Ammnistrative Turchia: Erdogan si impone nonostante tutto

Il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan, con la vittoria del suo Partito alle elezioni amministrative, ha  confermato Domenica la sua dominazione politica sulla Turchia, spazzando via attraverso le urne mesi di critiche e scandali.

Erdogan ha proclamato la sua vittoria davanti a migliaia di sostenitori riuniti davanti alla sede del suo Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) ad Ankara ed ha promesso ai suoi avversari che avrebbe fatto loro “pagare il prezzo” delle critiche e delle accuse che lo hanno colpito da diversi mesi a questa parte. “Il popolo  oggi ha smontato i piani subdoli e le trappole immorali (…), coloro che hanno attaccato la Turchia sono stati smentiti”, ha dichiarato con foga. Dopo settimane di aspra campagna elettorale, che ha profondamente diviso il Paese, questo successo potrebbe far definitivamente decidere Erdogan a presentarsi alle presidenziali del prossimo Agosto, che per la prima volta vedranno applicare il suffragio universale diretto. I candidati dell’AKP raccolgono intorno al 46% dei voti del Paese, contro il 26% del principale Partito di opposizione, il Partito Repubblicano del Popolo (CHP). Se l’AKP correva praticamente da solo per la carica di Sindaco di Istanbul, la più grande città del Paese, il duello si preannunciava molto più serrato nella capitale Ankara, dove i candidati del Partito al potere e dell’opposizione hanno entrambi proclamato la loro vittoria e accusato il loro rivale di frode: l’AKP e il CHP si attestano, l’uno e l’altro, più o meno sul 44% delle preferenze. Questi dati mostrano che Erdogan è sopravvissuto agli scandali senza troppi danni. Gli elettori hanno pensato che se cadeva Erdogan, sarebbero caduti con lui. La sensazione è che quali che siano le accuse di corruzione che pesano su di lui, lo hanno appoggiato per mantenere lo status sociale che hanno raggiunto sotto il suo “regno”.

Appena appresi i primi risultati, centinaia di simpatizzanti dell’AKP si sono diretti verso la sede del Partito ad Ankara, dove il Primo Ministro, che aveva raggiunto la capitale in serata, avrebbe pronunciato il discorso della vittoria. “Nonostante tutte le dichiarazioni e tutti i discorsi pronunciati durante la campagna elettorale, il nostro popolo dirà oggi la verità”, ha dichiarato, “ciò che dice il popolo è quello che è, e la sua decisione deve essere rispettata”. Dopo 12 anni di potere indiscusso e per 12 anni sostenuto dal Paese intero, Erdogan conferma essere il personaggio più carismatico del Paese, ma oggi  anche il più controverso: acclamato da coloro che vedono in lui il salvatore della Patria, l’uomo che è riuscito a far decollare il Paese economicamente, viene dipinto dai suoi detrattori  come un “dittatore” islamista. Ancora all’apice del potere un anno fa, il primo campanello d’allarme arriva nel Giugno del 2013 quando milioni di turchi scesi nelle strade chiedono le dimissioni del “sultano”, come lo soprannominano ironicamente i rivali. E da più di tre mesi, è sottoposto a gravi accuse di corruzione che macchiano anche i suoi collaboratori. Erdogan è passato ora al contrattacco pronunciando un discorso molto duro per, da una parte, mobilitare il suo campo e dall’altra dichiarare guerra ai suoi ex alleati della Confraternita dell’Imam Fethullah Gulen, dei “traditori” sospettati di aver creato uno “Stato parallelo” e di veicolare tramite internet intercettazioni telefoniche con l’obbiettivo di nuocere al suo Regime. Scosso da queste rivelazioni, il Governo ha risposto attraverso purghe e misure autoritarie, come il blocco di Twitter o YouTube, che gli sono valse una valanga di critiche, in Turchia e all’estero.

“La nostra Democrazia deve essere ripulita e rafforzata” ha detto Domenica recandosi a votare il presidente del CHP Kemal Kilçdaroglu, che ha promesso una “Democrazia pacata”. Due militanti femministe del Femen hanno manifestato contro la restrizione dei social network esibendo in un seggio elettorale di Istanbul il loro seno nudo sul quale era scritto “vietiamo Erdogan”, pochi istanti dopo venivano fermate. Malgrado gli appelli alla calma lanciati più volte dal Presidente Abdullah Gul, il voto di Domenica non metterà sicuramente fine alla crisi politica, soprattutto se Erdogan si presenterà alle Presidenziali. La sua candidatura non piacerà per niente ai liberali, ai pro Gulen e all’opposizione laica e il risultato sarà un Erdogan più intransigente e una Turchia ancora più polarizzata, con gravi rischi di scontri. Lontane dalla platea internazionale, le rivalità locali che caratterizzano regolarmente le elezioni in Turchia hanno causato nella giornata di Domenica 8 morti e una ventina di feriti. Erdogan ha vinto questa prima partita. Ma il gioco si fa tristemente duro.

©Futuro Europa®

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