I conti con la Storia

La salma di Vittorio Emanuele III torna, a settant’anni dalla morte, in Italia. Nel nostro Paese, dove si politicizza tutto e si litiga su tutto, la notizia era passata senza troppi commenti. Finché non si è fatta sentire la Comunità ebraica, per esprimere “profonda preoccupazione”.

Rispetto profondamente i sentimenti degli Ebrei italiani e anche i loro timori, che per altri fatti recenti non paiono del tutto infondati. Ma il ritorno della salma del penultimo Re d’Italia non mi sembra giustifichi nessun tipo di paranoia. La salma, fino ad ora in Egitto, riposerà in un mausoleo di famiglia presso Cuneo. Non credo sarà oggetto di pellegrinaggi in massa di nostalgici pericolosi, e certo non di neofascisti, che hanno sempre accusato il Re di aver tradito Mussolini il 25 luglio del 1943.  In Italia la Monarchia mi sembra una causa perduta, e ci hanno pensato gli eredi Savoia a renderla ancora più implausibile. Forse qualche anziana nobildonna o qualche innocuo colonnello in pensione andranno a depositare qualche fiore sulla tomba. Poco male, mi sembra.

Ad ogni modo, un Paese maturo deve sapere e poter fare i conti con la propria storia. Di questa storia, ci piaccia o no, Vittorio Emanuele III è stato parte per 46 anni. Anni con alcune luci (poche) e molte ombre. All’inizio Vittorio Emanuele era il “Re venuto dal mare” cantato da un esaltato D’Annunzio, e il “Re Soldato” della Prima Guerra Mondiale. Poi vennero anni difficili, in cui il Re dovette convivere con un regime a vocazione totalitaria. A questo regime egli non si oppose, anzi ne accettò gli eccessi, come la soppressione dei partiti, le leggi razziali, la guerra a fianco della Germania nazista. E da quel regime bene o male trasse qualche onore, come i titoli, effimeri,  di Imperatore d’Etiopia e di Re d’Albania.

Avrebbe potuto fare altrimenti? Forse, se nel 1922 si fosse opposto all’ondata squadrista. Forse, se successivamente avesse messo un alt alle leggi liberticide. Forse, forse. Chi può dire cosa sarebbe successo? Chi può escludere che il Regime allora onnipotente si sbarazzasse della Monarchia, o la passasse al ramo degli Aosta? Che sarebbe stato di un’Italia governata da un potere illimitato, come la Germania hitleriana? Chi avrebbe messo un termine alla guerra perduta?

Il 25 luglio e la successiva uscita dal conflitto sono certamente meriti del Re. Purtroppo furono eseguiti male, in modo pasticciato e persino vile. L’arresto di Mussolini a Villa Savoia, la fuga del Re e del Governo a Brindisi dopo l’8 settembre, sono pagine da dimenticare (bisognerebbe rileggersi il diario della duchessa di Bovino, che racconta quando Re e Regina comparvero di notte nel suo castello pugliese, in fuga e quasi in camicia). Vittorio Emanuele commise anche l’indegnità di non permettere al figlio, che lo chiedeva, di rimanere a Roma e dirigere la resistenza contro i tedeschi. Che lo avrebbero arrestato e probabilmente fucilato. Ma almeno Casa Savoia si sarebbe riscattata.

Da dimenticare è anche l’ostinatezza con cui Vittorio Emanuele III si afferrò al trono, a malapena cedendo al figlio la Luogotenenza e poi abdicando a un mese dal Referendum istituzionale. Così, probabilmente, contribuì a far cadere la causa monarchica, che pur una parte non secondaria e non ignobile del Paese sosteneva, identificandola agli occhi della gente con la figura di un sovrano non amato. Spiegare questa condotta così ottusa spetta agli psicologi. Vittorio Emanuele era nato con una seria limitazione fisica, gli scherzi sulla sua bassa statura erano tanti (lo chiamavano “sciaboletta” e quando sposò la bella e alta Elena del Montenegro, si parlò di “Curtatone e Montanara”). Forse è  questa l’origine del suo carattere stizzoso e superbo, ombroso e geloso anche degli stessi membri della sua famiglia, sia gli Aosta, tutti belli e altissimi, sia il suo stesso figlio ed erede, Umberto, anche lui fisicamente favorito dalla natura. E anche della sua estrema suscettibilità: si dice che non abbia mai perdonato a Mussolini, non tutti i suoi atti di governo, ma l’aver creato la dignità di Primo Maresciallo dell’Impero e di averla attribuita a sé stesso e al Re, mettendosi così sullo stesso piano formale del Sovrano.

Tutto questo è stato raccontato a sufficienza dagli storici e credo che un sondaggio tra gli italiani mostrerebbe una diffusissima sconoscenza di chi fosse Vittorio Emanuele III.  Si rassicurino i nostri fratelli Ebrei: salvo quei quattro imbecilli che esisteranno sempre, nessuno potrà servirsi del ricordo di un Re discusso e inviso a tanti per fare loro torto. Nessuno.

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "I conti con la Storia"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*