Lo strappo

Per un bel po’ di giorni le sorti del Governo, della politica italiana e della stessa Italia sono parse sospese al conflitto apertosi nel PDL. C’è chi ha guardato ad esso con timore, altri con speranza: che la ragione alla fine prevalesse, che il centro-destra nel suo insieme proseguisse con l’autorità dei numeri sulla via della moderazione apertasi con la scelta di appoggiare la rielezione di Napolitano e il governo delle larghe intese e confermata col voto di fiducia dello scorso ottobre. Cosi, purtroppo, non è stato. Alla fine Berlusconi ha scelto la via propostagli dai suoi più accesi pretoriani, forse contro il suo stesso istinto, certo contro l’interesse suo, del centro-destra e del Paese: una via di guerra a tutto e a tutti, nell’impossibile illusione di salvarsi così dalle conseguenze di una sentenza passata in giudicato e, forse, di altre che potrebbero arrivare in futuro.

In queste condizioni, lo strappo era inevitabile e non va sottovalutato il coraggio di Alfano e della sua pattuglia, per cui sarebbe stato molto più comodo e sicuro restare a cuccia sotto le ali del Cavaliere, che in mano ha ancora soldi, TV e popolarità, e invece hanno scelto di sfidare le tonnellate di spazzatura che gli stanno piovendo addosso e di affrontare un avvenire politico perlomeno incerto. In cambio, per alcuni di loro, ma non di tutti (anzi!) della possibilità di restare Ministri di un Governo di durata e prospettive limitate.

A nessuno può far piacere l’esplosione di  una forza politica (un’altra!) che rappresentava uno dei pilastri di un sistema che così conosce una ulteriore frammentazione. Capisco i sentimenti degli ultraberlusconiani che vedono nei “governativi” dei traditori imperdonabili, senza fermarsi a chiedersi perché hanno deciso di unirsi alla lista, ormai lunghissima, di amici, alleati ed elettori che hanno separato le proprie sorti da quelle del Cavaliere. Non dimentichiamo che si tratta di persone che fino a ieri militavano nelle schiere fedeli e ci avevano abituati a vederli uscire in TV a difendere tutti i fatti e i detti di Berlusconi, anche i più indifendibili.

Agli irriducibili fans di Berlusconi vorrei dire – anche se non serve a nulla, perché quando la fede parla, la ragione tace – che forse occorre esaminare serenamente, senza pregiudizi umorali o affettivi,  le ragioni che hanno motivato la rottura: erano davvero vili e meschine, o giuste e rispettabili? Chi ha “tradito” davvero? I pretoriani di Berlusconi, e alla fine lui stesso che si è consegnato nelle loro mani, rispetto a un’idea ben diversa del centro-destra a cui Alfano e gli altri sono rimasti fedeli? Strappi del genere non ne sono mancati nella nostra Storia, dal 25 luglio all’uscita dei socialdemocratici di Saragat dal PSI del Fronte Popolare, alla caduta di De Gasperi, poi di Fanfani,  Moro,  De Mita, Craxi,  Andreotti. Alcuni avevano motivazioni limpide e servivano al bene dell’Italia, altri meno.

Quello che adesso conta è chiedersi: che succederá ora? Penso che, a breve termine, il copione sia già scritto. Si formeranno i nuovi gruppi  parlamentari, il Governo proseguirà per la sua difficile strada, con una maggioranza molto ridotta ma meno dipendente da come si sveglia ogni mattina Berlusconi. Poi le cose si avvieranno al loro sbocco naturale in democrazia, e qualcuno vincerà o perderà (o almeno si spera). Ma intanto avremo fatto qualche piccolo, faticoso passo sulla strada della ripresa.

Cosa accadrà nel sistema politico? È facile prevedere che la risorta Forza Italia sarà spinta a destra, e che lo spezzone secessionista sarà portato a confluire verso il centro, alimentando così la speranza di ricostituire una forza davvero moderata, responsabile, popolare ed europea. Che dalla fine della DC non esiste più, ma della quale l’Italia ha disperato bisogno.

©Futuro Europa®

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