Cronache dai Palazzi

La priorità al lavoro. Welfare e immigrazione vengono dopo. La maggior parte degli italiani ritiene che l’emergenza occupazione sia il primo problema da risolvere, al di là delle misure adottate a proposito di reddito di cittadinanza. Sono comunque aumentati gli ottimisti, mentre un anno erano i pessimisti a prevalere superando gli ottimisti di 53 punti. In percentuale, il 39 per cento degli italiani ritiene che il nostro Paese stia andando nella direzione sbagliata mentre il 35 per cento pensa che sia sulla buona strada.

In concreto tre italiani su quattro ritengono che lavoro e economia sia la prima area di intervento (75%), seguono welfare (38%) e immigrazione (37%), seguiti da (buon) funzionamento delle istituzioni (33%) e sicurezza (24%). A debita distanza, chiudono la fila ambiente (8%) e mobilità (5%). Una graduatoria che sembra essere un’agenda delle priorità per il “governo del cambiamento”.

In ambito locale il quadro risulta però stravolto, tantoché lavoro e economia risultano prioritari solo per il 42% e la seconda area di intervento è rappresentata da mobilità e infrastrutture (39%), seguono ambiente (30%), welfare (26%), sicurezza (24%), buon funzionamento delle istituzioni locali (15%), mentre l’immigrazione è all’ultimo posto (13%).

Gli italiani sembrano quindi guardare rispettivamente ai temi nazionali e ai temi locali con occhi diversi. L’immigrazione, ad esempio, preoccupa molto meno a livello locale che sul fronte nazionale. Alla sicurezza è riservata indicativamente la stessa percentuale e la questione lavoro/economia rimane comunque al primo posto in entrambi i casi.

Il tema contraddistinto da una certa contraddittorietà è la questione migratoria che a livello nazionale assume i tratti dell’emergenza – è anche il tema più mediatizzato del 2018 (vicenda Diciotti, chiusura dei porti, numerose morti nel Mediterraneo, decreto sicurezza) – mentre in ambito locale l’immigrato è anche il vicino di casa o il compagno di scuola dei nostri figli, il badante o la baby sitter. Risulta inoltre distorta la percezione della presenza degli stranieri irregolari in quanto il 47 per cento è convinto (erroneamente) che questi ultimi superino i regolari, mentre sempre secondo Eurobarometro solo il 16 per cento degli italiani ritiene che gli stranieri presenti in Italia con regolare permesso di soggiorno siano più numerosi degli irregolari. Secondo l’annuale ricerca Ipsos, invece, per gli italiani gli stranieri presenti nel nostro Paese rappresentano il 28 per cento dei residenti, mentre la percentuale reale è pari al 10 per cento.

La qualità della vita è percepita in maniera positiva più al Nord che al Sud. Nel Nordest l’indice è pari al 70 per cento, nel Nordovest e nel Centronord a 67, mentre nel Centrosud, al Sud e nelle Isole si scende rispettivamente al 47 e al 51 per cento.

In generale solo il 10 per cento è convinto che la qualità della vita sia migliorata rispetto al passato, mentre per il 38 per cento è peggiorata e ben il 47 per cento non rileva alcun cambiamento. Solo il 2 per cento ritiene che la ripresa economica sia rilevante. Serpeggia una sensazione definita “retrotopia” dal noto filosofo Zygmunt Bauman, ossia un atteggiamento di nostalgia nei confronti del passato, dovuto per lo più ad una pressante sensazione di incertezza legata al futuro. Nonostante la difficile situazione economica e occupazionale il presente è tuttavia migliore rispetto al passato, ad esempio per quanto riguarda le scoperte scientifiche e tecnologiche, ma anche per le migliori aspettative di vita, più elevati livelli di sicurezza (lotta al terrorismo e contro la malavita organizzata, gli omicidi sono meno della metà rispetto al vent’anni) e cure mediche più efficaci ed avanzate.

