Renzi e PD, punto di rottura?

A vent’anni esatti dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi la sinistra sembra aver trovato il suo nuovo Nemico pubblico numero Uno, Matteo Renzi.

Detta così può sembrare un’affermazione poco sensata, visto che stiamo parlando del segretario del Partito Democratico ma, a ben vedere, le liti, le fratture e i malumori generati dal sindaco di Firenze sembrano aver scosso tutto il fronte di sinistra della politica italiana più velocemente di quanto lo stesso Cavaliere non sia riuscito a fare negli ultimi vent’anni.

Ad un mese dalla sua elezione Renzi ha fatto la sua prima eccellente vittima, infatti Cuperlo, suo avversario alle primarie, nonché Presidente del partito, ha rassegnato le dimissioni accusando il neo-segretario di “attacchi personali”  e di una gestione monocratica del partito. Dalla lettera apparsa tra le pagine dei giornali e indirizzata a Renzi, Cuperlo di fatto elenca una serie di posizioni non condivise, dalla Legge elettorale, alla più interna gestione del partito che vanno ben oltre i soli “attacchi personali”. In discussione infatti sembrano esserci proprio gli ideali ispiratori della sinistra italiana. Così con Cuperlo sembra schierarsi tutta quella corrente di partito che ancora fa riferimento alla vecchia guardia Democratica, ossia quella dirigenza evolutasi dal PCI ai DS.

Se la sofferenza dei bersaniani si è focalizzata sulla visione quasi berlusconiana del partito, a far “incavolare” anche le altre aree è stata la ritrovata e malvista alleanza intavolata con Berlusconi. L’insistenza del sindaco di voler concordare le riforme con il leader di Forza Italia, dalla legge elettorale alla riforma istituzionale, non è andata giù a quelli che dell’antiberlusconismo hanno fatto la propria ragione di vita politica dell’ultimo ventennio.

E che Renzi avesse un feeling particolare con il Cavaliere lo si vide già quando, da sindaco, si presentò ad Arcore, si dice per parlare del Comune di Firenze.

Come se non gli bastasse la zizzania già seminata, il nuovo segretario democratico ha deciso di mettere alla sbarra anche l’ultima componente del suo partito: quella democristiana. I ripetuti attacchi al Premier Letta, insieme alle continue minacce di staccare la spina al governo, hanno gettato cattiva luce tra gli ex democristiani confluiti nel Partito Democratico.

Insomma, sembra proprio che l’unico amico rimasto a Renzi sia proprio Berlusconi. Benché di generazioni differenti e con stili diversi, le somiglianze tra i due sembrano comunque tante. Renzi dalla sua sa di poter contare sulla forza di un elettorato favorevole, che condivide il suo modo di fare politica e soprattutto condivide l’impostazione data al partito.

Nonostante le azioni del “giovane Matteo” portino ad uno scontro interno molto acceso, al limite della frattura, la legge elettorale, che insieme a Berlusconi sta costruendo, va nella direzione opposta alla frammentazione. Così, questa strategia gli consentirà quindi di mantenere una certa coesione elettorale e soprattutto la facoltà di plasmare a suo piacimento un partito che per troppo tempo è dipeso da vecchi e inefficaci ideali pseudocomunisti.

Di fatto Renzi sta pian piano demolendo la vecchia struttura del Partito per ridargli una nuova immagine, resta solo da vedere se il suo progetto prenderà forma o cadrà come un castello di carte al vento.

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