Milano rovente (Film, 1973)

Milano rovente di Umberto Lenzi esce sulla scia del successo di Milano calibro 9 di Fernando Di Leo e non è certo un poliziottesco come afferma parte della critica, ma puro cinema noir e originale gangster-movie.

Salvatore Cangemi (Sabàto) è un boss mafioso che fa lucrosi affari gestendo il racket della prostituzione, fino a quando si scontra con un gangster francese – Roger Daverty (Leroy) – intenzionato a inserirlo in quota minoritaria nel mercato della droga. Un giorno Cangemi trova nella piscina di un suo locale il cadavere di una delle prostitute, brutalmente strangolata per convincerlo a partecipare allo smercio della droga. Tra i due boss comincia una lotta senza esclusione di colpi e le ritorsioni del francese sono così violente e feroci da convincere Cangemi a chiedere aiuto a un mafioso italo americano (Casagrande) altrettanto spietato. Grazie al nuovo arrivato e ai suoi metodi cruenti il francese accetta un accordo paritario di spartizione del mercato, inserendo le prostitute nello smercio della droga. Cangemi finisce sul lastrico per colpa di una donna (Mell) della quale si è innamorato, in realtà complice del francese, quindi viene braccato e incastrato dalla polizia. Nelle sequenze finali assistiamo al trionfo dell’italo americano che fa uccidere prima il francese, poi Cangemi, aggiudicandosi il potere criminale a Milano. Il boss siculo uccide il suo braccio destro con cui era venuto a Milano a cercare fortuna e le sue ultime parole sono un disperato interrogativo sui motivi del tradimento. La piccola Chicago ha un nuovo boss.

Milano rovente è un noir di ambientazione milanese, un thriller movie avvincente e ricco di azione, scritto da Ombretta Lanza e sceneggiato da Lenzi assieme al valido giallista Franco Enna. Antonio Sabàto è molto credibile nei panni dell’immigrato divenuto boss mafioso, anche se il suo ruolo da pappone non cattura l’attenzione del pubblico. Lenzi si sforza di descriverlo come uomo d’onore, dai sani principi, nonostante l’attività criminale, un malvivente pulito che non vorrebbe scendere a patti con la novità della droga. Secondo il regista il protagonista è molto più vicino all’umanità dolente di un Rocco e i suoi fratelli che a Il padrino. Lenzi inserisce note di vita quotidiana, parla di affetti familiari, di amicizia con i compari, narra la visita all’anziana madre che vive in ospizio e sogna di tornare al paese natio, descrive la sua morte annunciata di fronte a un figlio che non rinuncia a salutarla anche se rischia di venir catturato dalla polizia.

Notevoli le presenze femminili, dalla inquietante bellezza di Marisa Mell alla più tranquillizzante Carla Romanelli, la prima donna traditrice, la seconda ingenua prostituta da istruire. Philippe Leroy è un ottimo criminale francese che per essere più credibile non avrebbe dovuto essere doppiato, mentre Franco Fantasia è un commissario ininfluente perché si limita a osservare i fatti e a registrare gli eventi.

Lenzi ambienta il film in una suggestiva Milano notturna, inserisce sequenze dure, feroci, persino eccessive, vero marchio di fabbrica del noir alla Fernando di Leo ma anche del futuro poliziottesco. Le scene della guerra tra gang rivali sono caratterizzate da una violenza sadica e insensata immersa in un’atmosfera nera e spettrale da città in preda alle cosche mafiose. Ricordiamo un traditore avvelenato e strangolato nel bagno di un ristorante, un malvivente torturato con scariche elettriche ai genitali, un siciliano sgozzato mentre gli assassini cantano e un uomo del francese muore per embolia dopo che gli hanno sfilato la flebo e soffiato aria in vena. Ricordiamo auto che esplodono, prostitute affogate, seni tagliuzzati, travestiti torturati, clienti in overdose aiutati a morire, scazzottate, inseguimenti a bordo di alfette della polizia, scene acrobatiche che sono la specialità di Lenzi.

Musiche suggestive e suadenti composte da Rustichelli, alcune ricche di sonorità sicule, soprattutto durante il viaggio sull’isola per reclutare il boss italo americano ma anche durante una cena tra mafiosi. La riuscita del film deve molto alla fotografia notturna e nebbiosa di Lombardo Caimi che nelle brevi sequenze sicule diventa bruciata dal sole, come in un film western girato in Almeria. Produzione milanese della neonata Lombard Film. In Francia esce come La guerre des gangs, mentre nei paesi anglofoni è noto come Gang war in Milan. Battuta cult, come dice Mereghetti, pronunciata da Sabàto quando scopre Leroy a letto con un travestito: “Minchia, pure finocchio è il francese!”. Altri tempi, a base di non politicamente corretto, quando per sottolineare l’amoralità di un personaggio che faceva affari con la droga si faceva leva pure sugli atipici gusti sessuali. Il liquore Punt & Mes è lo sponsor occulto – neppure troppo – che fa da sponsor alla pellicola.

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Regia. Umberto Lenzi. Soggetto: Ombretta Lanza. Sceneggiatura: Franco Enna, Umberto Lenzi. Fotografia: Lamberto Caimi. Musiche: Carlo Rustichelli. Montaggio: Jolanda Benvenuti. Produzione: Lombard Film (Milano). Distribuzione: Variety Film. Interpreti: Antonio Sabàto (Salvatore Cangemi), Philippe Leroy (Roger Daverty), Antonio Casagrande (Lino Carruzi), Carla Romanelli (Virginia), Marisa Mell (Jasmina Sanders), Alessandro Sperlì, Franco Fantasia, Tano Cimarosa. Edizioni DVD: Dagored, Rarovideo.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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