L’affido – Una storia di violenza (Film, 2018)

Miriam e Antoine sono reduci da una separazione vissuta male, tra percosse e litigi, minacce e rivendicazioni sui figli, soprattutto da parte del marito. Il film inizia con una lite giudiziaria in merito all’affido del piccolo figlio Julien, che non vuol saperne di rivedere il padre, visto che ne ha un terrore profondo per tutto quello che ha vissuto tra le mura domestiche. Il giudice obbliga il ragazzino a passare i fine settimana con il padre che poco a poco si scopre individuo violento e bipolare, incapace di amare, in lite continua con i propri genitori, vittima di una sorta di paranoia che gli fa vedere la ex moglie come un oggetto di sua proprietà. Antoine è ossessionato dal desiderio di vendetta nei confronti di una consorte che giudica responsabile della sua situazione, il film documenta un crescendo di follia fino al concitato finale, che non sveliamo per non togliere il gusto del colpo di scena a chi deciderà di vederlo.

Xavier Legrand è al primo lungometraggio ma fa subito centro, rendendo palpabile un discorso che ormai da tempo facciamo sulla straordinaria efficacia del cinema francese contemporaneo. Un film basato sui meccanismi del thriller, che il regista dimostra di conoscere bene, puro genere ad alta tensione, che fa palpitare e stare in ansia per i protagonisti della cupa vicenda fino alla scena conclusiva. Thriller psicologico d’autore, girato con stile compassato e realistico, pedinando i protagonisti della storia nelle azioni del quotidiano, fino a quando non mostrano la loro vera essenza. Bravissimo Denis Ménochet nel ruolo dell’orco, del perfido padre a caccia di vendetta, reso cieco dalla follia, che usa il figlio come un pretesto per colpire la moglie. Non è da meno Léa Drucker, madre sconvolta e allucinata che protegge i figli, teme per la loro vita, perennemente in fuga da un uomo che la perseguita, sempre più pericoloso e invasivo nel suo crescendo di follia.

Il piccolo Thomas Gioria è straordinario, chiuso in un mutismo impenetrabile nei confronti di un padre – che quando è solo chiama con l’epiteto dispregiativo quello – terrorizzato dai modi del genitore, credibile nel terrore che gli si legge in volto nelle convulse sequenze finali. Legrand dirige gli attori con autorevolezza e usa la macchina da presa secondo la lezione di Ingmar Bergman, scavando nella psiche dei personaggi con lunghi primi piani e intense soggettive. Un film da vedere, di stringente attualità, consigliato soprattutto oggi 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

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Regia: Xavier Legrand. Interpreti: Denis Ménochet (Antoine), Léa Drucker (Miriam), Thomas Gioria (Julien), Mathilde Auneveux (Joséphine), Mathieu Saikaly (Samuel), Florence Janas (Sylvia), Saaduia Benatieb (Giudice), Sophie Pincemaille (Avvocato di Miriam). Genere: Drammatico. Durata: 90’. Paese di Produzione: Francia.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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