Tunisia, possibile nuovo fronte di Aqmi

La zona intorno a Monte Chaambi, dove sono stati uccisi diversi militari tunisini per mano di terroristi, è oggetto di una grande caccia all’uomo.

Nove militari tunisini sono stati uccisi e depredati delle loro armi vicino all’Algeria, nella zona del Monte Chaambi, dove l’esercito tenta da diversi mesi di neutralizzare un gruppo legato ad Al Qaeda. I soldati sarebbero stati ritrovati sgozzati e le loro armi, così come le loro uniformi, gli sarebbero state rubate dopo un’imboscata. In questa parte del territorio tunisino è in atto, da Dicembre, un’intensa caccia all’uomo. Il rastrellamento di questo monte da parte dell’esercito è raddoppiato in primavera, dopo il ferimento e l’uccisione di diversi soldati, dovuti all’innesco di ordigni esplosivi nascosti tra le rocce. Ci si chiede chi siano questi combattenti che prolificano da qualche mese a questa parte nella Regione del Monte Chaambi. La prima risposta che viene spontanea è Al Qaeda. Ma gli individui dei quali si parla provengono  da diversi gruppi terroristici. Ci sono membri di una cellula della brigata “Tarok ibn Ziad” che era comandata da Abu Zeid, uno dei capi di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), ucciso durante l’intervento francese in Mali. La sua brigata è stata praticamente decimata, ma una sezione (sembrerebbe una trentina di persone) è fuggita, sei mesi fa, dal Nord del Mali verso la frontiera algero-tunisina, ed ha raggiunto un certo numero di salafisti tunisini che erano già in procinto di istallarsi tra le montagne del Chaambi. Con numerosi algerini che provengono dalla città di Batna, piccola cittadina di frontiera e centro operativo di Aqmi, hanno formato il nucleo di un gruppo che si chiama la “brigata di Batna”. Sembrerebbe che alcuni tunisini cacciati dalla Siria dopo aver tentato di portarvi la jihad sarebbero tornati nel loro Paese per poi raggiungere le montagne. Dal mese di Aprile il viavai con questa zona montagnosa è sempre più intenso, così come intensa sta diventando la circolazione di armi fornite dai membri di Al Qaeda presenti in Algeria. I “reduci” dal Mali sono arrivati con le proprie armi. Sono tutti uomini addestrati al combattimento nel deserto, preparati da un terrorista doc: Abu Zaid. Hanno anche ricevuto l’appoggio degli algerini che gli hanno portato il loro “Know How”, soprattutto sugli IED (ordigni esplosivi improvvisati) per i quali hanno grande esperienza. Questi ordigni artigianali vengono nascosti sotto terra e fatti esplodere a distanza al passaggio di una persona, di una pattuglia o di una jeep. Esattamente lo stesso sistema utilizzato dai Talebani in Afghanistan. Questa brigata, allo stato embrionale, sta facendo sul Monte Chaambi ciò che Aqmi ha fatto contro le forze di sicurezza algerine negli ultimi 20 anni, provocando decine di morti ogni settimana. La Tunisia è diventata un nuovo fronte per Aqmi. La Frontiera tra Algeria e Tunisia è stata chiusa e se è vero che i due eserciti non possono coordinarsi e mobilizzarsi per lottare contro questi terroristi, è anche vero che la frontiera tra i due Paesi è lunga 1300 chilometri, impossibile renderla sicura su tutto il tratto. Inoltre, gli algerini sono reticenti nel fornire informazioni per la lotta anti-terroristica ad un regime islamista che ha voluto integrare dei salafisti nel suo Governo.  