Al via i Popolari per l’Italia

Una freccia tricolore con la punta rivolta verso l’alto e la scritta “Popolari per l’Italia” nella stessa direzione. E’ il simbolo dei Popolari italiani per l’Italia, presentato ufficialmente stamattina a Roma al Teatro Adriano in piazza di Pietra, a due passi dal Parlamento.

A presiedere la convention di costituzione dei Popolari per l’Italia il Ministro della Difesa Mario Mauro, presidente del nuovo soggetto politico, con l’On. Lorenzo Dellai, il Sen. Andrea Olivero, gli europarlamentari Potito Salatto e Giuseppe Gargani, insieme a tutti i principali componenti dei gruppi dei Popolari per l’Italia di Camera e Senato e al Sottosegretario Mario Giro. Presente anche il segretario nazionale dell’UDC, Lorenzo Cesa.

La giornata è iniziata con l’inno di Mameli intonato da una sala gremita e, immediatamente dopo, con l’appello per i Marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre trattenuti in India. E’ stato l’On. Domenico Rossi a prendere per primo la parola e a parlare dell’impegno dei Popolari per l’Italia nei confronti dei nostri due militari. “Sono stato in India con una delegazione che ha raggiunto almeno tre obiettivi: solidarietà concreta verso i nostri militari, testimonianza all’India che dietro ai Marò c’è il popolo italiano e ribadire al consesso internazionale quali fossero le nostre posizioni, condivise poi anche da Barroso. Siamo stati chiari nel dire che se si intende procedere attraverso l’iter della legge antiterrorismo, anche se la pena di morte sembra accantonata, è comunque inaccettabile. I due militari stavano facendo il loro dovere in nome dello Stato italiano.

Il Sen. Lucio Romano è intervenuto per annunciare il messaggio della figlia di Julia Timoshenko, che ha portato il saluto della madre ai Popolari per l’Italia: “Vi mando il messaggio di mia madre dall’Ucraina per il ministro Mauro – ha detto Timoshenko nel video registrato e trasmesso alla platea – Mia madre ha fondato il Partito Popolare ucraino per i diritti civili e per uno Stato di diritto nel nostro Paese. Per avere questi diritti non serve solo orientare il Paese verso un’economia socialista di mercato ma si devono concedere diritti pubblici. Mia madre è sempre più un leader del popolo ucraino e vi ringrazio per ricordarla in questa occasione. La nostra speranza è di salvarla anche con il vostro aiuto, attendiamo il pronunciamento della Corte Europea dei diritti dell’uomo”.

Poco dopo è stato presentato il simbolo dei Popolari per l’Italia: una freccia tricolore con la punta verso l’alto evocando lo spirito del dinamismo, della strada nuova che il popolarismo ha iniziato a percorrere per colmare quel vuoto di rappresentanza oggi esistente nell’elettorato moderato in Italia.

E’ stato il presidente Mario Mauro ad illustrare questi concetti nel suo intervento. “Oggi è una bellissima giornata perché fa della fiducia – ha esordito il ministro della Difesa – la speranza del nostro popolo. Sempre più la fiducia si è affievolita. Parole morte hanno portato a far perdere la speranza. La consapevolezza del nostro ritrovarsi è che più della metà del popolo italiano ha perso la speranza. Mi hanno chiesto perché fate un partito. Avete visto i risultati della politica di questi anni? La mia non è una parola di contestazione, il mio è un giudizio politico: quel tentativo è fallito. Per sentire qualcosa di sinistra hanno dovuto importare un politico dalla Grecia, a destra ci si è affidati a un leader solitario per 20 anni. La nostra gente non si è mai affidata all’ideologia. Noi dovremmo forse allearci, per chi vuole un nuovo centrodestra, con uno come Salvini che, di fronte a un Napolitano sbigottito, ha detto no all’euro e all’ Europa e che ieri ha proposto di occupare le Prefetture se non verranno aiutati gli imprenditori? Io ero imprenditore, se c’è un modo di distruggere gli imprenditori la risposta è proprio nel ribellismo. Le istituzioni sono frutto di un patto di libertà, la politica è un bene e questo governo è di servizio; gli attuali leader cercano di convincere la gente che serve solo diventare nemici degli altri per avere una parte agognata di bottino. Noi siamo un’altra cosa. L’uomo che ha creato il centrodestra è un uomo che nel pensarlo ha messo avanti gli interessi di un partito nazionalista e contro la nazione, non aveva e non ha ricette per aiutare l’Italia ad uscire fuori dal guado.

