Bahrein, solco sempre più grande tra Sunniti e Sciiti

Le elezioni generali in Bahrein (il piccolo Stato arabo nel Golfo Persico retto da una Monarchia costituzionale e noto per i suoi consistenti giacimenti petroliferi) che si sono tenute lo scorso 22 Novembre e boicottate dall’opposizione, hanno accentuato il solco tra la comunità sunnita legata alla dinastia degli al-Khalifa e la maggioranza sciita, che reclama ora una mediazione delle Nazioni Unite per uscire dalla crisi politica.

Appena chiusi i seggi è scoppiata una vivace polemica tra le autorità e l’opposizione sul tasso di partecipazione elettorale in questo piccolo Regno, molto vicino a Washington. In effetti il potere sunnita ha affermato, non senza trionfalismo, che la partecipazione aveva raggiunto il 51,5%, mentre l’opposizione sciita ha fermamente sostenuto che il tasso non superava il 30%. Questa controversia mostra quanto profondo sia il solco che separa i sunniti, minoritari, ma con in mano la gran parte del potere, e gli sciiti, in maggioranza numerica, ma poco rappresentati dal punto di vista politico. Il potere sembra voler promuovere l’idea che la situazione si sia “normalizzata” in Bahrein nonostante il deteriorarsi delle relazioni intercomunitarie e questo sembra avere un fondamento di verità , o meglio di triste verità, visto che le turbolenze politiche nel Paese sono diventate normalità. Il tasso di partecipazione era una delle maggiori scommesse di queste elezioni, le prime dalla repressione nel 2011 della contestazione contro il Regime di questo Paese che ospita la Quinta Flotta americana e dove la dinastia degli al-Khalifa deve ancora confrontarsi a sporadiche manifestazioni.  Se, nella serata di sabato 22 Novembre alla fine di una giornata elettorale prolungata misteriosamente di due ore, il Ministro della Giustizia, Sheikh Khaled al-Khalifa, affermava che, secondo le prime stime “il tasso di partecipazione alle elezioni politiche era stato del 51,5%”, da parte sua, al-Wefaq, principale Movimento dell’opposizione che ha mobilitato le sue truppe per mettere in scacco queste elezioni, ha smentito e deriso le cifre ufficiali, qualificandole “divertenti, ridicole e poco credibili”.

Alcuni alti rappresentanti del Governo “cercano di prendere in giro l’opinione pubblica e di ignorare l’ampio boicottaggio delle elezioni, snocciolando numeri esagerati”, ha accusato al-Wefaq. Il Movimento di opposizione ha ribadito il suo 30% di partecipazione, “con una variazione massima del 5% in difetto o in eccesso”. Ha colto l’occasione per accusare il potere di aver spinto decine di migliaia di simpatizzanti e funzionari ad andare a votare, minacciando pesanti sanzioni. Il Governo ha a sua volta accusato i militanti sciiti di aver bloccato alcune strade per impedire alla gente di andare a votare. Il Ministro dell’Informazione e portavoce del Governo Sameera Rajab ha definito le elezioni “una vittoria per il Bahrein e un atto di fede nei confronti del Re” Hamad bin Issa al-Khalifa. “Le bugie, gli insulti e la derisione sono le armi dei vinti e dei perdenti”, ha puntualizzato sulla sua pagina Twitter. Per al-Wefaq, questa tornata elettorale non sarà di alcun aiuto nell’uscita dalla crisi. Questo Movimento, che chiede una “vera Monarchia Costituzionale”, ha preso parte dal 2011 a diverse sessioni di dialogo nazionale con le autorità che non hanno però portato a nessun progresso. Ha per questo chiesto un intervento delle Nazioni Unite per uscire dalla crisi. “La soluzione non può essere imposta da un solo campo come tenta invece di fare il potere, ma deve essere frutto del consenso”, scrive al-Wefaq. “Conviene a questo punto sedersi intorno ad un tavolo in presenza di osservatori delle Nazioni Unite per superare la crisi di fiducia che non ha fatto che crescere tra il potere e l’opposizione”, scrive ancora il Movimento. Ma per diversi osservatori, l’opposizione si è messa in una posizione difficile. Non vuole tornare a far parte del processo politico senza aver ottenuto alcune concessioni e si espone, continuando il gioco del boicottaggio, ad ulteriori repressioni.

In totale, 349713 elettori iscritti sono stati chiamati a scegliere 40 deputati in una rosa di 266 candidati. Oltre alle elezioni politiche, in alcune circoscrizioni si svolgevano anche elezioni amministrative. Un secondo turno è previsto per quei candidati che non hanno ottenuto il 50% dei voti. Nella legislatura precedente eletta nel 2010, 18 deputati del Wefaq si erano ritirati pochi mesi dopo per protestare contro la “repressione” della contestazione sciita, che, secondo il Movimento, avrebbe causato la morte di centinaia di persone. Ricordiamo che in Bahrein esistono due opposizioni. C’è quella dei giovani, che viene chiamata Movimento del14 Febbraio, che è di tipo “guerriglia urbana” e fomentatrice di provocazioni nei confronti delle forze dell’ordine. E c’è quella “legale”, che è principalmente rappresentata dal grande Partito-Movimento sciita al-Wefaq, già più volte citato. Il problema sembra stare nel fatto che entrambe le opposizioni si trovino in una impasse. La prima perché la polizia e la repressione tiene sotto controllo le manifestazioni che avvengono per lo più nei quartieri sciiti, lontano dal centro della città, la seconda perché non ha molto spazio per esprimersi ed è stata parzialmente decapitata negli ultimi tre, quattro anni. Un buon numero di suoi membri di spessore è stato messo in prigione o mandato in esilio a Londra. Anche per quanto riguarda l’appello a boicottare le elezioni, non sembra esserci stato grande coinvolgimento dal Movimento stesso. Non partecipando alle elezioni, non si è potuto quantificarlo, non si sa quindi quale sia il reale quadro politico nel quale si muove dopo la repressione sul nascere della Primavera della Perla del 2011.

Forse gli oppositori, quali che siano, hanno perso un treno importante. Se al-Wefaq avesse partecipato a questa tornata elettorale tra gli attori protagonisti e anche se fosse che si trovasse – cosa verosimile – in minoranza in Parlamento, avrebbe potuto avere una tribuna “ufficiale” dalla quale dire a piena voce “rappresentiamo un tot di percentuale dell’elettorato, siamo una rappresentanza dell’apparato politico”. Facendo ostruzionismo ha perso spazio politico per esprimersi anche pubblicamente. E questo sarà il vero problema. Probabilmente parte dei dirigenti di al-Wefaq o degli altri piccoli partiti che hanno remato contro le elezioni ,sono oggi un po’ disturbati da questa storia che li lascia ai margini della realtà politica per i prossimi 4 anni. E 4 anni ad aspettare una rivoluzione nell’ombra sono tanti.

©Futuro Europa®

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