UE, non più Visti per i cittadini ucraini

La politica di allargamento ad est dell’Unione Europea interessa anche l’Ucraina, paese che è stato al centro delle vicende europee negli ultimi anni a causa dello strisciante conflitto con la Russia, guerra non dichiarata che ha portato all’annessione della Crimea nell’orbita di Putin ed ha lasciato un focolaio tuttora acceso nella regione del Donbass. Ma la volontà di Bruxelles di tenere i contatti con Kiev ha fatto sì che, in seguito alla proposta approvata dal Parlamento Europeo in seduta plenaria (521 voti a favore e 75 contrari, con 36 astensioni), dall’11 giugno scorso i cittadini ucraini possono viaggiare senza visti per i paesi Schengen in presenza di un passaporto biometrico, purché si tratti di viaggi turistici, per lavoro e di famiglia, i settori lavoro ed istruzioni restano sotto il regime dei visti. La possibilità di evitare il visto è comunque concessa per un tempo limite massimo di 90 giorni entro sei mesi, l’obbligo del visto è decaduto anche per alcuni paesi extra Schengen: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

L’apertura segna un nuovo passo nelle relazioni UE-Kiev dopo che nel 2014 l’ex-Presidente Viktor Janukovyč  rifiutò di onorare la decisione di firmare l’Accordo di associazione con l’Unione Europea. L’Ucraina è uno dei paesi più poveri del continente con uno stipendio medio di € 230 mensili, il più alto grado di corruzione, un paio di milioni di rifugiati fuggiti dalle zone di guerra che si aggiungono agli oltre 10.000 morti causati dal conflitto.

La situazione del paese è proprio tra le richieste della UE nel quadro degli accordi per la liberalizzazioni dei visti, Kiev deve impegnarsi principalmente nel combattere la corruzione, che per l’appunto la pone all’ultimo posto in Europa ed al 131° nel mondo, ma finora il governo ha fatto poco e male in questa direzione. Al momento pare che a fronte di pochi risultati Kiev abbia portato a casa quanto desiderava, ma dallo scorso febbraio la UE ha il potere di sospendere gli accordi in caso di non ottemperazione di quanto firmato dalle parti.

In quanto al pericolo di una ondata di migrazione irregolare si è di fronte ad un pericolo più teorico che reale nel caso dell’Ucraina, la percentuale di rifiuto alle richieste di visto UE da parte dei cittadini ucraini è attestata a meno del 2% che si compendia in un 80% di espulsioni da parte della UE in base agli accordi bilaterali di reintegro firmati nel 2007. Il primo mese pieno di effetto delle nuove norme ha visto 120.000 cittadini ucraini recarsi nella UE e solo a 50 è stato negato l’accesso ai confini europei, la maggior parte dei trasferimenti sono stati via aerea.

Sul tema si sono avute opinioni contrastanti all’interno dell’Unione, il ministro dell’Interno della Repubblica Ceca Milan Chovanec  aveva dichiarato che gli ucraini sarebbero venuti in cerca di posti  di lavoro illegale, minacciando di trattare questi casi come migranti clandestini. L’ambasciatore di Francia a Kiev, Isabel Dyumon, aveva paventato il pericolo che l’Ucraina perdesse una parte importante e qualificata di forza lavoro.

Al contraroi, lo slovacco Peter Javorcik, in qualità di Presidente di turno del Comitato dei Rappresentanti Permanenti , ha affermato “Il Consiglio ha dimostrato il suo impegno sull’esenzione dei visti per i cittadini ucraini, considerando che il loro paese ha raggiunto tutti gli obiettivi prefissati.”. Si è aggiunta al coro degli ottimisti Anna Maria Corazza Bildt, eurodeputata svedese di origine italiana “Si tratta di un grande giorno per i popoli dell’Europa e dell’Ucraina”. Significativo anche quanto detto dalla vice-ministra per gli Affari europei di Kiev, Ivanna Klympush-Tsintsadze, “E’ un segnale forte all’aggressore che l’Ucraina è sulla via di ritorno nella famiglia europea”.

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