Cronache dai Palazzi

Prove d’intesa tra Movimento Cinque Stelle e Pd, dopo circa cinquanta giorni dal voto alle Politiche del 4 marzo. Il mandato esplorativo di Roberto Fico ha avuto “esito positivo”, come ha riferito il presidente della Camera dei Deputati; occorre comunque attendere il 3 maggio giorno in cui la direzione del Pd prenderà delle decisioni fondamentali, in sostanza dovrà decidere se “accedere al confronto” con il M5S.

“Sono stati fatti passi avanti ma non nascondiamo le differenze e le difficoltà”, ha dichiarato il reggente Maurizio Martina specificando che “le distanze restano importanti” ma ribadendo, nel contempo, la volontà di “provarci”. Nella trasmissione di Vespa, Porta a porta Martina ha sottolineato: “Penso che questa sfida vada accettata. Il Pd deve giocare all’attacco”. Dato che “le possibilità di tornare al voto non sono poche e sarebbe un rischio per il Paese”. In direzione i dem dovranno fare i conti con Renzi e i renziani. Tra i sostenitori dell’ex segretario vi sono alcuni che escludono qualsiasi tipo di patto: “Sono contrario ad un accordo. Per me Di Maio e Salvini sono uguali”, ha affermato Matteo Orfini.

Il leader dei pentastellati, invece, non si tira indietro per quanto riguarda la stipulazione di un accordo ma fissa dei paletti e prende le distanze: “Non ci si può fossilizzare sull’idea di difendere per partito preso tutto quello che hanno fatto i governi in questi anni. Dal voto del 4 marzo sono emerse delle richieste chiare sui problemi del precariato, sugli insegnanti che devono fare mille chilometri per andare a lavorare, sulle grandi opere inutili”.

I Cinque Stelle non dimenticano nemmeno il conflitto di interessi, con l’occhio rivolto al leader della Lega intimorito da un eventuale altolà di Berlusconi. In sostanza “un politico non può possedere organi di informazione”, ribadiscono i pentastellati. Il conflitto di interessi è comunque un argomento sensibile anche per il Pd che non è mai riuscito a risolverlo fino in fondo. Matteo Salvini, a sua volta, non prefigura una buona riuscita per quanto riguarda l’accordo in corso e, qualora M5S e Pd non riuscissero a concludere, Salvini ribadisce: “Io ci sono, se vogliono bussare alla porta del leader di centrodestra per parlare di programmi, ma quelli veri, e non quelli che cambiano”. Anche Silvio Berlusconi non crede che il M5S e il Pd riescano a raggiungere un accordo e ipotizza un centrodestra che possa presentare per il governo “un programma di 4 punti da approvare nei primi 100 giorni su cui cercare i voti in Parlamento”. E puntualizza: “Non penso a un  sostegno concordato a un governo del centrodestra da parte del Pd, non abbiamo avuto segnali”. Per quanto riguarda un eventuale ritorno alle urne, inoltre, il rischio più grande sarebbe l’astensionismo  in quanto “molti non sono affatto d’accordo sul tornare alle urne”.

“Il dialogo si sta avviando”, ha comunque specificato Roberto Fico al capo dello Stato, chiedendo responsabilmente un altro po’ di tempo per far sì che l’intesa M5S-Pd abbia inizio. Dopo giorni di estenuanti trattative il Colle intravede uno spiraglio di maggioranza: “Siamo solo agli inizi, ma sarebbe un errore non cogliere questa chance”, affermano fonti del Quirinale. Non si può però gridare vittoria perché l’intesa non è sul tavolo. Nel caso in cui, anche in questo frangente, non ci saranno le condizioni per formare un nuovo governo il compito di Mattarella si rivelerà non semplice, soprattutto escludendo un governo del presidente, più volte osteggiato, nonostante sia un’ipotesi possibile data l’impossibilità di tornare al voto con l’attuale Rosatellum che, stando all’esperienza, produce solo ingovernabilità.

Il voto prima dell’estate sembra comunque essere stato allontanato, dato che il 9 maggio, ormai vicino, si chiude la finestra per votare a giugno. Si potrebbe quindi tornare alle urne dopo l’estate e nel frattempo procedere con un esecutivo per gli affari correnti che magari metta nero su bianco un nuovo sistema di voto.

Le ipotesi, in caso di fallimento di un’intesa, solo le più varie e anche le più incerte, per ora ci si rimbocca le maniche e si cerca di procedere ad un accordo sul quale formare una nuova squadra dell’esecutivo come il Paese del resto merita che sia.  Le divisioni all’interno del Pd, di certo, rendono l’avvicinamento con in Cinque Stelle ancora più arduo e si rischia di registrare un nulla di fatto come si è verificato con il centrodestra. Anche se dalle parole di Luigi Di Maio emerge un certo ottimismo, che non si è registrato nei giorni in cui si è tentato un governo M5S-Centrodestra, con il mandato esplorativo della presidente del Senato Casellati. “Sono sicuro che Renzi si siederà al tavolo. I suoi mi hanno detto che Martina è d’accordo con lui”, ha dichiarato il leader pentastellato dimostrando comunque una certa cautela: “Aspettiamo una settimana e vediamo come va a finire”. Mentre il matrimonio con la Lega sembra ormai acqua passata: “Il forno è chiuso, di Salvini non ci fidiamo più, abbiamo aspettato anche troppo”, hanno puntualizzato i pentastellati. Il leader del Carroccio ha sostenuto fino alla fine il patto con Berlusconi e il Movimento Cinque Stelle – che il leader forzista ha definito “antidemocratico” – non ha accettato alcun compromesso che includesse Forza Italia.

Nel frattempo è certificato che aumentano le diseguaglianze in termini economici, in particolar modo la disuguaglianza dei redditi. “Un argomento importante che deve essere oggetto di strategie, di politiche economiche e sociali da subito”, ha ammonito il ministro dell’Economia uscente, Pier Carlo Padoan, presentando il Documento di economia e finanza (Def). Padoan ha infine invitato i successori a “continuare sulla strada” segnata dal governo in carica che “ha varato misure importanti come il Reddito di inclusione”.

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