MACRO, Dipartimento Cultura Roma Capitale

Si respira aria di cambiamento per il romano MACRO (Museo d’Arte Contemporanea). La delibera di Giunta ne ha sancito il passaggio gestionale dalla Soprintendenza al Dipartimento alla Cultura, manca solo la ratifica del segretario generale del Comune.

Si parla delle sedi di via Nizza 138 e di Testaccio, che occupano per ingressi il terzo posto tra i musei capitolini, su cui tuttavia grava un deficit di 867 milioni da sanare entro l’anno. L’ottica promettente di tramutarlo in una Fondazione ha avuto la peggio, nonostante pure l’Assessore alla Cultura Flavia Barca, ora spesso vaga e silenziosa, se ne fosse fatta promotrice in campagna elettorale.

L’idea è di ampliare la rete dell’Azienda del Palaexpo, niente meno che un grande polo museale dato da numerosi spazi espositivi diversi. È qui allora che si teme che, con la mancanza di qualsiasi continuità, i risultati raggiunti in oltre 10 anni di attività vengano rovinosamente annullati: l’identità, la credibilità, la dignità artistica, la competenza, l’iniziativa, la professionalità, il lavoro, la dedizione, i partner e gli sponsor importanti come Enel e Deutsche Bank.

È da considerare poi che il Dipartimento alla Cultura, con a capo Cristina Selloni, si occupa di erogare «servizi», tra cui mostre ed eventi vari, funzione molto distante da quella della Soprintendenza (Speciale per il Patrimonio Storico-artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma) che è di tutela e conservazione. Il destino del MACRO è di location momentanea e non più luogo di programmazione autonoma.

Si è finalmente trovato come ovviare al problema del direttore non ancora eletto, dopo 2 mesi e mezzo di attesa di mansione provvisoria svolta da Giovanna Alberta Campitelli, l’attesa è stata degnamente ripagata. I dipendenti e i membri dell’Associazione MACROamici non erano a conoscenza della decisione presa in una specie di conclave, se non fino al suo annuncio.

L’Associazione in questione, presieduta da Beatrice Bulgari, esiste dal 2005 e ha senza ombra di dubbio grande importanza: 50 soci che versano 3mila euro di quota annuale ciascuno. 150mila euro destinati all’investimento, di cui 45mila per l’acquisizione di opere per la collezione permanente. Non è da dimenticare anche il contributo di circa 15milioni ricevuto in passato da parte di cittadini romani.

L’Assessore alla Cultura, sotto il Sindaco Ignazio Marino eletto a giugno, si pronuncia positivo, sostenendo che «il museo deve essere in sinergia e in filiera con gli altri musei del Comune» e che «il passaggio serve per dare maggiore autonomia al MACRO e orientarlo verso la produzione culturale e la creatività stimolando la comunità artistica italiana e internazionale». E ancora: “La programmazione di altissima qualità e l’accento sulla produzione siano sue primarie preoccupazioni; il modello sarà quello dei grandi musei del mondo, che sono spazi di sviluppo della creatività e dei talenti”.

Forse Flavia Barca non è aggiornata, proviamo a rinfrescarle la memoria. Il MACRO è dotato di una biblioteca, affiancata dalla fototeca e dall’Archivio Prampolini, che conta 50mila volumi. È in  partnership con le istituzioni già citate, ma anche con DEPART, l’Accademia di Francia, la Whitechapel Gallery di Londra, la Nomas Foundation, la Zegnart. Provvede a decine di residenze per artisti negli studi del museo e autonomamente alle sue mostre. Ha inoltre raggiunto quasi 20mila visitatori nell’ottobre 2013, con ben 1200 opere in collezione, 34 comodati, 22 opere acquisite dal 2012 e 20 in corso di acquisizione. Il MACRO non è perfetto, ma a ogni modo se la cava molto bene.

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