Disboscamento, in Italia meno che in Europa

La Terra sta diventando un Pianeta sempre meno verde e a velocità impressionante sta perdendo gran parte se non tutte le proprie foreste vergini, “bacini verdi” fondamentali per la vita dell’uomo, che assorbono l’anidride carbonica e svolgono un ruolo regolatore nei confronti dell’effetto serra e delle emissioni inquinanti.

Ma non solo: a rischio sembra essere anche l’ultima “foresta primordiale” d’Europa, la foresta di Bialowieza, al confine della Bielorussia, patrimonio mondiale dell’Unesco. Tant’è che l’Unione ha pensato di proteggerla con Direttive europee (la Direttiva sulla Natura della UE in virtù dei “processi naturali” non modificati dall’uomo che vi si possono rintracciare, oltre che per la biodiversità che la caratterizza, in questa foresta, infatti, è presente l’ultima traccia di quella che era la straordinaria vegetazione tratto caratterizzante della biodiversità di tutt’Europa, riserva della biosfera e ultima testimonianza di un ecosistema incontaminato per più di 10mila anni.).

E, ricordiamo i dati dell’ultimo “Rapporto di valutazione globale delle foreste” redatto dalla FAO, dal 1990 ad oggi, per il quale sono andati perduti circa 129 milioni di ettari di foreste nel mondo. Un dato certo che proviene dagli studi e ricerche scientifiche sul tema è che le foreste assorbono più anidride carbonica di quanto ne producono oltre a essere indispensabili per la protezione delle biodiversità e per la regolazione del “flusso dell’acqua” nell’ecosistema.

Fortunatamente, però, nel nostro Paese, la tendenza è inversa. In Italia, infatti, si tagliano pochi alberi, meno della media europea: si abbattono il 20% degli alberi contro il 60% del resto d’Europa. Questo è quanto emerge dal PEFC (Programme for Endorsememnt of Forest Certifications schemes – tra le principali organizzazioni mondiali di certificazione forestale: organizzazione non governativa internazionale dedicata alla promozione della gestione forestale sostenibile).

Anche se, come emerge dal Programma, il minor numero di alberi tagliati non è funzione di una maggiore sensibilità ambientale, ma dall’abbandono dei boschi. Per il Rapporto solo l’85 delle foreste italiane viene sfruttato in modo sostenibile, con certificazione PEFC. Lo stato di abbandono e la loro erronea gestione favorisce gli incendi e il dissesto idrogeologico, accelerano i danni al “sistema climatico” del Pianeta e alla biodiversità.

Sempre stando ai dati ottenuti dal Programma in Germania, ad esempio, il numero di alberi tagliati è maggiore che in Italia, ma il modo in cui sono tenute più curate e gestite in modo sostenibile fa sì che appaiano più rigogliose che in Italia. Come, del resto in tutta l’Europa occidentale, gli USA, mentre più problematico appare lo stato delle foreste in Africa subsahariana, Amazzonia, Asia sudorientale, Russia ed Europa dell’Est: le foreste sono tagliate senza criterio e in modo illegale. Quindi, per il PEFC il fatto che in Italia sia tagliato solo il 20% degli alberi non è positivo.

Secondo il Documento realizzato nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale 2014/2020 – Autorità di gestione Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali – “Tutela e valorizzazione del patrimonio forestale italiano: una sfida per il futuro” all’aumento della superfice forestale non ha fatto seguito un adeguato incremento degli investimenti di “gestione sul territorio”.

I boschi rappresentano, come tutti sappiamo, una risorsa d’importanza fondamentale per lo sviluppo socio-economico delle aree montane e rurali del Paese, una risorsa “rinnovabile” collegata a elementi di potenziale destabilizzazione ambientale collegata a cambiamenti climatici, incendi, nuove modalità di gestione della risorsa che rappresentano e di suo utilizzo. E’ appunto per questi motivi che la sua idonea gestione ambientale, come è detto nel Documento, costituisce il principale strumento per la valorizzazione del “senso” ambientale, sociale ed economico che il bosco possiede insiti in sé e che concorre a garantirne la tutela, conservazione e produzione. L’incremento complessivo di massa legnosa dei boschi italiani è stimata in 38,4 milioni di m3/anno di cui si ritengono realmente utilizzabili circa 30 milioni di m3/anno.

L’utilizzo annuale della biomassa prodotta dai boschi italiani ai fini energetici o industriali è stimata in misura superiore al 30-35% contro una media europea che utilizza il 60% riferito alla crescita vegetativa del bosco annuale e stando al documento in Italia, in queste condizioni, difficilmente riusciremmo a raggiungere un prelievo superiore ai 12 milioni di m3/anno, rispetto ai 30 milioni annualmente disponibili. Le motivazioni vanno ricercate nei costi di gestione elevati, nei limiti orografici.

In corso di svolgimento è la rilevazione dei dati, iniziata lo scorso novembre, per la predisposizione del nuovo “Inventario Forestale Nazionale” il cui termine di raccolta è previsto per il 2019, un inventario delle foreste italiane in cui saranno approfondite e mappate tutte le caratteristiche delle aree boschive italiane, realizzato dal Corpo forestale dello Stato e dall’Unità di ricerca per il monitoraggio e la pianificazione forestale del CREA che sarà poi messo a disposizione di studiosi, tecnici e associazioni, che sarà una risorsa per la comunità scientifica, per avere il controllo delle variazioni nello sviluppo delle aree alberate della nostra penisola e meglio definire la gestione  del patrimonio boschivo italiano.

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