Astaldi in Turchia vale doppio
Mentre nello Stivale, fuori e dentro il Palazzo, c’è un popolo che si arrovella per sapere se la Cancellieri abbia o meno interceduto nell’Affaire Ligresti, c’è un pezzo di bella Italia che silenziosamente porta il verbo del Paese nel mondo. Ed è, come spesso accade, l’Italia dell’impresa. O meglio, l’Italia delle “multinazionali tascabili” che nell’ultimo decennio ha dato prova di sé in diversi mercati strategici: dalla meccanica al biotech, dalla safety militare e spaziale all’hi-tech, fino al food.
Nei giorni scorsi, però, è stata l’edilizia a far parlare di Italia. E’ infatti stata posata ad Ankara, capitale della Turchia, la prima pietra del nuovo ospedale Etlik, struttura sanitaria con capacità giornaliera prevista di 50 mila pazienti, che occuperà 20 mila addetti e disporrà di 3.500 posti letto.
Ebbene, il consorzio di imprese che si occuperà dell’opera – per un investimento Stato-Privati di un miliardo di euro – è guidato dalla capofila Astaldi, azienda romana delle infrastrutture già impegnata nelle metropolitane milanesi e nelle grandi opere in Lombardia per Expo 2015.
Il gruppo nostrano delle grandi opere ha sbaragliato la concorrenza internazionale e si è aggiudicato la direzione dei lavori per la costruzione dell’ospedale. In partnership poi con il gruppo locale Turklerler, darà nei prossimi mesi struttura all’opera voluta da Erdogan e fiato all’ambizioso piano industriale della “Turchia per la Sanità”.
Il Governo di Tayip Erdogan, infatti – sostenuto dalla maggioranza del Partito Giustizia e Sviluppo – ha da poco finanziato il maxi programma di ammodernamento del sistema sanitario nazionale e punta a fare del gigante eurasiatico il più importante hub sanitario della regione, con la prospettiva di attrarre ad Ankara – e nei più importanti centri del Paese – quote significative del “turismo sanitario” europeo e mediorientale. L’obiettivo del Ministero della Salute turco è quello di realizzare 7 milioni di dollari di fatturato da 500.000 pazienti stranieri nel 2015 mentre per il 2023 è di raggiungere la soglia dei 20 milioni di dollari.
Un piano ambizioso a cui le imprese italiane guardano sempre più con acquolina e interesse perché, se in Italia il mercato “non tira” e la politica non è in grado di profilare una seria “operazione industriale”, è bene che le imprese si alzino e si procaccino gli affari da sé, in un mix di azione e reazione. L’alternativa è il chapter eleven.
In questo caso, dunque, l’azione-reazione di Astaldi in Turchia è un bell’esempio di quello che le aziende italiane sono in grado di fare nel mondo, a dispetto dell’asfissia nostrana che blocca il Paese allo “zerovirgola”. Un’impresa tutta nostrana che vale doppio: che agisce per la sopravvivenza dell’azienda e il bene dei lavoratori. Che reagisce alla stagnazione economica a cui da troppo tempo l’Italia non è in grado di dare risposta.
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