Il tema che mi è più caro, il tema della libertà, non può essere mistificato con l’antistato, la libertà è vera perché costituisce un rapporto con la gente per costruire una grande comunità del nostro paese. La figlia di Julia Timoschenko, con il suo videomessaggio, ha dimostrato che in Ucraina mettono a repentaglio la loro vita per ciò che noi disprezziamo: vogliono entrare nella comunità dell’Europa. In Francia, invece, Le Pen potrebbe vincere le elezioni: si propone che le cose di una nazione possano andar bene quando sconfiggi le altre nazioni.

Come Popolari per l’Italia noi diciamo che la pace è una possibilità di sviluppo, sintonia, voglia di stare insieme e abbattere confini. Cosa ci può dare di meglio Grillo, dicendo che tutto si risolva dicendo vaffanculo? Noi sentiamo il dovere di abbracciarci, siamo sensibili al destino dei nostri ragazzi, di chi fa più fatica. Quando la politica si organizza, se non parte da quelli che sono più poveri e in difficoltà da chi dovrebbe partire? Riformare questo Paese non significa architettare riforme ingegneristiche, ma vuol dire che la gente ha un nome, cioè che devi guardarla negli occhi se vuoi fare un progetto. Non c’è riforma che non sia diretta a migliorare la vita e a conformarsi sulle spalle di chi si alza la mattina da lavoratore e come parte di una famiglia. La vita è questa, ci vuole la politica ma una politica vera e non di posizionamenti: che volete che ce ne freghi del centrosinistra e centrodestra se non sono rispettati questi principi? Stare al centro vuol dire metterti in gioco con la vita della gente, al centro della loro vicenda umana e non nel mèro posizionamento politico.

Il parlamentare è utile solo se dici che vinceremo tutti insieme e che ce la faremo, vogliamo diventare grandi insieme, trovare risposte razionali ai nostri problemi. Non è più la stagione di dire le cose senza avere le capacità di realizzarle. In quindici anni è stata fatta quattro volte la riforma della scuola e oggi ci sono meno diplomati e laureati di prima. Serve un tramite tra noi che siamo dentro le istituzioni e il popolo, la nostra è la freccia che viene scoccata per centrare un obiettivo condiviso; il nostro cambiamento è il più serio. Perché dobbiamo fare un partito se non per la constatazione che gli altri hanno fallito? L’importante è quale speranza ti porti nel cuore e non quale storia ti porti dietro. Dobbiamo darci un criterio comune per rispondere ai problemi della nostra gente. Se la ricetta del centrodestra è fallita è perché il contenuto era vuoto e sempre più hanno prevalso i populismi e gli estremismi che stanno divorando il progetto dell’Unione europea.

La politica non è per far fiorire la rendita politica. Quando una madre decide di mettere al mondo dei figli ha bisogno che la politica si inginocchi a quel gesto tirando fuori risposte e libertà vera. Noi non ci tireremo indietro in nessuna circostanza politica, saremo presenti anche alle elezioni amministrative. Dobbiamo bussare porta dopo porta per stanare la parte migliore degli animi della gente. Mettere in discussione tutto ciò che in questi anni si è presentato solo con “effetti speciali” (molti luccichii e niente luce) ma non ha dato una direzione all’Italia e all’Europa: è redimire la politica ciò di cui abbiamo bisogno. L’ambizione dentro di noi è molto chiara: attrarre e dare una risposta ai motivi che hanno permesso a Grillo di avere otto milioni di voti di protesta. Dopo settant’anni ancora stiamo a discutere su come cominciare per attuare l’Europa: la politica dipende da ciò in cui crediamo, è l’effetto dell’entusiasmo. Serve ritrovare gente entusiasta che non si fermerà davanti a niente.”

