica che ruota attorno a ogni sua dichiarazione.

In un comizio per lanciare la sua candidatura, Trump ha detto di essere favorevole al completamento ed al rafforzamento della grande recinzione lungo il confine con il Messico, cosa che non ha sorpreso nessuno. Parlando dei migranti messicani, ha inoltre dichiarato: “Quando il Messico manda la sua gente, non manda i migliori. Ci manda persone che hanno un sacco di problemi e che se li portano dietro. Portano droga. Portano il crimine. Sono stupratori. E alcuni, immagino, sono comunque brave persone”.

Il giorno in cui ha reso ufficiale la sua candidatura alle primarie del partito Repubblicano, l’imprenditore ha specificato: “Non ho bisogno dei soldi di nessuno. Ho i miei, sono molto ricco, davvero ricco”. Argomentazione che in Italia suona abbastanza familiare. Una certa somiglianza con l’ex premier Silvio Berlusconi era già stata notata quando l’ipotesi di una candidatura di Trump alle presidenziali del 2012 circolava con insistenza. Allora fu il premio Pulitzer Timothy Egan a scriverne sul New York Times. Nell’articolo ‘The Danger of Donald Trump’ (Il pericolo Trump), Egan scriveva: “Più vedi Trump andare in giro facendo disastri per tutto il Paese, seminando pezzetti di menzogna che tocca poi a noi spazzare via, più realizzi che è veramente come Silvio Berlusconi”. Di sicuro “Trump non scomparirà, lo stesso non farà Berlusconi. Almeno sino a quando non avremo bisogno di qualcuno che dia voce ai nostri angeli neri, alle nostre cattive coscienze. E che finisce sempre per cavarsela”, ha scritto Egan nel suo articolo nel 2012.

Da allora Berlusconi non è più premier, ma è ancora a capo di un Partito, e Trump inizia la sua ascesa. Se è solo mediatica, solo il tempo potrà dirlo.

©Futuro Europa®

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