Le conseguenze dell’amore (Film, 2004)

Secondo lungometraggio di Paolo Sorrentino, dopo L’uomo in più (2001) e primo grande successo di critica. “Un film a cui sono molto legato. Era appena nato mio figlio”, dice il regista. A nostro parere una delle cose migliori di Sorrentino – adesso da tutti osannato come nuovo Premio Oscar – per il mix riuscito tra sceneggiatura, musica, fotografia e recitazione.

Toni Servillo dà vita a un personaggio affascinante e misterioso di malavitoso solitario, eroinomane, metodico, silenzioso, timido, isolato da tutti. Servillo è il mafioso in doppio petto Titta Di Girolamo, si spaccia per intermediario finanziario ma è un incaricato di Cosa Nostra che deve depositare soldi sporchi in un conto svizzero. Le conseguenze dell’amore provocheranno un cambiamento impensabile nella vita del boss, che s’invaghisce di un’affascinante barista (Magnani) impiegata nel suo albergo, ruba per lei novecentomila euro e le regala una BMW. Non solo, quando la ragazza subisce un incidente grave e non riesce a ritrovarla, prima viene derubato dalla valigia con il denaro, quindi la recupera ma non la riconsegna ai mafiosi. “Voi mi avete rubato la vita e io mi tengo la valigia”, dice. I soldi verranno regalati a due compagni d’albergo che ogni sera giocavano a carte con lui, due anziani in attesa della morte, soli e intristiti dalla vita. Raffaele Pisu è molto bravo (Nastro d’argento) nei panni di un uomo che non accetta di invecchiare e vorrebbe morire in maniera rocambolesca. La fine straordinaria, invece, tocca a Tutta, immerso nella calcina per non aver rivelato il nascondiglio del denaro.

Un film girato tra Svizzera e Sicilia, fotografato alla perfezione da Luca Bigazzi (Nastro d’Argento), sceneggiato a dovere da Sorrentino (David di Donatello) e interpretato senza sbavature da un Servillo in gran forma (David di Donatello e Nastro d’Argento). La musica gelida di Pasquale Catalano contribuisce a creare un sottofondo di suspense inquietante. Il film ruota attorno al personaggio di Servillo, un uomo solitario, evitato da tutti, separato dalla moglie, lontano dai figli che non lo sopportano, schiavo della droga e patologicamente insonne. Titta rivede il fratello minore così diverso da lui, ma non è un piacere, solo un’ulteriore conferma che la sua solitudine è definitiva. Come Servillo rappresenta la solitudine, Pisu è il dramma della vecchiaia, in una delle sue interpretazioni migliori, insolita, da attore drammatico. In definitiva è il solo amico del protagonista, una persona con cui gioca a carte ogni sera, in albergo. Il vero amico del personaggio interpretato da Servillo lo vediamo nell’ultima sequenza, quando il protagonista muore e pensa a un compagno di gioventù che  adesso lavora in Trentino sui fili dell’alta tensione. La pellicola mantiene un ritmo blando, da film d’autore, con improvvise accelerazioni da thriller mafioso quando irrompono i picciotti incaricati di uccidere. Molto bella ed espressiva la giovanissima Olivia Magnani (Globo d’Oro come attrice rivelazione) che fa innamorare il cinquantenne ingrigito da una vita triste e monotona. L’ultimo pensiero di Titta prima di morire è equamente diviso tra lei e l’amico perduto. Le conseguenze dell’amore, come sempre, sono estreme.

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Regia: Paolo Sorrentino. Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Sorrentino. Musiche: Pasquale Catalano. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Giogiò Franchini. Effetti Speciali: Stefano Marinoni. Scenografia: Lino Fiorito. Costumi: Ortensia De Francesco. Produzione: Fandango, Indigo Film, Medusa Film. Produttori: Domenico Procacci, Francesca Cima, Angelo Curti, Gennaro Formisano, Nicola Giuliano. Distribuzione: Medusa Film. Aiuto Regista: Bruno Remoli. Interpreti: Toni Servillo, Olivia Magnani, Adriano Giannini, Angela Goodwin, Raffaele Pisu, Gianna Paola Scaffidi, Giselda Volodi, Nino D’Agata, Enzo Vitagliano, Diego Ribon, Antonio Ballerio, Giovanni Vettorazzo, Gilberto Idonea, Gaetano Bruno, Roberta Fossile, Anna Valeria Dini, Vittorio Di Prima, Rolando Ravello. Premi: Cinque David di Donatello, Tre Nastri d’Argento, 2 Globi d’Oro.

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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