Patrimonio culturale, l’unicità dell’Italia

La Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale adottata dall’Unesco nel 1972 prevede che si intendano per patrimonio culturale monumenti ovvero opere architettoniche, pittoriche, plastiche, beni archeologici di valore universale eccezionale per l’aspetto storico, artistico o scientifico; luoghi (e quindi ambientazioni di edifici, monumenti, etc) che per la loro architettura, unità o integrazione nel paesaggio hanno valore universale eccezionale per quanto concerne l’aspetto storico, artistico o scientifico; o, ancora, opere dell’uomo o opere in cui l’elemento umano e ambientale/naturale risultano congiunti o i luoghi, compresi i siti archeologici, di valore universale eccezionale per l’aspetto storico, estetico, etnologico o antropologico.

La particolarità del “caso Italia” per quanto concerne il patrimonio culturale e data dal connubio indissolubile tra opere materiali (vuoi architettoniche, pittoriche, etc), patrimonio artistico quindi, e paesaggio ed è questo elemento, ovvero la simbiosi tra ambiente e cultura, che contraddistingue l’Italia e la rende diversa rispetto agli altri Paesi nel mondo: un patrimonio culturale a cielo aperto, costituito da paesaggi, cittadine, coste, riserve naturali marine e terrestri.

In Italia la tutela e valorizzazione del patrimonio artistico nella sua totalità viaggia di pari passo con la tutela e valorizzazione dell’ambiente, oggi fortemente degradato perché esposto ad ogni forma di aggressione sia dovuta ai cambiamenti climatici che provocata dall’uomo nei suoi interventi di trasformazione dell’habitat naturale per adattarlo alle proprie esigenze e migliorare la propria qualità di vita, attività che non è implicito o ovvio che abbiano un impatto positivo sull’ambiente, danneggiandolo, anzi, spesso, in maniera irreversibile, modificando il naturale equilibrio degli ecosistemi, il più delle volte, senza possibilità di correggere i propri.

In Italia dura da millenni la stratificazione del patrimonio culturale (storico-artistico) nell’ambiente in cui è inserito e quindi la sua tutela diventa, potremmo dire, una questione organizzativa “politecnica”, vale a dire: tecnico scientifica, giuridico tassonomico, geografico, urbanistico, economico, sociologico, in definitiva, in molti casi, di “rieducazione e reimpostazione culturale”.

Conosciamo i trascorsi storici del nostro Paese, a far tempo dai fasti dell’antica Roma, solo per citarne uno, o agli splendori del Rinascimento. Volgendo lo sguardo ai nostri trascorsi storici comprendiamo perché oggi abbiamo tanta profusione di eccellenze di valore storico culturale: territorio di confine e di facile accesso via mare, per secoli è stato scenario di conquiste, guerre, correnti artistiche, letterarie, musicali, ha subito l’occupazione di diversi popoli. Ci appare evidenti, quindi, su queste basi, il motivo per cui, la nostra, sia la nazione con il patrimonio culturale considerato più corposo e importante a livello mondiale.

In questo senso si comprende il senso e il valore del ciclo d’incontri: “La diversità del patrimonio culturale: l’unicità dell’Italia” appena conclusosi. Una serie di conferenze organizzate dalla Rete dei CDE italiani nell’ambito del Progetto: “Popoli, culture e tradizioni: un patrimonio comune per l’Europa del futuro” nel contesto delle celebrazioni del nostro ricco patrimonio culturale e dell’Anno Europeo del patrimonio culturale 2018 (Decisione UE – 2017/864 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017) in via di chiusura a livello europeo, nazionale, regionale e locale. I temi affrontati: Strumenti di tutela dei beni culturali e di contrasto al loro traffico illecito, Promozione e protezione del patrimonio culturale artistico: il ruolo delle accademie, dei musei e delle istituzioni private, turismo sostenibile e tutela dell’ambiente, Il Liberty di Sommaruga a Palazzo Castiglioni, Dalle imprese storiche milanesi all’Agenda urbana della UE.

Vediamo una grande diversificazione di angolature da cui la questione è stata affrontata, uno stralcio da cui, comunque, si delinea, un patrimonio culturale nazionale di valore inestimabile, ma ancora poco curato, valorizzato e quindi sfruttato. Patrimonio storico-artistico-culturale che è parte integrante e fondamentale della nostra identità nazionale ed è compito di tutti, dello Stato, ma non solo, prendersene cura.

E da qui emerge l’altro aspetto fondamentale nella moderna Unione Europea: una valorizzazione identitaria degli Stati nazionali che vi appartengono congiunta ad un senso di forte coesione interna e unità, cosa che può avvenire nel modo più semplice e naturale solo attraverso la cultura, nella comune consapevolezza che la cultura rappresenta un forte aspetto identitario per l’Europa, oltre che una fondamentale risorsa strategica di coesione sociale e dialogo interculturale nel reciproco rispetto e valorizzazione delle rispettive specificità, senza dimenticare il suo potenziale di segmento economico trainante, specialmente nel nostro Paese.

Anno Europeo del patrimonio culturale che nelle Politiche dell’Unione si pone, quindi, come punto di raccordo di due strategie di Politica Comunitaria: affermazione delle politiche europee sul patrimonio culturale, da una parte, e rafforzamento identitario europeo basato sul valore del patrimonio culturale e su quanto rappresenta emblematicamente nei diversi Paesi e nei diversi settori della Società dall’altra.

Celebrare i patrimoni culturali dell’Unione Europea e, attraverso la loro celebrazione, rafforzare l’identità di cittadini europei, nel tentativo di una di quella che rappresenta una delle più forti priorità dell’Unione per tamponare quel “deficit democratico” che l’ha indebolita, affinché da tecnocrazia divenga anima e valori unitari e condivisi.

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