Brutti spettacoli

L’attualità politica ci ha riservato in settimana altri spettacoli poco decorosi. Il primo lo ha offerto l’ineffabile Sindaco di Napoli, De Magistris. È stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio e dunque doveva essere automaticamente sospeso dalle sue funzioni a norma della Legge Severino. Essere condannati non piace a nessuno e ritenere una sentenza ingiusta è diritto di tutti. Ma da un magistrato ci si sarebbe aspettati silenziosa e corretta sottomissione alla legge e rispetto per l’operato della Giustizia. Il personaggio in questione, invece, si è rifiutato con proterva arroganza di farsi da parte (cioè si è rifiutato di obbedire a una legge dello Stato) ed è stato necessario un provvedimento di sospensione da parte del Prefetto. Come se non bastasse, questo signore ha profferito volgari insinuazioni nei  confronti dei suoi colleghi romani e persino della signora Severino, autrice della legge e, com’è purtroppo abituale da noi, ha denunciato un presunto complotto contro di lui “perché l’esperienza in corso a Napoli dà fastidio” (è vero: da fastidio soprattutto ai napoletani, che assistono impotenti ai deliri di un uomo).

Va da sé che comportamenti riprovevoli per chi non si rassegna ad ammettere di aver commesso illeciti sono molto più gravi e inammissibili da parte di un magistrato, che dovrebbe porre il rispetto della Legge e delle istituzioni al di sopra di ogni altra considerazione, anche personale.  Qualcuno, e non dalla destra, ha giustamente commentato: con che faccia può un giudice criticare ora Berlusconi se definisce ingiuste e cospiratorie le condanne contro di lui? Lasciamo anche stare il fatto che una condanna per abuso di ufficio la dice lunga sulla maniera in cui De Magistris svolgeva le sue funzioni di giudice. Lasciamo stare anche il fatto che come Sindaco di Napoli egli ha fatto finora soprattutto disastri. Il fatto è che con il suo comportamento recente ha provocato discredito per l’insieme della Magistratura, e non a caso l’ANM ha reagito molto duramente. La morale? Non basta fare il procuratore d’assalto (capace di sfidare anche il Capo dello Stato) per essere un buon magistrato e tanto meno un buon politico. O anche solo una persona degna di rispetto.

L’altro spettacolo poco degno è venuto  dalla difficoltà a eleggere i membri del CSM e della Corte Costituzionale. Per il primo, ci si è riusciti solo a fatica. Per la seconda, Forza Italia con la fronda interna ha sin qui bloccato l’elezione dei  giudici concordati tra PD e FI. Non so quali siano le vere ragioni, tutte interne, di questa fronda. Ma penso che il male maggiore stia nel metodo prescelto per selezionare gli eletti, con logica spartitoria e diktat delle Segreterie di partito (al di là del valore obiettivo dei designati, magari persone degnissime). In Italia non mancano  giuristi e in particolare costituzionalisti di grande valore e assoluta imparzialità. Se i partiti mettessero da parte le candidature di bandiera  e scegliessero nomi “apolitici” di alto livello, tutto sarebbe più facile (anche l’opposizione voterebbe persone al di sopra delle parti). Ciò sarebbe tra l’altro assai più consono all’altezza dei compiti della Corte, arbitro supremo in materia di Costituzione. Sarebbe davvero auspicabile che la sua composizione rispondesse unicamente a criteri di merito e di ”chara fama” (va detto che ciò in genere accade per i membri scelti dal Capo dello Stato).

Roba da libro dei sogni? Sì, se si mantengono le regole attuali di elezione, perché la quota riservata al Parlamento sarà sempre, per definizione, oggetto di scambio tra le parti, ciascuna pretendendo di mettere le proprie pedine nella Suprema Corte. Non sarebbe  ora di rivederle, queste regole? Riservando la nomina di tutti i membri della Corte al Capo dello Stato, garante massimo dell’equilibrio? È il sistema seguito negli Stati Uniti per la Corte Suprema e credo che nessuno possa metterne in discussione l’equilibrio e  l’autorevolezza e alla fine neppure l’indipendenza, che nasce dalla generale lealtà dei giudici alla propria coscienza, anche se tra loro esistono divisoni tra “conservatori” e “liberali”. La stessa norma dovrebbe valere anche per il Consiglio Superiore della Magistratura, dove la logica spartitoria è anche più evidente e scoperta, soprattutto per la quota eletta dai giudici. E potrebbe estendersi a tanti altri organi rilevanti, come ad esempio quelli che reggono la RAI con l’informazione pubblica.

È proprio possibile che quello che è normale in una grande democrazia occidentale, cioè l’indipendenza dei supremi organi regolatori della vita istituzionale rispetto ai partiti, sia irrealizzabile da noi? Il Premier che dice di voler cambiare l’Italia sottraendola alla logica soffocante della partitocrazia e della faide, dovrebbe mettere mano anche a questo.

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