Differenziata, Roma e l’Italia

La differenziazione dei rifiuti in funzione del riciclo è un obbligo che l’Unione Europea ha imposto agli Stati membri fin dal 1975, anno di pubblicazione della prima direttiva per la ‘razionalizzazione’ della raccolta e del riuso dei materiali. La ‘differenziata’ era all’epoca già diffusa nei paesi del Nord Europa. Ma anche nel nostro Paese esisteva un’industria del riciclo che assorbiva in particolare carta e vetro, come i ‘vuoti a rendere’, che venivano sottratti ai rifiuti generici grazie all’iniziativa degli imprenditori e dei consumatori: un’attività ereditata direttamente dal ‘buon senso’ popolare maturato in tempi in cui il riutilizzo dei materiali, dagli abiti ai contenitori agli scarti organici, era una mera questione di sopravvivenza.

Il nostro Paese ha recepito gradualmente le indicazioni dell’Europa: sette anni dopo, nel 1982, viene pubblicato il D.p.r. 915, che stabilisce gli obblighi relativi al riciclo, al riuso e al recupero. Tredici anni dopo, nel 1988, arriva la legge 475 che istituisce i consorzi obbligatori per il riciclo ed impone, esplicitamente, la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. L’obbligo per tutti i Comuni di eseguire la raccolta differenziata per almeno un terzo arriva solo nel 2003 ma fallisce, tanto da venir riproposto nel 2009: 34 anni dopo. E’ l’anno in cui un Comune come Salerno raggiunge il 72 per cento di differenziazione mentre il livello minimo imposto ai Comuni è, appunto, il 35 per cento. L’anno dopo una grande città come Torino supera il 42 per cento. Oggi sono molti i Comuni italiani che superano l’80 per cento di differenziazione dei rifiuti: un obiettivo ideale che tuttavia appare lontano per Comuni ‘a forte impatto ambientale’ come Roma, che secondo una dichiarazione del Sindaco Marino a Radio Vaticana datata 11 gennaio 2014 è passata in pochi mesi da 20 al 40 per cento. Tutto questo mentre le nuove direttive comunitarie e gli atti di recepimento nazionali fissano obiettivi come quello, superato, della percentuale minima di differenziazione della raccolta pari al 65 per cento nel 2012.

La differenziazione dei rifiuti appare oggi non solo come riduzione dell’impatto dei rifiuti stessi sulla salute e sull’ecosistema ma anche, in modo positivo, come un passaggio nel ciclo della materia gestito dall’uomo. La metodologia per la sua realizzazione è oggetto di una miriade di normative fra le quali però è possibile rintracciare una costante: l’input europeo, con obiettivi, obblighi e sanzioni, ed il trasferimento dagli Stati membri alle rispettive autorità competenti della predisposizione di piani di gestione dei rifiuti e della loro esecuzione. Di qui, fra gli altri, i Piani regionali di gestione dei rifiuti. Tutta la normativa, dal livello europeo a quello nazionale e locale, ha dovuto continuamente recepire le nuove conoscenze sulle caratteristiche inquinanti dei materiali da smaltire, con problemi particolari derivanti dalla casistica dei rifiuti speciali, ed è stata quindi ripetutamente aggiornata dalla definizione stessa dei singoli rifiuti alle prescrizioni per la loro destinazione. Inoltre, nonostante le costanti dettate dagli obblighi e dagli obiettivi, appare oggi fortemente diversificata a livello locale.

Per quanto riguarda la raccolta ‘sul campo’, i problemi tecnici più impegnativi riguardano oggi proprio la raccolta dei rifiuti solidi urbani: soprattutto nelle grandi città le amministrazioni e i gestori hanno dovuto adattare i sistemi di raccolta tanto alle proprie risorse economiche quanto alle caratteristiche del territorio, attuando una serie di soluzioni molto varie che vanno dalla raccolta porta a porta a quella con cassonetti differenziati nelle strade fino al conferimento di particolari rifiuti in alcuni centri ed in alcune date prestabilite, come avviene ad esempio nella capitale. Anche il modo di separare aggregare i singoli materiali nei contenitori e da qui nel sistema di riciclo varia molto da comune a comune, pur rispettando delle costanti dettate dalle direttive e dalla chimica degli elementi. Il sistema porta a porta in particolare, che è visto come il modello ideale da perseguire, è attuato a Milano su tutto il territorio comunale mentre nella Capitale viene praticato nel Centro storico da più di dieci anni e sta gradualmente raggiungendo le aree periferiche. Anche a Torino e a Firenze, che però realizzano percentuali di differenziazione migliori di Roma, il sistema di raccolta è legato ad un mix fra porta a porta e cassonetti divisi per materiale.

©Futuro Europa®

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