Cronache dai Palazzi

Va avanti la trattativa tra Roma e Bruxelles sulla manovra italiana. “Passi avanti ma non basta”, ha ammonito il commissario europeo Pierre Moscovici. E mentre il ministro Giovanni Tria cerca di trovare un accordo con i palazzi dell’Ue i vicepremier Salvini e Di Maio ribadiscono: “Siamo con Conte”.

L’Europa ha chiesto al governo italiano di mantenere un rapporto deficit/Pil inferiore al 2% ma il nostro esecutivo ha scelto di non scendere al di sotto del 2,4%. La bocciatura Ue e la minaccia di una procedura di infrazione hanno però costretto il governo di Roma a rivedere i piani proponendo ai vertici europei un rapporto del 2,04%. “Lavoriamo nell’interesse degli italiani e riteniamo sia un’ottima proposta anche nell’interesse degli europei”, ha affermato il premier Giuseppe Conte a proposito della nuova manovra presentata alla Commissione europea mercoledì scorso con deficit ridotto al 2,04%, sottolineando inoltre “le riforme del governo del cambiamento”. Il presidente del Consiglio italiano ha proposto alle istituzioni europee di limare il deficit nel 2019 di 6,5 miliardi, in pratica lo 0,36% del Pil. Juncker e Moscovici hanno però reclamato almeno altri 3,5 miliardi, come rinunce di spesa per il prossimo anno, e altre forme di garanzia per gli anni successivi. Nello specifico, le istituzioni europee sembrano chiedere all’Italia di contenere la spesa per “quota 100”.

Nonostante tutto il commissario Moscovici ha giudicato “apprezzabile e consistente” lo sforzo dell’Italia, esprimendo nel contempo la “volontà di arrivare a una soluzione condivisa” e auspicando di non scardinare gli equilibri in casa Ue. Per ora non si possono però dare dei numeri precisi, e anche il ministro Tria si astiene dal comunicare delle cifre soprattutto a proposito di reddito di cittadinanza e “quota 100”. Un compromesso dovrebbe essere raggiunto a breve perché la partita andrebbe chiusa prima della pausa natalizia.

Il compromesso sulla manovra italiana per il 2019 per evitare la procedura di infrazione comporta una trattativa sia a livello politico-decisionale, che interessa il  Consiglio dei Capi,  sia sul piano strettamente tecnico con la Commissione europea la quale è, nello specifico, depositaria della competenza della procedura di infrazione. La Commissione può attivarsi autonomamente o su istanza di un altro Stato.

Il presidente Sergio Mattarella ha a sua volta accolto al Quirinale il primo ministro Conte nella cerchia dei “realisti e responsabili”, nella quale cerchia, negli ultimi mesi, sembrano essere confluiti, oltre ai ministri Tria e Moavero, il ministro della Difesa Trenta e il coriaceo Savona. Tutto ciò per evitare di far pagare all’Italia un prezzo troppo salato oltre che sul piano della spesa corrente anche dal punto di vista degli investimenti esteri.

Quando a fine novembre lo spread e la borsa hanno cominciato a reagire in maniera pesante, il presidente Mattarella è corso subito ai ripari con vari appelli e, sul fronte più strettamente politico, ha convogliato a sé le principali figure istituzionali tra le quali per l’appunto il premier Conte, il quale è così diventato il portatore delle preoccupazioni istituzionali del Quirinale anche in Europa. Il merito del nostro presidente del Consiglio è, in ogni modo, quello di non aver accettato, fin dall’inizio della trattativa con Bruxelles, di fare “qualunque cosa per evitare la procedura di infrazione”, imitando il “whatever it takes” di Mario Draghi, accettato anche dai due vicepremier Di Maio e Salvini in quanto Conte non si è comunque mai opposto alle due riforme bandiera, reddito di cittadinanza e “quota 100”, tanto ambite dalla maggioranza giallo-verde.

Il Senato ha invece approvato il disegno di legge anticorruzione e la Camera il decreto fiscale. Il ddl anticorruzione, atteso in settimana a Montecitorio, prevede un inasprimento delle pene per i reati contro la pubblica amministrazione, e introduce il congelamento della prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado (anche in caso di assoluzione). Le norme sarebbero applicate a partire dal 2020.

Oltre alla reazione degli avvocati, il ddl anticorruzione ha provocato anche una reazione da parte del Consiglio superiore della magistratura, che ha messo in evidenza due aspetti critici a proposito della riforma della prescrizione: primo, la soluzione che viene ipotizzata verrebbe applicata dopo il primo grado, quando la maggior parte dei reati (circa la metà dei 175 mila conteggiati nel 2017) viene prescritta durante la fase delle indagini preliminari; secondo, con una legislazione invariata, non si può escludere che i gradi successivi al primo (appello e legittimità) “si svolgano più lentamente del passato”. In sostanza, senza applicare specifici interventi strutturali sul processo, il Csm ipotizza che la riforma in questione, più che un’accelerazione, provochi un ulteriore rallentamento dei processi. Il testo del ddl anticorruzione tornerà comunque alla Camera per la terza lettura e verrà esaminata solo la modifica al testo apportata dal Senato, ossia la cancellazione della norma cosiddetta “salva Lega”, che convertirebbe in abuso d’ufficio alcune fattispecie di peculato a carico di alcuni consiglieri regionali. In quell’occasione il governo avrà due scelte: affrontare il voto segreto oppure mettere la fiducia (la settima) magari per evitare ritorsioni impreviste da parte di possibili franchi tiratori.

Sul fronte della società civile, quale espressione dell’economia viva del nostro Paese, dalla Fiera di Milano una vasta platea di piccoli imprenditori, mobilitati da Confartigianato, hanno ribadito il loro “Sì” alle infrastrutture ( tra cui Tav, Pedemonte lombarda, Terzo valico, passante di Bologna) e all’Europa”. Un secco “No” è stato invece espresso a proposito del reddito di cittadinanza, in quanto espressione del lavoro che non c’è ed estrema forma di assistenzialismo. “Si deve partire dal lavoro per arrivare al reddito e non viceversa!”, ha ammonito il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti. In sostanza sarebbe meglio che il governo introducesse degli “incentivi” per chi assume perché, in fondo, secondo i piccoli imprenditori mobilitati da Confartigianato guadagnarsi da vivere rappresenta la vera cittadinanza.

In definitiva, investimenti e infrastrutture sarebbero le due leve principali da riattivare per far crescere la competitività del Sistema Italia. Nello specifico, secondo fonti di Confartigianato la dotazione infrastrutturale dell’Italia rispetto alla media Ue è inferiore del 19,5%. I giorni per risolvere una disputa commerciale in Italia sarebbero 1.120 contro i 582 nella media dei Paesi Ocse; Tra il 2009 e il 2017 gli investimenti pubblici in Italia sono crollati del 37,7% con 122.000 posti di lavoro in meno nel settore delle costruzioni. Il valore degli investimenti pubblici in Italia nel 2018 è inferiore di 17,1 miliardi rispetto alla media Ue. Mentre il Sud presenta ancora circa 500 chilometri di ferrovia a binario unico, sulla quale si viaggia a 30 all’ora, come ha spiegato il presidente della Puglia, Francesco Sgherza. Dati allarmanti che sono stati citati dalle organizzazioni delle imprese, giovedì 13 dicembre al centro congressi della Fiera di Milano, sostenute da milleseicento piccoli imprenditori arrivati un po’ da tutta Italia.

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