Europa, il Mercato Unico Digitale

L’impetuosa crescita del mercato digitale ha fatto sì che il settore crescesse in maniera disordinata e senza una normativa unica e certa con una frammentazione normativa tra i diversi stati membri. Uno degli obiettivi della Commissione Juncker è proprio la realizzazione di un Mercato Unico Digitale entro il 2016, target sicuramente ambizioso ed oggettivamente di difficile raggiungimento stante la ristrettezza dei tempi previsti. Il settore del digitale occupa anche un posto di rilievo nelle previsioni di crescita della UE, ed un insuccesso su questo fronte aprirebbe gravi buchi nelle finanze europee. La base giuridica si trova nell’Articolo 4, paragrafo 2, lettera a), e articoli 26, 27, 114 e 115, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Trovando poi riscontro nel Trattato di Lisbona e nell’Agenda Digitale Europea inserita nel quadro Europa 2020 e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) è anche uno delle sette iniziative faro che fanno parte di Europa 2020.

La diversità delle legislazioni nei diversi paesi, il timore dei consumatori riguardo garanzie e sostituzione, sono i due punti critici del mercato digitale. Il primo comporta costi aggiuntivi per le imprese per adattarsi alle regole nei paesi esteri ove vuole operare, il secondo funge da freno  nei comportamenti d’acquisto dei cittadini in paesi diversi dal proprio. Per comprendere come questi due fattori siano gli scogli da superare basti considerare che solo il 12% delle aziende vende online in Paesi membri diversi dal proprio e solo il 15% dei consumatori acquista online da un altri Paesi europei. Inversione dell’onere della prova ponendo a carico del venditore la dimostrazione dell’effettivo funzionamento del bene prima della vendita e garanzia sul funzionamento del software e dei beni immateriali sono i due percorsi su cui la Commissione sta pensando di muoversi. Oltre l’armonizzazione dei regolamenti e la protezione dei consumatori, il terzo pilastro resta la riforma del copyright e dei servizi di telecomunicazione, questi tre canali, nel progetto messo in piedi , si articolano in 16 punti.

Fondamentale è poi l’eliminazione del cosiddetto geoblocking, la pratica per cui legislazioni nazionali e provider limitano od escludono i consumatori dal fruire di beni e servizi all’estero. Tramite la virtuale presenza del consumatore nel paese estero oggetto dell’acquisto, si potrebbe superare l’ostacolo, ma l’industria del multimedia, che trae vantaggio dalla vendita di licenze nei singoli paesi, ha alzato veementi proteste, resta da vedere se alla fine prevarranno gli interessi particolaristici delle multinazionali o se il tutto si chiuderà a vantaggio dei cittadini. Come sempre anche in questo campo l’Italia è tra i fanalini di cosa, solo il 27% delle imprese nostrane vende online ed appena il 10% oltre confine, ed i consumatori che effettuano acquisti oltre frontiera online sono solo il 9%, eppure un mercato unico digitale porterebbe un beneficio al pil valutato in circa mezzo miliardo di euro.

Per comprendere la vastità dei problemi da affrontare in ogni ambito, all’ordine del giorno dei lavori della Commissione ci sono anche il problema del miglioramento del servizio della consegna pacchi transfrontalieri e l’individuazione di un regime IVA unico che agevoli l’attività delle startup sgravandole da inutili e costosi oneri burocratici.  La creazione di un mercato unico digitale passa poi anche attraverso la fruizione di reti dati veloci ed affidabili basate su una infrastruttura sicura che si avvalga anche di partenariati pubblico-privati se necessario.

©Futuro Europa®

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