Abruzzo, una Legge all’avanguardia

L´Italia racconta sé stessa attraverso il suo paesaggio, i suoi patrimonio architettonici e le sue identità enogastronomiche. E questi elementi sono i nostri cavalli di battaglia, sono quello per cui tutto il mondo ci invidia l´essere italiani. Sino ad ora il patrimonio umano e artistico che tutti hanno conosciuto del nostro paese è un patrimonio classico, legato alle grandi città d´arte e ai grandi maestri che hanno reso le città luoghi di grande attrazione. Il David di Michelangelo, la piazza s. Pietro con il porticato del Bernini, Venezia tra tutte la città più riprodotta nel resto del mondo ecc.

Ma in Italia esiste un  altro patrimonio, un patrimonio che viene chiamato Minore, perché non conserva le opere dei grandi, ma che in realtà non ha nulla di minore rispetto agli altri. E´ questo il patrimonio che racconta l´identità del nostro paese, la sua storia più vissuta, quella fatta dagli uomini reali, che hanno vissuto e prodotto economia agraria pastorale e artigianale. Un patrimonio molto spesso intoccato, che ha conservato la sua originalità a causa dello spopolamento provocato dalla ultima grande emigrazione per povertà degli anni ´50. Dal 1958 al 1963 l’Italia “esporta” nei paesi europei oltre un milione e mezzo di emigranti, fra i quali circa i 2/3 provengono dal Sud. Sono per l’Italia “gli anni del più rapido sviluppo economico”, in cui è relativamente facile trovare un posto di lavoro a Milano, a Torino, ma anche a Monaco, a Colonia o a Zurigo. Sono gli anni in cui la terra è arcigna, non dà i propri frutti e la gente deve abbandonare i borghi incastellati, i villaggi dell´entroterra e le cittadine per trovare “fortuna all´estero”. Un fenomeno migratorio di immense dimensioni, che coinvolge dall´inizio dell’unità d´Italia (1861) circa 27 milioni di italiani. Un emigrante italiano rispondeva così ad un Ministro italiano in visita all’epoca a S. Paolo in Brasile: «Cosa intende per nazione, signor Ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria. Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?». Un racconto in poche righe del dramma di parte della popolazione italiana.

Ma come in tutte le cose nella vita ci sono due risvolti, e al dramma della emigrazione oggi si contrappone il privilegio e la fortuna di avere un Patrimonio Minore rimasto in alcuni luoghi tale e quale a come era in quegli anni, un patrimonio che nella sua immobilità racconta una identità, ne riporta i ricordi di un mondo che ha vissuto e creato, ne riproduce la sua storia e le sue vite. Migliaia sono i borghi abbandonati o semi abbandonati nell´Appennino Meridionale e migliaia sono i potenziali progetti di recupero che si potrebbero fare. Circa 15 anni fa un milanese di origine svedese ne ha scoperto uno a pochi chilometri da L’Aquila. Un gioiello di architettura medievale, rimasto tale a causa dell’abbandono. Lo ha visto e se ne è innamorato, lo ha comprato in parte (cercando i proprietari sparsi in tutto il mondo) e lo ha recuperato, restaurato e gli ha ridato vita facendone un Albergo Diffuso. Il suo intervento di recupero è stato “integralista”, un intervento conservatorio, che ha riportato in vita, laddove era possibile, le antiche destinazioni dei luoghi. Le pareti conservano il nero della fuliggine, i mobili cercati in lungo e in largo per tutto l´Abruzzo, quelli conservati e non bruciati per il freddo, sono gli oggetti che popolano le stanze, gli antichi specchi dove le macchie grigie raccontano il passaggio del tempo, fino ai corredi trovati nei bauli delle famiglie abruzzesi coprono i materassi rifatti di lana come un tempo. Insieme ad una antropologa ha riscoperto la cultura abbandonata negli anni cinquanta fatta da mani operose, tradizioni tramandate da generazioni, ridato vita a colture dimenticate e riproposto sapori e conoscenze quasi dimenticate.

Un progetto costruito con calma, che ha richiesto tempo ma che ha dato e continua a dare frutti importanti ad una zona che fino a poco tempo fa era intesa come depressa. Lo sviluppo di questo albergo ha creato un fenomeno di inversione, mentre prima la popolazione (limitata agli inizi a 20 persone) scendeva a valle alla ricerca di lavoro, adesso invece vengono dalla valle a da tutto il mondo a cercare lavoro.

Albergo Diffuso di S. Stefano di Sessanio è un  modello di sviluppo per le aree depresse dell´Italia, e se ne sono resi conto soprattutto i media e le istituzioni all´estero raccontandolo e dandogli premi e onorificenze. L´Abruzzo insieme al Molise sono le Regioni dove maggiormente sono presenti questi gioielli intoccati, originali che devono essere recuperati in un´ottica di tutela e conservazione . Per questo motivo l´ Abruzzo ha approvato una Legge che verrà presentata il 24 di ottobre presso il Museo delle Genti d´Abruzzo a Pescara che non solo rende “categoria alberghiera” l´Albergo Diffuso, ma lo circoscrive a progetti di tutela e conservazione di questo Patrimonio Minore. Un traguardo importante per la tutela del territorio italiano, del suo paesaggio e della sua identità. Una legge che ferma le ruspe laddove il patrimonio è tale che deve essere conservato per noi e per le generazioni future. Una Legge perspicace che coglie e riconosce in questo modello di sviluppo un modello di crescita economica per il nostro paese, che riconosce anche alla cultura e alla sua rivitalizzazione la chiave per la crescita dell´Italia.

©Futuro Europa®

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