Per quanto riguarda il futuro e le proprie prospettive economiche, però, solo il 25 per cento prevede un miglioramento; il 22 per cento prevede invece un peggioramento e ben il 45 per cento non si aspetta nessun cambiamento.

È il ritratto di un Paese un po’ ferito e un po’ disilluso anche se nella propria area di residenza continuano a manifestarsi gli anticorpi della resistenza e dell’ottimismo, che da sempre caratterizzano il popolo italiano. L’Italia è il Paese delle piccole e medie imprese, delle realtà produttive a dimensione familiare alcune delle quali da anni vantano successi internazionali. Gli italiani non amano arrendersi e ovunque difendono il loro Paese e i suoi ottimi prodotti manifatturieri e gastronomici, un patrimonio culturale inestimabile ed unico al mondo. Ed ancora volontariato, Terzo settore, associazionismo anche a favore di cause benefiche. Il racconto che per certi versi assume dei tratti negativi si trasforma quindi sul terreno della quotidianità, in quanto la realtà di quotidiana, la vita di tutti i giorni contraddistinta dalle azioni positive di una miriade di soggetti, restituisce al nostro Paese un aspetto nel complesso dignitoso, strenuamente legato ad una grande forza di volontà e al buon proposito di illustrare ciò che funziona, più di ciò che non funziona.

Nel frattempo, oltre al decreto sicurezza ripudiato dai sindaci di diverse grandi città italiane, tra le regole per accedere al “reddito di cittadinanza” emerge quella di essere cittadini italiani. “L’obiettivo è darlo agli italiani e ai lungo soggiornanti che abbiano dato un grande contributo al nostro Paese”, ha sottolineato il vicepremier Luigi Di Maio. Fonti di Palazzo Chigi hanno nel contempo annunciato che pur “rispettando le norme europee e la Costituzione” stanno per essere inseriti dei “vincoli per gli stranieri, come la residenza da oltre 10 anni e non avere precedenti penali, che porta la platea di italiani che percepiranno il reddito di cittadinanza a oltre il 90 per cento”. Inizialmente nel Documento programmatico inviato ad ottobre alla Commissione europea era indicata la soglia dei 5 anni a proposito di residenza in Italia. L’importo del sussidio andrà da un massimo di 500 euro al mese per un single ad un massimo di 1.050 euro al mese per una famiglia di cinque componenti con due minorenni. Alle suddette cifre potranno essere aggiunti 280 euro per le famiglie che vivono in affitto. Potranno però beneficiare del sussidio pieno solo coloro che dimostreranno una situazione economica familiare con un Isee pari a zero. Si prevedono più di un milione di domande mentre per la pensione anticipata con “quota 100” (almeno 62 anni di età con 38 di contributi) potrebbero essere più di 300 mila.

Continuano infine i battibecchi all’interno della maggioranza giallo-verde. “La Lega su quota cento è pronta mentre i Cinquestelle sono ancora in alto mare”, hanno dichiarato fonti del Carroccio. I decreti saranno comunque due e secondo quanto previsto dal governo dovrebbero ottenere un’approvazione simultanea tra Camera e Senato. Per ora la prossima data è quella del 10 gennaio quando il Consiglio dei ministri dovrà licenziare i testi dei suddetti due decreti. Il 10 gennaio il governo dovrebbe incontrare inoltre i rappresentanti del Terzo Settore, per trovare una soluzione per cancellare il raddoppio della tassazione (l’aumento dell’Ires dal 12 al 24 per cento).

Il Carroccio intende inoltre portare in Aula la riforma della legittima difesa e la questione delle Autonomie regionali (Veneto e Lombardia in testa). Il Movimento Cinque Stelle sostiene a sua volta la riforma della Carta costituzionale, partendo dalla riduzione del numero dei parlamentari e l’introduzione dei referendum propositivi senza quorum. I pentastellati non sembrano inoltre rinunciare al taglio dei “vecchi” vitalizi e degli stipendi dei parlamentari.

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