Hotel Gagarin (Film, 2017)

Modesta distribuzione estiva per lo splendido esordio alla regia di Simone Spada, circa trecentomila euro d’incasso, pochi per una commedia lirica e poetica, sognante e onirica, delicata e soffusa di sentimento. Buona scuola per Spada – aiuto regista di Caligari (Non essere cattivo), Nunziante (Che bella giornata), Mainetti (Lo chiamavano Jeeg robot) – che lo porta a esordire alla grande in un lavoro intriso di poesia cinefila.

In breve la trama. Un gruppo di cinque disperati capitanato da un aspirante regista (Battiston) viene spedito in Armenia a girare un film da un produttore privo di scrupoli. In realtà si tratta di una truffa per accaparrarsi le sovvenzioni pubbliche e scappare con i soldi; la troupe è all’oscuro di tutto, a parte l’organizzatrice (Bobulova), che a un certo punto resta coinvolta nell’inganno. Una volta giunti in Armenia, il gruppo di aspiranti cineasti si trova in mezzo alla guerra ed è costretto a passare le giornate all’interno del gigantesco Hotel Gagarin, un palazzone di stampo sovietico immerso nel paesaggio innevato. Tutto questo dà vita alla parte onirica del film con i cittadini del villaggio che chiedono a quella che credono una troupe del cinema italiano di mettere in scena i loro sogni.

Simone Spada è un vero talento, usa senza risparmio poetici piani sequenza e dissolvenze incrociate, soggettive, primi piani, carrelli che riprendono spazi immensi. Ottima la direzione di attori, anche perché può contare su interpreti bravi e ben calati nella parte, da un Amendola elettricista romano al tossico Argentero, passando per l’intellettuale Battiston e da una donna delusa dalla vita come la Bobulova. Brava Silvia D’Amico, la prostituta utilizzata come attrice protagonista, mentre è eccellente la trovata di Philippe Leroy – presenza che vede solo il regista – in un ruolo da grande vecchio del cinema intento a raccontare la fabbrica dei sogni. Bravissimo Maurizio Calvesi che con una fotografia gelida e luminosa immortala panorami fantastici, tra neve e laghi; ottima la colonna sonora di Maurizio Filardo che può contare su pezzi classici e persino su Samarcanda di Roberto Vecchioni.

Il film cita a piene mani Mediterraneo di Salvatores e Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore, ma a nostro parere gode identica ispirazione di Lista de Espera di Juan Carlos Tabío, pellicola cubana non molto nota dove un gruppo di disperati si ritrova in una stazione di autobus e nell’attesa che la corriera riparta mette in scena i propri sogni. Un film che fa bene al cinema, intenso e commovente, in fondo cinema sul cinema, come sogno e come costruzione del sogno, ma anche come strumento che può far vivere i sogni della povera gente. Una vera e propria operazione culturale che andrebbe vista da un pubblico maggiore, non solo da platee di cinefili in salette dedicate al cinema d’essai. La commedia italiana di qualità esiste, va solo tirata fuori dal ghetto.

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Regia: Simone Spada. Soggetto: Simone Spada. Sceneggiatura: Simone Spada, Lorenzo Rossi Espagnet. Fotografia: Maurizio Calvesi. Montaggio: Clelio Benevento. Musiche: Maurizio Filardo. Produttore: Marco Belardi. Produzione: Lotus Productions, Leone Film Group, Rai Cinema. Distribuzione: Altre Storie. Genere: Commedia. Durata: 62’.  Interpreti: Claudio Amendola, Luca Argentero, Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova, Silvia D’Amico, Caterina Shulha, Philippe Leroy.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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