9 agosto1974, “Nixon resigns”

E’ lo stesso titolo che campeggiava sulla prima pagina del New York Times – e forse anche di molti altri quotidiani non solo americani – proprio il 9 agosto di quarantasei anni fa quando per la prima e fino ad oggi unica volta, un Presidente americano rassegnò le proprie dimissioni. Su Richard Nixon la frase più corretta mai detta è stata probabilmente quella del suo Consigliere per la sicurezza e poi Segretario di Stato Henry Kissinger, quando affermò che la storia lo avrebbe trattato meglio dei contemporanei. Probabilmente sta già accadendo.

Di Nixon si preferisce ricordare la vicenda del Watergate, ma passa sempre in secondo piano che fu lui a far uscire gli Stati Uniti dal pantano della guerra del Vietnam, iniziata sotto la presidenza di Kennedy e continuata con quella di Lyndon Johnson; si pone in evidenza il ruolo che ebbero gli Stati Uniti nel golpe in Cile e non si ricorda che era lui alla casa bianca quando l’uomo sbarcò sulla luna. Viene spesso dimenticato come fu sempre il primo presidente nato in uno Stato della costa pacifica a dare l’avvio ad un percorso che, anni dopo, venne portato a termine da Ronald Reagan e Bush padre che vide la caduta dell’impero sovietico. Porta la sua firma anche il primo accordo con l’Unione Sovietica per la limitazione delle armi strategiche. Non ultimo argomento dimenticato, il problema ambientale: fu sempre Nixon a portarlo all’attenzione dell’opinione pubblica nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 1970, quando sostenne che “Ripristinare la natura è un obiettivo che va oltre i partiti e le fazioni politiche. Ripristinare la natura è un obiettivo che accomuna l’intero popolo americano.”

Tuttavia l’aspetto della carriera politica di Nixon che passa inosservato, ma che viceversa indica lo spessore politico del trentasettesimo presidente americano, è l’essere stato eletto al secondo tentativo di entrare alla Casa Bianca dopo che era stato sconfitto da John Kennedy nelle elezioni del 62. Che fine hanno fatto Michael Dukakis, sconfitto dal vicepresidente Bush padre nel 1988 o Mitt Romney che nel 2012 sfidò Barack Obama? Sono ovviamente rimasti attivi nella vita politica statunitense, ma non hanno più tentato la corsa alla presidenza. Nixon invece, dopo la sconfitta del 1962 volle riprovarci e, caso probabilmente unico, vinse la sfida del 1968 contro Hubert Humphrey. Sicuramente l’assassinio di Bob Kennedy ebbe un peso determinante nella vicenda, ma ciò non toglie che Nixon venne eletto e si ripeté nel 72, quando non aveva ancora portato a termine il ritiro dal Vietnam, che era stato già nel programma della sua prima elezione.

Lo scandalo Watergate che lo travolse è stato considerato un pretesto per portare il Presidente alle dimissioni secondo una fonte autorevole e non certo sospettabile di simpatie di partito quale quella del filosofo e linguista Noam Chomsky: la teoria che la vera colpa pagata da Nixon fosse quella di avere abrogato il sistema di Bretton Woods ha valide fondamenta, considerata la tipologia di interessi economici del Partito Democratico. Il ruolo dello scandalo Watergate è ingigantito nell’intera vicenda e non dimentichiamo che Nixon era stato rieletto quando i fatti erano già noti: fu verosimilmente la campagna stampa mossa nei suoi confronti e, cosa decisamente grave agli  occhi degli americani, il comportamento che il Presidente ebbe davanti agli organi che stavano investigando.

Negli anni successivi alla sua esperienza, ha ricorso Bush dopo i fatti di Tienanmen per ricucire lo strappo con Pechino, e si è rivolto a Nixon anche Bill Clinton per capire che cosa stesse avvenendo a Eltsin, ma non ha avuto la visibilità che, per simili attività, riuscì ad ottenere Jimmy Carter. Probabilmente ha ragione Kissinger, e dovremo aspettare ancora alcune risposte dalla Storia o ripercorrerla senza pregiudizi; tuttavia sembra che ancora a Nixon non sia stata perdonata l’affermazione secondo cui “Se lo fa il Presidente, vuol dire che non è illegale”.

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