In AIIB Paesi dell’Asia e non solo

La Banca Asiatica d’Investimento per le infrastrutture (AIIB), fondata a Pechino nell’ottobre 2014, è un’istituzione finanziaria internazionale partorita su iniziativa della Repubblica Popolare Cinese per svincolarsi dal duopolio formato dalla Banca Mondiale (a guida americana) e dal Fondo Monetario Internazionale (a guida europea), con l’aggiunta della loro emanazione asiatica, l’Asian Development Bank (a guida giapponese). Scopo della Banca è fornire e sviluppare progetti di infrastrutture nella regione Asia-Pacifico attraverso la promozione dello sviluppo economico-sociale della regione e contribuendo alla crescita mondiale.

Appena fondata la AIIB ha ricevuto l’adesione di 21 paesi asiatici, ma lo stupore è venuto quando tra i soci sono entrati la Gran Bretagna, con grande disappunto degli Stati Uniti, Germania, Francia, Italia e vari altri paesi europei minori. Altrettanta sorpresa ha destato il diniego alla Corea del Nord con la motivazione che la stessa non ha fornito convincenti prove riguardo la propria solidità e disponibilità finanziaria. Al contrario è stata accettata la domanda della Corea del Sud, ed un forte ingresso dell’Australia con $ 2,3 miliardi. Per comprendere le aspettative da parte della City e di tutti gli altri stakeholders del settore, l’istituto guidato da Jin Liqun (la Cina detiene il 26% della banca ed è il primo azionista) nei primi mesi di vita ha raccolto 100 miliardi di dollari contro 50 preventivati. L’Italia di un entusiasta Matteo Renzi, partecipò con 2 miliardi di euro versandone subito il 20%, mirando alla One Belt One Road Initiative, una nuova ‘Via della Seta’, il cui scopo è incrementare i trasporti, la trasmissione dell’energia, le interconnessioni infrastrutturali.

Perplessità sono state sollevate in merito ai protocolli ambientali e per evitare casi di corruzione, alcuni lavori sono stati affidati a ditte coinvolte in casi di corruttela e dubbi sull’impatto di alcune infrastrutture sull’ambiente destano dubbi. Resta il fatto che la Cina ha ratificato il COP21, il che pare di buon auspicio. La One Bel One Road Initiative sopra richiamata, prevede investimenti per 10-15 miliardi di dollari annui, è già stata finanziata un’autostrada in Pakistan e stanno partendo forti investimenti in Tagikistan e Kazakhistan . Questa nuova via della seta promossa dal presidente cinese  Xi Jinping vede coinvolta un’area che rappresenta il 55% del pil mondiale, il 70% della popolazione ed il 75% delle risorse.

L’Asian development bank institute ha pubblicato uno studio nel 2010 che calcolava che la regione asiatica avrebbe avuto bisogno di 8.000 miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali dal 2010 al 2020 per il suo sviluppo economico.  Di fronte alle aperture del FMI e del Giappone, nonché della World Bank, anche Washington ha dovuto cambiare il suo approccio passando da forti messaggi di allarme, ad una cauta disponibilità. Resta da considerare che all’epoca era in carica l’amministrazione Obama, resta da vedere quale sarà l’approccio della presidenza Trump ad una istituzione di chiara matrice cinese.

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