Grecia, Varoufakis e il suo DiEM25

DiEM25 (acronimo di Democray in Europe Movement con il 25 ad indicare l’anno 2025 quale anno di realizzazione) è la creatura politica lanciata dall’ex-enfant prodige dell’economia greca Yanis Varoufakis. Una stella che è brillata per appena 6 mesi come braccio destro di Alexis Tsipras quando Syriza vinse le elezioni iniziando a governare il paese ellenico. Ma se Tsipras una volta al potere si dimostrò un politico pragmatico di fronte alle casse statali vuote, ai bancomat chiusi, ai negozi vuoti, Varoufakis insisteva per andare allo scontro frontale con gli unici che potevano avere il coraggio di continuare a prestare soldi ad un paese tecnicamente fallito. Si potrebbero sprecare fiumi di inchiostro sul come siano stati, spesso obtorto collo, i finanziamenti europei, ma ci deve anche chiedere come sarebbe messa la Grecia oggi se si fosse verificata la grexit vaticinata da Varoufakis. Chiudendo gli occhi di fronte ai molteplici errori e falsi in bilancio dei governi che avevano preceduto Syriza, l’ex-ministro delle finanze, dalla sua villa vista Pireo, probabilmente non si rendeva conto della realtà da affrontare, lo scontro con Tsipras su questo lo portò alle dimissioni.

Superata la delusione, si è dedicato alla costruzione di una nuova forza politica, transnazionale, presentata ufficialmente a Berlino il 9 luglio 2016, volto alla costruzione di una Europa fondata su una non meglio specificata democrazia dei popoli svincolata dalle attuali istituzioni.

Molteplici le perplessità che desta il movimento di Varoufakis, per una usare un battuta nazional-popolare potremmo dire “tante idee, ma confuse”. Un board di 12 persone tra cui Julian Assange, Vivenne Westwood, Brian Eno ed il braccio destro di Jeremy Corbyn, noto per avere affossato la sinistra inglese e la controversa posizione sulla brexit. Una forma politica che pare più avvicinarsi ai desiderata dell’intellighenzia agiata della sinistra che a quella delle masse. Il movimento si pone contro il TTIP, scordando che proprio la vituperata Europa l’ha respinto al mittente ancor prima dell’avvento di Trump, contro le istituzione europee, contro l’euro definito “una pessima idea ed un terribile sistema monetario”. Non spiega come pensa il suo paese potrebbe accedere ancora al credito se invece della gabbia di salvataggio della moneta comune fosse passato ad una dracma senza nessun valore. Si definisce un convinto europeista attaccando Le Pen e Grillo che giudica spettatori in attesa della disintegrazione europea, scordando che anche il leader dei 5 Stelle si definisce un più che convinto europeista.

Il neo-movimento guidato da Varoufakis, come prima impressione più in solitaria che con il board, esprime il sentire dei problemi che stanno affliggendo l’Europa, maggiore democratizzazione, trasparenza, vicinanza delle istituzione ai cittadini, incrementare la capacità di comunicazione della UE. Potremmo aggiungere punti già toccati come unire alla moneta unica una fiscalità comune, una difesa unica, politiche coordinate, ma tutti questi temi sono già all’ordine del giorno della Commissione Juncker e del Parlamento Europeo, oltre che dei singoli stati. Il limite più evidente della visione varoufakiana è lo scollamento dalla realtà, cosa già avvenuta quando guidava il dicastero economico. Non considera le diversità di vedute tra i vari stati membri, l’Ungheria dei muri e la Francia dell’accoglienza è solo uno dei tanti esempi, non definisce come dovrebbe funzionare questa ‘nuova’ europa basata sui popoli. Al momento pare più una forma embrionale che deve ancora sviluppare le sue eventuali potenzialità e definire meglio la governance e gli obiettivi da raggiungere.

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