Sui contenuti programmatici è poi intervenuto il capogruppo alla Camera Lorenzo Dellai che ha criticato la nuova legge elettorale in discussione in Parlamento: “Sappiamo che c’è bisogno della legge elettorale ma alcuni punti di quella proposta non sono conformi alla Costituzione; è la società che crea la politica, la legge elettorale deve regolare questa vita, manca il riferimento alla preferenza e quindi il diritto del cittadino a scegliere i suoi rappresentanti e un riferimento al conflitto di interessi”.

Sulla strategia politica Dellai è stato chiaro: “Saremo in rete politica con tutti quei partiti che condividono i principi popolari ma c’é il no secco ad alleanze con Forza Italia e forze populiste. Popolarismo non è tutto ciò che residualmente non è a sinistra, serve una rottura culturale e politica con la deriva di questi ultimi venti anni. Occorre dialogare con le realtà del mondo sociale, fare rete civica nei territori e non nei palazzi, siamo per le riforme ma comunitarie, per le tante comunità che compongono il nostro Paese. Servono strumenti di accertamento della ricchezza ma non vessatori per la famiglia; anzi, urgono politiche per le famiglie e gli educatori, una riforma della didattica (basta con le baronie) ed avviare insieme una politica seria per il volontariato e il servizio civile. Il riformismo serve strutturale e non più con atteggiamenti di episodicità. Oggi ci mettiamo in cammino su spartiti diversi da questi ultimi venti anni”.

Dopo gli interventi del Sen. Salvatore Di Maggio e del Sottosegretario Mario Giro, ha preso la parola il Sen. Andrea Olivero. “Noi amiamo la politica e crediamo che ci sia bisogno di più politica. Se vogliamo che la politica torni ad essere qualcosa di nobile e al servizio del Paese, dobbiamo impegnarci a modificare le modalità con cui si è fatta in questi ultimi anni. Deve essere una scommessa collettiva o la perderemo. Come procedere? Serve un movimento aperto, perché crediamo che in questa apertura ci sia il futuro, non nasciamo per essere un partitino ma per rappresentare istanze diffuse. Dobbiamo diventare inclusivi rispetto alle associazioni e alle liste civiche. Occorre essere coraggiosi e capire perché, quando si parla di centro, appare sulla stampa l’idea della palude, dell’immobilismo che è tutto il contrario di ciò che dobbiamo dimostrare ai nostri concittadini con il coraggio di posizioni nette. Essere popolari vuol dire attuare una politica credibile che non ceda alle demagogie, fare proposte precise e concrete, cose fattibili. Non solo ascoltare le istanze ma rendere i nostri concittadini pronti a rimboccarsi le maniche per diventare essi stessi protagonisti, a partire dalle periferie, anche sull’esempio del pensiero di Papa Francesco. Finirla con la scorciatoia del leaderismo. Il Paese cambia se tutti si prendono la responsabilità del cambiamento”.

Per Olivero, le Amministrative saranno la prima occasione di verifica. “Renzi non deve pensare di avere l’esclusiva del riformismo italiano – ha concluso Olivero – sappia che ci sono altre forze politiche riformiste. Se Renzi già riuscisse a rendere riformista il suo partito, avrebbe già fatto un grandissimo lavoro. Recentemente ho parlato di startup del nostro partito perché sappiamo che Popolare diventerà quel soggetto politico importante che non c’è e che dovevamo costruire. Iniziamo ora qualcosa che può rappresentare un vero cambiamento della politica, senza insultare nessuno ma mettendoci il nostro impegno fino in fondo”.

