Omeopatia, industria a rischio

Il settore omeopatico dell’industria farmaceutica italiana è oggi a forte rischio sopravvivenza a causa dell’applicazione di norme legislative che non considerano le specificità del comparto. Una situazione differente da quella in altri paesi della Comunità europea, dove da anni assieme all’ente centrale dello Stato si è lavorato per trovare strade concordate che, nel rispetto delle leggi vigenti, permettessero agli operatori di poter continuare ad essere presenti sul mercato interno e internazionale. Questo in Italia non è stato possibile ed è invece fondamentale individuare soluzioni condivise che permettano alle aziende italiane di far fronte al rischio chiusura a beneficio di quelle estere.

Sul tema abbiamo raccolto l’opinione di Franca Audisio Rangoni, Presidente e A.D. di  una delle aziende di settore, la Dual SanItaly SpA, e Presidente nazionale di AIDDA-Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda.

Presidente, la Dual SanItaly nel 2001 ha aperto una nuova business-unit dedicata all’Omeopatia, un settore oggi a rischio, ci dice perché?

Dual SanItaly ha investito nell’omeopatia poiché fino a qualche anno fa il settore era florido, con buone prospettive di mercato, in espansione. Dopo è iniziato un progressivo ed inesorabile aumento della regolamentazione; in un primo tempo ciò è servito per selezionare, adesso sta soffocando. Il settore è oggi a forte rischio di chiusura a causa dell’applicazione di leggi che non considerano le specificità del settore. Noi cerchiamo e vogliamo regole adeguate. Vede, l’esempio più semplice è paragonare la medicina ad un mezzo di trasporto: in alcuni casi i mezzi sono complementari, in altri alternativi; in ogni caso i differenti mezzi hanno le proprie regole, non tutti hanno le stesse.

Perché (se capita che gli alimenti semplici sono distinti da quelli speciali, così come lo sono dagli integratori) non è possibile avere una differenziazione tra medicinali omeopatici e allopatici? Negli altri paesi europei, Germania e Francia in particolare, da anni assieme alle agenzie del farmaco si è lavorato per trovare strade che nel rispetto delle leggi vigenti, permettessero agli operatori di poter continuare ad essere presenti sul mercato, le aziende hanno un futuro. Insieme sono state studiate le regole adeguate per il settore, considerando le specificità della medicina omeopatica. Questo in Italia non è successo e quindi oggi, per il poco tempo a disposizione, o si cerca una soluzione oppure le aziende italiane sono a forte rischio di chiusura a favore di quelle estere.

Sarebbe l’ennesima conquista degli stranieri.

Certo. Anche perché entro giugno del 2015 (la data è fissata a fine 2015, ma AIFA – l’Agenzia Italiana del Farmaco – richiede i documenti almeno 6 mesi prima della scadenza), le aziende dovrebbero consegnare il CTD (Common Technical Document), dossier composto da 5 moduli, ma pensato per il farmaco tradizionale. L’inizio per la consegna era stato fissato ad ottobre 2013, ma viste alcune notevoli lacune nella compilazione, nessuna azienda oggi ha ancora consegnato nulla.

Per capire la mole di lavoro che in poco tempo si riverserebbe sia sull’agenzia che sulle aziende, basta pensare alla mole di lavoro che c’è di fronte e che nessuna organizzazione sarebbe in grado di gestire in pochi mesi: le aziende farmaceutiche tradizionali gestiscono qualche decina di dossier ciascuna e di norma sono società di medie o grandi dimensioni; le aziende omeopatiche hanno per specificità centinaia di prodotti, alcune parecchie migliaia, e di norma sono società di piccole dimensioni.

Quindi ci sono parecchi punti ancora da chiarire come le tariffe esose, le richieste non chiare sulla compilazione, una filiera non pronta perché non sa come deve prepararsi per la mancanza di linee guida chiare, sono fattori che impediscono di avere dei documenti adeguati. Insomma ci fanno chiudere.

Quali soluzioni ritiene possibili?

Omeoimprese, l’associazione a cui fanno capo le aziende come la nostra si sta dando molto da fare per cercare di trovare il modo di studiare regole adeguate al settore, non sconti o scorciatoie. Purtroppo per ora non vediamo grandi risultati, anzi il contrario; confidiamo quindi nel buonsenso dei nostri politici per non affossare un settore che fa lavorare molte famiglie, contribuisce al PIL del nostro paese, paga le tasse, genera un indotto.

©Futuro Europa®

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