Cronache britanniche

Londra – Se qualcuno avesse avuto anche qualche dubbio a tal riguardo, la City ha “prepotentemente” riaffermato la propria centralità e influenza come cuore finanziario dell’Europa. Già, perché, chi vorrebbe vedere i falchi della finanza londinesi trasferirsi in loco a Parigi o Francoforte è rimasto ancora una volta deluso. Proprio nella capitale finanziaria tedesca qualcuno si starà ancora mordendo le mani di fronte alla decisione di questa settimana della Corte generale dell’Unione europea che ha dato torto alla BCE e ragione alla City sulle norme che regolano le clearing house (organo finanziario di compensazione che garantisce le transazioni di obbligazioni e titoli).

La sentenza ha, infatti, stabilito che le controparti centrali che gestiscono transazioni in euro non debbano essere necessariamente ubicate all’interno dell’eurozona e che la Bce non goda dei poteri necessari per imporre una tale convergenza regolatoria alle clearing house che agiscono nella compensazione di titoli finanziari. Insomma tecnicità a parte, questa volta si tratta di una vittoria netta di Londra che in tempi recenti aveva invece dovuto fare retromarcia sia sui tetti dei salari ai banchieri sia sulla tassa sulle transazioni finanziare.

Ovviamente il ministro delle finanze britannico George Osborne ha espresso la propria soddisfazione definendo il giudizio della Corte UE come “una vittoria per il Regno Unito” ma anche per tutti coloro che vogliono vedere un’economia europea davvero aperta. Dello stesso parere John Cridland, direttore generale della CBI (Confederation of British Industry) secondo il quale “è un successo per il mercato unico europeo”. C’è anche chi come Raoul Ruparel, capo economista di Open Europe, la interpreta come una disposizione semi-politica, affermando che una decisione contro il Regno Unito, oltre a danneggiare il mercato unico, avrebbe dato troppi poteri alla BCE e avvicinato la possibilità quasi certa di una Brexit. Di fatto, il giudizio della Corte di giustizia dell’Unione europea serve anche a rilegittimarla del proprio ruolo di arbitro indipendente che spesso era stato in messo in dubbio proprio dallo stesso governo britannico.

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