Ha concluso il ciclo degli interventi, prima dei saluti del presidente Mario Mauro, l’europarlamentare PPE Potito Salatto, vicepresidente della delegazione Popolari per l’Europa al Parlamento europeo. “Ho il dovere di ringraziare gli amici deputati e senatori del gruppo dei Popolari per l’Italia – ha esordito Salatto – in particolare l’amico Mario Mauro con il quale ho vissuto un’esperienza quinquennale al Parlamento Europeo, e Giuseppe Gargani, fondatore dei  Popolari Italiani per l’Europa. Caro Mauro, hai varcato il Rubicone e hai dichiarato guerra a chi fa politica nei fasti di Roma senza interessarsi alla gente. Noi non vogliamo togliere le burocrazie dall’Europa ma essere vicini ai cittadini, no alla grandeur francese e alla politica egemonica tedesca. Ci richiamiamo ai padri fondatori come De Gasperi. Qualche giornalista si diletta a dire che si vuole ricostruire la DC: in un Paese in cui sono stati accettati di buon grado i postfascisti e i postcomunisti non si capisce perché i postdemocristiani non possano essere accettati. Noi non vogliamo ricostruire la DC ma ho paura, però, di chi vive da democretini. Oggi, noi Popolari per l’Italia rappresentiamo l’unico elemento di novità nel panorama politico italiano. Esprimiamo l’elettorato che non vuole essere rappresentato né da Grillo, né da Renzi o Berlusconi. Dobbiamo recuperare il concetto della famiglia e degli ideali: come si può immaginare un centrodestra con la Lega nostro alleato? Noi vogliamo un prodotto diverso e nuovo. Come eurodeputati italiani abbiamo affermato a Bruxelles: come potete chiedere riforme all’Italia se siamo fermi a Dublino sull’immigrazione e a Basilea sui crediti ingessati per le imprese e se l’Europa è immobile? Abbiamo molto da fare nel PPE anche sui temi etici,  anche lì dobbiamo essere presenti. Mauro, nella sua fantasia, aveva definito la nostra esperienza una nave: oggi si prende il mare e, per dirla come Seneca, il vento non aiuta chi non sa dove andare. Noi invece sappiamo dove andare e con chi”.

[Il video integrale]

©Futuro Europa®

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2 Commenti per "Al via i Popolari per l’Italia"

  1. FABRIZIO DALLA VILLA | 9 Febbraio 2014 a 12:47:16 | Rispondi

    Noto che nasce un nuovo soggetto politico, con ministri e parlamentari, ovvero persone che non possono definirsi facce nuove. Ciò mi fa storcere un po’ il naso. Non vorrei che, aldilà dei buoni propositi, citati nell’articolo, poi la situazione continuasse ad essere quella attuale. Gli elettori sono stanchi (anzi di più) di soggetti politici che, dopo un primo periodo di entusiasmo, si arenano, si afflosciano, inermi e inerti, di fronte alla politica che fagocita tutto e tutti!
    Faccio ora una proposta, e vorrei un vostro parere al riguardo:
    perché non promuovere una legge che dia a tutti i contribuenti, la possibilità di detrarre dal proprio reddito ogni spesa documentata sostenuta? Leggo sui giornali e vedo dai tg, che le attività illecite ammonterebbero a cifre esorbitanti, almeno stando a studi di questa o quella realtà. Penso al lavoro nero, allo sfruttamento della prostituzione, allo spaccio di sostanze stupefacenti, e alla ricettazione di merce rubata. Come farebbero ad esistere queste attività, senza la possibilità di emettere fattura regolare? Ovviamente poi bisognerebbe ripensare a tutto il sistema fiscale, ma credo che con un po’ di buona volontà non sia poi così difficile!
    Altra proposta: incentivare il telelavoro laddove sia possibile. Io sono telelavoratore, e svolgo il 99% del mio lavoro da casa. Mi reco in ufficio 5 o 6 giorni all’anno, per riunioni (che spesso possono essere tenute anche a distanza), aggiornamenti vari. Ho fatto l’ultimo pieno di benzina a gennaio e il penultimo a settembre dello scorso anno. Non so se rendo l’idea…
    Infine, sono un diversamente abile (paraparesi spastica da cerebropatia infantile, occorsa ad un anno di età, e ictus ischemico quando avevo 48 anni. Oggi ne ho 55). Ovviamente il discorso è legato strettamente a quello della detrazione delle tasse, per quanto riguarda l’aspetto economico, mentre per quello sanitario… beh lì il discorso si amplia e merita uno spazio a sé.

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