Politica e Magistratura, conflitto di potere

In Italia abbiamo visto accendersi notevolmente la linea di conflitto tra potere politico e potere giudiziario, sotto l’urgenza di problemi reali che riguardano non soltanto 1’amministrazione della giustizia in senso stretto, ma l’intera società e il funzionamento delle istituzioni e dei pubblici poteri. Con la dispersione del regime partitocratico si è aperta una fase molto delicata di riassetto del potere. In questa fase si innesca lo scontro tra magistratura e potere politico. In effetti, lo scontro dura da anni, e dipende essenzialmente dal fatto che la magistratura ha esteso il controllo di legalità sull’operato dei politici e degli amministratori pubblici.

Pertanto, c’è stato costante un intendimento della classe politica di porre un argine a questa azione della magistratura, giudicata di sconfinamento nei propri confronti. La causa dell’estendersi del controllo di legalità della magistratura sull’operato della classe politica può ravvisarsi, come si è detto, principalmente nel fatto che in Italia manca un effettivo controllo politico con la determinazione di precise responsabilità politiche. Per questo motivo si è parlato molte volte di “governo dei giudici”.

Se fosse data la possibilità di accertare mediante forme e mezzi istituzionali l’operato dei politici che ricoprono cariche pubbliche e svolgono attività di amministrazione pubblica, parte del controllo di legalità dell’operato della classe politica avverrebbe in sede politica. Al potere giudiziario rimarrebbe l’accertamento e la repressione delle singole azioni criminose personali. Nell’attuale fase politica italiana, di riassetto del potere, e nel quadro della ventilata riforma dello Stato, assume particolare importanza la posizione che s’intende dare alla magistratura all’interno dei poteri dello Stato.

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