Camera di Consiglio

Si può vendere il dolore? Si può cedere un credito relativo al risarcimento del danno alla persona? Risponde positivamente al quesito una recente sentenza della Corte di Cassazione interpretando l’art. 1260 del Codice Civile.

Il caso: una signora, che aveva avuto un grave danno alla persona a seguito di un sinistro, cedeva ad un terzo il credito relativo al danno stesso, biologico e non patrimoniale, che aveva subito; successivamente si pentiva della cessione ed intraprendeva giudizio al fine di sentir dichiarare la nullità della cessione medesima e riacquistare, quindi, la titolarità del credito.

La norma qui applicabile è l’art. 1260 del codice civile la quale stabilisce che il titolare di un credito lo può trasferire a titolo oneroso, quindi dietro il pagamento di un prezzo, anche senza il consenso del debitore, a condizione che il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.

Nel corso del giudizio, il Tribunale in primo grado aveva accolto la domanda dell’attrice affermando la nullità del trasferimento, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione sancendo la validità della cessione, validità confermata dalla Corte di Cassazione. Visto che non esiste alcuna disposizione di legge specifica che vieti la cessione, il punto centrale della questione è stabilire se il danno biologico e non patrimoniale, detto anche pretium doloris, sia un diritto strettamente personale o meno.

Il ragionamento della Suprema Corte è tecnicamente ineccepibile, dato che, se pure l’integrità fisica e morale siano elementi strettamente personali e costituzionalmente garantiti, il credito dipendente dalla lesione degli stessi ha carattere diverso ed appare disponibile. D’altra parte subentrano in esso, in caso di morte dell’avente diritto, gli eredi, che, se avesse carattere strettamente personale, ne sarebbero esclusi dalla titolarità.

Pertanto, non possono essere mosse critiche di carattere strettamente giuridico, stante l’attuale disciplina normativa, alla interpretazione data dai giudici. Certo, da un punto di vista etico appare non condivisibile il comportamento di colui il quale, approfittando di un’eventuale situazione di bisogno di chi ha subito un danno alla persona, magari anche grave, acquisti per pochi spicci un credito potenzialmente consistente. Questa interpretazione, poi, potrebbe consentire a consulenti legali, che abbiano un comportamento poco deontologico, di irretire, facendo cedere il credito a prestanome,  chi si metta nelle loro mani, bypassando il divieto di patto quota lite di recente reintrodotto.

Concludendo, se avete subito un danno alla persona non cedete mai il vostro credito, perché nessuno vi regala nulla.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo, avvocato, è membro del “Progetto Mediazione” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma]

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