Olivero (PI): non meno riformisti di Renzi

La nuova esperienza dei Popolari per l’Italia, i rapporti con il Partito popolare europeo e il futuro del governo. Ne abbiamo parlato con il senatore Andrea Olivero, 44 anni tra pochi giorni, già presidente delle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani) dal 2006 al 2012, eletto a Palazzo Madama tra le fila di Scelta Civica nelle scorse elezioni e poi tra i fondatori, insieme al ministro della Difesa Mario Mauro, dei Popolari per l’Italia, un partito nato con l’obiettivo “di promuovere il popolarismo italiano”. Ma guai a definirlo l’ennesimo partitino, si tratta piuttosto “di una start up e di un vero e proprio luogo d’incontro”.

Senatore Olivero, perché fondare i Popolari per l’Italia?

“Abbiamo notato che c’era una forte fascia di persone interessate al popolarismo italiano. Abbiamo anche rilevato la difficoltà di unire questi intenti in un unico soggetto politico. Dal momento che potevamo già contare su gruppi parlamentari, è stata presa la decisione di metterli a disposizione del progetto. Non siamo l’ennesimo partitino di cui nessuno sentiva il bisogno: Popolari per l’Italia è una start-up e un luogo d’incontro”.

Il Centro, in Italia, esiste ancora?

“Esiste come luogo politico, lontano sia dalla destra che dalla sinistra. E’ frutto di una cultura moderata che non perde il desiderio di cambiare, una realtà sotto rappresentata nella politica italiana degli ultimi anni. L’area di centro deve avere una sua dignità”.

Nella bozza dell’Italicum si punta al bipolarismo. Il Centro rischia di scomparire senza scelte coraggiose di coalizione. E’ una sfida creare un nuovo soggetto politico in questo momento storico?

“Sicuramente sì. Ma nessuna legge elettorale ci può spaventare. Anzi, ci batteremo nelle prossime settimane perché non passi l’Italicum nelle forme e nei modi che sono stati presentati nei giorni scorsi. E’ una legge che porta al bipartitismo. Vorrei però fare una riflessione: nelle scorse elezioni [quelle del 24 febbraio 2013, ndr] solo il 47 per cento dei voti sono finiti a Pd e PdL. Neanche la metà del Paese, è chiaro che una legge così ideata non rispecchia la volontà popolare”.

Quindi l’Italicum non rappresenterebbe il volere degli elettori?

“Esatto e noi la contrasteremo. Non solo perché non dà spazio ai piccoli soggetti politici, ma anche perché non rispecchia il Paese”.

Torniamo alla nuova creazione politica. Che obiettivi di consenso si pongono i Popolari per l’Italia?

“Non puntiamo solo al bacino di voti di Scelta Civica [partito con cui il senatore Olivero è stato eletto lo scorso anno, ndr]. Ad oggi oltre il 40 per cento degli aventi diritto di voto si astiene o è indeciso. Ma non solo, noi guardiamo con interesse anche a chi ha espresso un voto di protesta nella scorsa tornata, magari scegliendo il Movimento 5Stelle”.

L’Udc ha dato segnali di riavvicinamento a Silvio Berlusconi. Una mossa dettata da ideali o dalla necessità di sopravvivenza?

“L’Unione di Centro avrà il congresso nelle prossime settimane e speriamo non finisca, di nuovo, con Forza Italia. Credo sia stata una presa di posizione dettata dalla tattica ma anche dalla paura. E in questo caso, non è mai una buona modalità per cambiare le cose in politica. Comprendo l’istinto di sopravvivenza, ma dobbiamo anche dare risposte ai cittadini. Il popolarismo non deve fare passi indietro e non deve per forza scegliere tra i due schieramenti”.

Uno sguardo all’Europa: che rapporti hanno i Popolari per l’Italia con il Ppe?

“Abbiamo presentato la richiesta al Ppe per poter, già da marzo, presentarci da soli o con altri nelle liste delle prossime europee. Il Partito popolare europeo ci convince per la sua storia, ma va riformulato il presente perché ha ceduto a quella logica di bipolarismo che si è instaurata anche al Parlamento europeo”.

Per chiudere, la crisi di governo. Prima Mario Monti, poi Enrico Letta e adesso Matteo Renzi. Voterete la fiducia al prossimo esecutivo?

“Per prima cosa noi oggi diciamo che questo è e sarà un governo di servizio e quindi non di schieramento. Il Pd deve sapere che noi esigiamo la pari dignità, l’area popolare, che non è di poco conto, vuole essere trattata come le altre forze politiche. Le nostre condizioni, in poche parole: governo di servizio e di pari dignità, con un accordo chiaro di coalizione”.

Renzi vorrebbe un patto di governo fino al 2018 per fare le riforme…

“E noi non siamo meno riformisti di lui”.

©Futuro Europa®

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