Ambiente: no diesel in città, ma pare inutile se non dannoso

Roma – La Sindaca Virginia Raggi, alle prese con una città storicamente mai attrezzata con metropolitane e trasporti efficienti, ha annunciato che entro il 2024 le auto diesel non potranno più circolare nel Centro della capitale. Se il suo intento non era solo fare propaganda, ma fare qualcosa di utile per l’ambiente, è stata consigliata male. Non solo per le proporzioni esigue dell’intervento che ha annunciato, ma anche per i suoi contenuti dal punto di vista scientifico. Vari studi, fra cui “Comparative Environmental Life Cycle Assessment of Conventional and Electric Vehicles”, pubblicato sul Journal of Industrial Ecology, hanno dimostrato infatti che – incredibile ma vero – se si considera l’intero ciclo dell’automobile, dalla produzione ai decenni di possibile utilizzo, i motori diesel e a benzina producono meno agenti inquinanti di quelli che presumibilmente dovrebbero sostituirli, quelli elettrici.

Proprio così: costruire i componenti delle auto elettriche, e fornire loro energia alle colonnine distributrici, ha un ‘costo’ assoluto in termini di inquinamento più elevato di quello delle auto ‘tradizionali’. Se adottate a valle di un sistema di produzione di energia basato su fonti fossili anziché rinnovabili, come avviene appunto nei Paesi industrializzati e anche in Italia, le auto elettriche non fanno che spostare la fonte di inquinamento dalle città alla centrali termiche; e per giunta in modo illusorio, visto che gli inquinanti atmosferici possono essere riportati dai venti sulle vicine città, e che continuano ad alimentare la massa dell’inquinamento globale. Non basta: gli studi affermano che il diesel moderno è oggi meno inquinante del motore a benzina. E allora perché proporre di bandire solo questo tipo di motore?

La verità è che la vera campagna da fare, da parte dei governi, ma anche dei sindaci delle metropoli di tutto il mondo, è quella per convertire totalmente alle fonti rinnovabili le reti energetiche di tutti i Paesi: se le centrali elettriche non produrranno più fumi e polveri inquinanti, allora avrà senso sviluppare gli stabilimenti che producono batterie e sostituire tutti i motori diesel, a benzina e a metano, alimentando tutti i veicoli con le colonnine elettriche. Solo quando ciò sarà avvenuto sarà giustificato l’oneroso obbligo ai cittadini di rottamare le auto diesel ed acquistare auto elettriche. Si tratta di qualcosa di logico, semplice, che però oggi appare stranamente noto solo ai ricercatori, e ignoto agli agenti del marketing come ai politici, che sembrano influenzati più da ‘ambientalismo dei social’ che dalla scienza. Come mai? Chi è che non dice ai pubblici amministratori come stanno le cose? Per quale ragione lo fa? E come fanno tanti sindaci – non solo la Raggi – ad abbracciare campagne che di ‘ambientalista’ hanno il nome ma non la sostanza?

I social fanno tendenza, ma la loro credibilità è sopravvalutata: e così il rischio, per i pubblici amministratori che ne seguono gli umori, è quello della perdita di credibilità e consenso. Quello della capitale, i cui residenti abbandonati da amministrazioni latitanti vivono da decenni una battaglia quotidiana per la sopravvivenza urbana, è un caso esemplare. Come si fa a imporre ai cittadini il costo, elevato, del rinnovamento – basta per questo pensare al costo delle auto elettriche? Come si fa a imporre queste ‘regole ambientali’ ai soli cittadini, costretti dalla storica inefficienza del trasporto pubblico a usare l’automobile, se questi vedono muoversi indisturbati per le città mezzi pubblici obsoleti, mezzi della nettezza urbana d’antiquariato, pullmann turistici monumentali, camion, tir, bisarche, camion bar, moto e motorini che sono, non ci si pensa mai, privi di marmitta catalitica, e gli stravecchi furgoni degli ambulanti, che per giunta saturano le vie con i fumi dei generatori a combustibile? Come imporli, in particolare, a chi nel centro della Capitale ci vive, che per ragioni geografiche sarebbe l’unico inevitabilmente costretto a pagare di tasca propria l’iniziativa? O forse l’amministrazione capitolina spera di imporre la regola anti-diesel a tutti gli altri soggetti coinvolti – ambulanti, catene turistiche o di trasporto privato, che anno dopo anno hanno conquistato ‘spazi’ nella capitale e nel suo Centro, per non parlare delle aziende municipalizzate – con la stessa facilità con cui potrà imporle ai privati cittadini?

Ha senso demonizzare le auto private solo perché lo ‘chiedono’ i social? Perché, invece di farlo con la facile ma poco credibile campagna anti-diesel lanciata da Città del Messico, la sindaca di Roma non si mette alla testa di una rete europea di città alimentate ad energia cento per cento rinnovabile, simile a quella creata negli Stati Uniti dalla California alla East Coast, a partire dalla capitale del Bel Paese, Roma? Questo sì che sarebbe ‘agire sulle cause, e non soltanto sugli effetti’, come la Raggi ha proposto di fare a Città del Messico. In Europa gli esempi non mancano, basta pensare a Copenhagen. In Italia città come Bolzano e Oristano hanno già raggiunto questo obiettivo. Quello che manca, e che da Roma può partire, è la chiarezza dell’obiettivo – rendere a energia totalmente rinnovabile le reti elettriche nazionali in risposta alla domanda di energia rinnovabile espressa dalle città – ed un ‘consenso di squadra’ fra le città, che negli Usa si è creato contro le politiche pro-fossili del presidente Trump. Per Roma, città non priva di una qualche notorietà e visibilità internazionale, sarebbe una importante battaglia di civiltà, ed una battaglia, questa sì, seria e credibile: Sindaca Raggi, perché non provarci?

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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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