Big Data tra economia e privacy

Quotidianamente sono prodotti enormi quantità di dati digitali (ovvero Big Data) dai processi di transazione, produzione e comunicazione della nostra Società e la loro analisi sta consentendo l’accesso a nuove forme di conoscenza, apportando nel contempo, miglioramenti significativi nella produzione e nello sviluppo di nuovi prodotti, processi, mercati e metodologie organizzative. Si tratta in sostanza della “data driven innovation”.

La data driven innovation è un qualcosa di dirompente e d’importanza determinante per la crescita economica, politica oltre che sociale di un Paese, che ne migliora la produttività e la competitività. I dati sono fondamentali, in questo senso, per prendere decisioni e creare strategie: aiutano ad accelerare diagnosi mediche, a studiare i modi per la prevenzione dei disastri ambientali, la previsione dei raccolti agricoli, per il miglioramento e l’ottimizzazione delle risorse energetiche di uno Stato, per la riduzione degli effetti negativi del traffico nelle nostre città. Si tratta di un processo di innovazione profondo che mette in moto un circolo virtuoso, un profondo percorso di innovazione, che genera benefici reali e concreti.

Da ricerche condotte è stato dimostrato che in quelle aziende che basano i propri processi decisionali sulle conoscenze prodotte dai “dati” si registra un incremento della produttività del 5-10% (da fonte della Commissione Europea). Lo studio e l’analisi dei Big Data – e forniti, quindi, in modo diretto e indiretto da cittadini ed imprese – vanno a promuovere il processo di miglioramento dei servizi offerti e a creare, nel contempo, nuove forme di sviluppo (basti pensare all’esempio di ciò che si potrebbe ottenere se si applicassero le osservazioni e i risultati dei big data studiati all’agricoltura con ricadute positive sia per l’ambiente che per la lotta alla fame nel mondo. Incrociando i dati ottenuti da sensori e centraline sul tipo di terreno, coltivazioni e meteo, si possono ottenere indicazioni per il risparmio dell’acqua, per migliorare i raccolti, per ridurre l’utilizzo di fertilizzanti e diserbanti. Oppure all’uso dei dati raccolti da GPS che permetteranno di pianificare con sempre crescente efficacia il trasporto urbano in base alle reali condizioni del traffico e delle infrastrutture).

Per il Cloud europeo, è notizia recente che l’Unione ha presentato, a Bruxelles, un Piano da 6,7 miliardi di euro (di cui 2 miliardi di euro nell’ambito del progetto Horizon 2020). Si tratta, come appare evidente, di un importantissimo provvedimento che permetterà all’Europa di competere a livello mondiale nel campo del calcolo ad alte prestazioni. “I vantaggi dei dati aperti, liberamente accessibili per la scienza, l’economia e la Società – come spiega Carlos Moedas, Commissario dell’Unione per la Ricerca – saranno enormi”.  “Il Cloud – precisa una nota dell’Unione Europea – poggerà su un’infrastruttura di dati europea grazie alla quale si potrà disporre di reti a banda larga, delle strutture di archiviazione su vasta scala e della capacità di super calcolo necessarie per accedere facilmente ai grandi set di dati archiviati nel cloud e per elaborarli”.

Per il 2020 è nei propositi la realizzazione di un Centro Europeo per i Big Data: un insieme di misure che permetteranno di sviluppare servizi che metteranno la Pubblica Amministrazione e le Imprese in condizioni tali da poter sfruttare al meglio i vantaggi offerti dai Big Data. Purtroppo, fino ad oggi, benché in Europa vi è una notevolissima produzione di “Dati” e soprattutto scientifici, non è stato possibile ottenere il massimo potenziale dal loro utilizzo a causa di infrastrutture carenti o frammentarie.

La Commissione Europea vuole realizzare un “nuovo Cloud europeo” per la scienza aperta che fornirà a 1,7 milioni di ricercatori e 70 milioni di professionisti della tecnologia e della scienza in Europa un ambiente virtuale di archiviazione, condivisione e riutilizzo dei dati a livello interdisciplinare e transfrontaliero. Entro il 2020, il Piano UE, prevede lo sviluppo e la diffusione su vasta scala di un’infrastruttura europea per il calcolo ad alte prestazioni, l’archiviazione dei Dati e il potenziamento delle Reti e di una “dorsale di Rete” per la ricerca e l’innovazione (GE’ANT).

Ma, ugualmente, è un dato di fatto che appare chiaro all’evidenza di chiunque che vi siano ripercussioni notevoli in tema di privacy e di garanzia e tutela di questa tipologia di diritti.  Gli utenti e i cittadini, così come i professionisti e le aziende, hanno bisogno e diritto di essere rassicurati che non siano sottoposti ad alcun tipo di abuso. E questo è il motivo per cui il legislatore del Parlamento Europeo stanno costantemente aggiornando e perfezionando la normativa dell’Unione in tema di Protezione dei Dati, sottoponendola ad una riforma approfondita e minuziosa, che lo scorso aprile è appunto giunta a traguardi significativi con l’approvazione delle nuove regolamentazioni per “l’Era Digitale” che assicureranno ai cittadini un maggior controllo sulle proprie informazioni private, facendo in modo, contemporaneamente, che vi sia un livello più elevato e uniforme di protezione dei dati in tutta l’Unione nella “Società digitale”.

©Futuro Europa®

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