Terrore a Manchester

Non si ferma la funesta striscia di attentati che sta spargendo sangue in mezza Europa. Questa volta è di turno Manchester, importante città del nord della Gran Bretagna. Il palcoscenico scelto dal terrorista è stato il Manchester Arena, lo stadio che, nella tragica occasione, ospitava lunedì sera il concerto di Ariana Grande, una giovane popstar internazionale molto seguita tra i teen-ager.

L’attentatore ventiduenne di origini libiche, Salman Abedi, ha aspettato la fine della performance musicale per far detonare una bomba nel foyer, in prossimità delle biglietterie, transito obbligatorio per molti spettatori verso l’uscita. Nel folle gesto, rivendicato dall’Isis, ha trovato la morte anche il suo autore. Il bilancio è pesante, probabilmente tra i più gravi nella storia degli attentati di marca islamica sul suolo britannico: 22 morti e oltre 50 feriti.

Figlio di rifugiati libici scappati dal regime di Gheddafi e stabilitisi prima a Londra e poi a Manchester, oltre dieci anni fa, il ragazzo, inglese di nascita, aveva da poco abbracciato – nel Regno Unito – l’Islam radicale. Nell’abitazione degli Abedi, a Elsmore Road, nel sobborgo di Fallowfield, le forze dell’ordine hanno arrestato il fratello ventitreenne Ismael. Il resto della famiglia avrebbe, invece, tempo addietro, fatto ritorno in Libia e, a Tripoli, è stato tratto in arresto dalle forze di sicurezza anche il padre Ramadan, appartenuto a milizie attive contro l’ex regime del “Colonnello”, e il fratello minore, Hashem, al corrente dei piani di Salman. Secondo la stampa britannica, il giovane Salman era già sotto osservazione da parte delle autorità. Gli investigatori sembrano concordare sull’ipotesi che il ragazzo fosse tutt’altro che un lupo solitario, bensì godesse di numerosi contatti all’interno di network terroristici. Il confezionamento dell’ordigno esplosivo, farcito di chiodi e schegge e di difficile realizzazione per un principiante, lascerebbe presagire l’intervento di un artificiere e il supporto di una cellula jihadista residente, incaricata di curare la fase preparatoria dell’attacco, realizzato successivamente dal singolo esecutore materiale.

La premier Theresa May ha etichettato l’accaduto come uno spregevole e codardo atto criminale e ha dichiarato il massimo stato d’allerta, per timore della concreta possibilità di nuovi imminenti attentati. Da alcune testimonianze, risulterebbe che Salman Abedi fosse partito per la Libia e ritornato da pochi giorni in Inghilterra. Persone vicine al giovane avrebbero, in più occasioni, segnalato alle autorità la sua pericolosità. Fonti dell’intelligence Usa, inoltre, hanno lasciato trapelare ai media dettagli sui legami del giovane con Al Qaeda, sui viaggi in Siria al suo attivo e la partecipazione a stage d’addestramento paramilitare all’estero. Insomma, i tasselli a disposizione andrebbero a comporre l’intenso e concentrato percorso finale di chi, reclutato come “combattente” della jihad, si accinge a sacrificare sé stesso, pur di compiere una strage tra i “crociati” occidentali.

Il ministero dell’Interno britannico, presieduto da Amber Rudd, ha espresso grande disappunto nei confronti degli Stati Uniti per la fuga di notizie sul profilo del kamikaze, ribadendo la necessità di mantenere un controllo delle informazioni “per tutelare l’integrità delle operazioni investigative e l’effetto sorpresa”. Manchester e, ancor di più, Birmingham sono centri urbani che accolgono folte comunità islamiche; al loro interno, possono annidarsi soggetti a rischio, che comunicano via Internet con perfidi manipolatori e con altre cellule terroristiche, in particolare franco-belghe, tesi confermata anche dal fatto che l’esplosivo usato da Salman Abedi è dello stesso tipo impiegato negli attacchi di Parigi e Bruxelles. Relativamente al riparo, finora, sembrerebbe l’Italia, forse utilizzata da foreign fighters e jihadisti più come piattaforma logistica di transito verso il Nord Europa, coerentemente con le destinazioni finali ambite dai flussi migratori provenienti dal Mediterraneo, che come teatro per divulgare terrore in mondo-visione.

Sul territorio del Regno, saranno ora dispiegati circa 3.800 militari a protezione degli obiettivi sensibili e anche di diverse moschee, possibili oggetti di rappresaglie. A dispetto di quest’ultima indicazione, è invece da sottolineare la risposta di grande dignità, compostezza e repulsione all’odio della città di Manchester davanti al dramma di tante vite di bambini e adolescenti spezzate.

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "Terrore a Manchester"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*