Come fa allora la “piccola” Tunisia a lottare contro questi gruppi? Non possiamo scindere l’aspetto politico dall’aspetto puramente securitario. Il problema è stato gestito  male a causa delle incertezze dell’ex Ministro dell’Interno e attuale Primo Ministro, l’islamista Ali Larayedh, che ha, nel 2012, voluto integrare i salafisti radicali che cominciavano a riunirsi sul Monte Chaambi, sperando di evitare la loro radicalizzazione. Questa debolezza ha invece profittato a questi gruppi radicali che si sono rafforzati. Ciò ha paralizzato i servizi di sicurezza e l’esercito contro ogni azione di “pulizia” della zona. Oggi Ali Larayedh ha “cambiato” idea e pensa che non ha più nessuna possibilità di recuperarli. Ha deciso di fare le grandi pulizie e ha dichiarato guerra ai salafisti tenendo comizi pubblici molto seri. Dopo aver messo in pensione anticipata il Capo di Stato Maggiore, il Generale Ammar, contrario ad una  mediatizzazione delle azioni anti-terrorismo, una delle compagnie dell’esercito tunisino, che era impegnata nella messa in sicurezza della frontiera tra Libia e Tunisia, è ora impegnata su tutta la frontiera. Da sei mesi a questa parte, la macchina securitaria tunisina sta, lentamente, riprendendo potenza. Certamente le difficoltà sono tante. Le unità speciali nella lotta contro il terrorismo dell’esercito tunisino sono state formate sotto il regime di Ben Ali per la lotta securitaria e di polizia. Non hanno nessuna esperienza di contro-insurrezione, perché non hanno mai avuto modo di confrontarvisi. Sicuramente qui c’è da fare un salto qualitativo. Inoltre, l’equipaggiamento è scarso. La Tunisia possiede ovviamente tutto ciò che serve per le intercettazioni “classiche”, conosce le tecniche di pedinamento, di sorveglianza, ma non ha nessuna dotazione per la lotta sul territorio. Un dettaglio: non possiede le telecamere per la visione notturna che sono assolutamente necessarie per intercettare “visivamente” gli jihadisti che si muovono e agiscono di notte per rifornirsi o piazzare i loro esplosivi. Tra l’altro, non è solo l’esercito che va in perlustrazione o a raccogliere testimonianze nelle piccole città di montagna, ma anche la polizia è stata coinvolta in queste missioni. Problema: la polizia è divisa, qualcuno sospetta che parte di essa sia pro-islamista. Come in Egitto, gli islamisti di Ennahada hanno, forse, capito che i salafisti non accetteranno mai il gioco democratico e hanno cominciato con il limitare, se non proibire, gli inviti ai predicatori che vengono dai Paesi del Golfo, molto persuasivi sul terreno. Dalla rivoluzione in Tunisia, questi Imam hanno tenuto diverse conferenze riempiendo gli stadi. Questo è un problema di non poca rilevanza. Oggi Ennahada ha molte difficoltà a recuperare il terreno occupato dai salafisti nelle moschee. Un esempio concreto è il movimento salafisti di Ansar al-Charia, sospettato di essere vicino ad Al Qaeda e che qualche mese fa aveva fatto parlare molto di lui. Il suo capo, Abu Lyadh, è latitante. Quasi tutti i responsabili del gruppo sono stati messi in prigione dopo l’episodio dell’Ambasciata Americana e l’assassinio di Chokri Belaid. Quelli che sono riusciti a scappare sono oggi sul Monte Chaambi.

Il 21 Maggio scorso, Aqmi ha diffuso un video nel quale affermava che Al Qaeda e Aqmi  non avevano intenzione di attaccare la Tunisia, salvo in caso di “autodifesa”. Viene da chiedersi se l’ingranaggio terrorista nel Paese non si sia già messo in funzione, come è accaduto in Algeria. Gli esperti non lo credono. In Algeria, ad un certo punto c’erano più di 25mila combattenti alla macchia, cosa che non si verifica in Tunisia. Certo è che dei terroristi si nascondono sul Monte Chaambi, piazzano le loro IED, si addestrano. Se il Governo tunisino non mette in atto una strategia seria, reale e globale per questa regione, se non vi manda truppe dell’esercito e corpi di polizia che non siano originari di quella zona, possiamo temere che la situazione degeneri e che si prospetti una situazione all’”algerina”. E’ un potenziale focolaio di instabilità e destabilizzazione per il Paese.

© Futuro Europa

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