Egitto: pro e anti Morsi, nessuno cede

Nuovi scontri sono scoppiati in Egitto, questo fine settima, tra le forze dell’ordine e gli islamisti causando la morte di più di 70 persone solo al Cairo. Questa nuova ondata di violenze coincide con la decisione delle autorità egiziane di transizione di mettere sotto detenzione preventiva il Presidente Mohamed Morsi, rappresentante dei Fratelli Musulmani, destituito lo scorso 3 Luglio per mano dell’esercito e la promessa di mettere fine agli accampamenti dei suoi sostenitori che da giorni presidiano la Moschea di Rabaa al-Adawiya, situata in un quartiere a nord-est del Cairo.

Gli egiziani avevano cominciato a manifestare in numero massiccio venerdì in tutto il Paese, una parte in risposta all’appello dell’esercito contro il “terrorismo”, l’altra in favore della riabilitazione di Morsi, raduni antagonisti che hanno causato la morte di sette persone ad Alessandria. “Sono qui per sostenere il vero Presidente dell’Egitto. Non accettiamo nessun’altro che Morsi e manifesteremo in modo pacifico”, dichiara un partigiano dell’ex Presidente, arrivato al Cairo da un paesino del Delta del Nilo. La Guida Suprema dei Fratelli Musulmani, Mohamed Badie, ha chiesto ai suoi che i cortei fossero “pacifici”, esortandoli allo stesso tempo a non mollare la guardia di fronte ad un “colpo di Stato cruento”. Nel campo opposto, diverse migliaia di manifestanti anti-Morsi hanno cominciato a confluire verso Piazza Tahrir, sito tradizionale dei grandi raduni. La folla brandiva bandiere egiziane e ritratti del Capo dell’esercito, il Generale Abdel Fatah al-Sissi, fautore della caduta di Morsi e oggi nuovo uomo forte del Paese. “Noi siamo l’Egitto”, scandiva al microfono un “maestro di cerimonie” che con abile regia faceva scatenare gli applausi ogni volta che veniva pronunciato il nome del Generale che è anche Ministro della Difesa e vice-Primo Ministro. Al-Sissi aveva chiesto agli egiziani mercoledì scorso di scendere in massa per le strade venerdì per dargli “mandato” per permettergli di “finirla con il terrorismo e la violenza”. Ma l’esercito non ha fatto che alternare dichiarazioni di pace a dichiarazioni cariche di minaccia. Si è così assicurato che i propositi del Generale Sissi non erano diretti ai Fratelli Musulmani in modo particolare, ma gli ha nel contempo, in una nota ufficiosa fatta circolare in rete, dato 48 ore per rinunciare ad ogni tipo di violenza e accettare il processo di transizione politica. I pro-Morsi hanno fatto notare che questi scontri violenti erano una conseguenza diretta del discorso del Capo dell’esercito. “Questo tipo di richieste incitano alla violenza e all’odio e servono a coprire gli odiosi crimini dell’esercito e della polizia” è la loro accusa. Il Ministro degli Interni, interpellato durante un’intervista televisiva sulle sorti dell’accampamento eretto da migliaia di partigiani di Morsi da più di tre settimane davanti alla Moschea Rabaa al-Adawiya, ha dichiarato che “presto sarebbero state prese decisioni al riguardo. Sarà sicuramente posto un termine a tale situazione nell’ambito della legge”. Le autorità avevano rafforzato la sicurezza venerdì in tutto il Paese in previsione di questa giornata che si sapeva essere ad alto rischio e dove i due campi avrebbero contato le proprie forze, quando le violenze legate ai disordini politici hanno già fatto 200 morti in un mese. L’esercito deve anche far fronte alla situazione esplosiva nella Penisola del Sinai, dove venerdì scorso degli uomini armati hanno ucciso un altro civile e ferito cinque soldati. La giustizia ha peraltro ordinato la detenzione preventiva di Morsi, già agli arresti, custodito in luogo segreto dall’esercito dal giorno della sua destituzione, per complicità presunta in azioni omicide contro le forze di sicurezza durante la rivolta contro il Presidente Hosni Mubarak nel 2011, imputate all’Hamas palestinese. Mentre fino ad oggi era stato posto agli arresti senza vere imputazioni, un tribunale ha ordinato la sua incarcerazione preventiva per 15 giorni, rinnovabili. Le accuse vertono soprattutto sull’aiuto che gli avrebbe dato Hamas, ramo palestinese dei Fratelli Musulmani, per evadere da una prigione dove il regime di Mubarak l’aveva rinchiuso, poco prima da essere rovesciato da una rivolta popolare. Domenica, i partigiani del Presidente deposto si dichiaravano ancora determinati a proseguire la loro mobilizzazione, malgrado le minacce del potere di disperdere con la forza i loro raduni.  Degli scontri si sono avuti nella notte tra sabato e Domenica in diverse zone del Paese, soprattutto a Porto Said. Ricordiamo che Porto Said è una delle città più sensibili dell’Egitto da quando una partita di calcio è degenerata in modo tragico all’inizio del 2012, causando la morte di 70 persone. Da allora, la città portuale è stata teatro di numerosi scontri su di un fondo di tensioni legate a sport e politica.

Importanti le reazioni dall’estero a questa situazione che vede il comportamento dell’esercito ai limiti del giustificabile. Il Segretario di Stato americano John Kerry ha dichiarato essere “molto preoccupato” per quest’ultima “esplosione di violenza”, che porta a più di 300 il numero dei morti. Le autorità egiziane hanno “l’obbligo morale e legale di rispettare il diritto a manifestare in modo pacifico e di rispettare la libertà di espressione”, ha precisato Kerry in un comunicato. “La violenza fa indietreggiare il processo di riconciliazione e democratizzazione dell’Egitto, ma ha anche un impatto negativo sulla stabilità delle Regione”, ha sottolineato. Il Segretario di Stato ha fatto sapere che sabato mattina si è anche sentito con il vice-Presidente ad interim, Mohamed el-Baradei e con il Capo della diplomazia europea Catherine Ashton, che si recherà a sua volta presto al Cairo. “Per permettere un dialogo politico significativo con l’Egitto, come richiesto dallo stesso Governo ad interim, gli Stati Uniti riformulano il loro appello a mettere fine alle detenzioni politiche e rilasciare i dirigenti dei Partiti politici conformemente alla legge”, ha concluso Kerry. Pesanti le accuse dell’Organizzazione Human Rights Watch che ha denunciato “disprezzo criminale” delle autorità “per la vita umana”. Queste morti dimostrano “una scioccante volontà da parte della polizia e di qualche responsabile politico di far innalzare la violenza contro i manifestanti pro-Morsi”, ha dichiarato il Direttore di HRW per il Medioriente e l’Africa del Nord, Nadim Houry. E’ sicuramente un momento cruciale per l’Egitto. Poco più di due anni fa è cominciata una rivoluzione che non è che agli albori e la cui sorte verrà fortemente influenzata dall’esito di questi ultimi eventi.

© Futuro Europa

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