Parole a vanvera

Il modo in cui viene svolgendosi la campagna elettorale è una permanente offesa all’intelligenza degli elettori. La sua caratteristica principale sta nelle parole e i programmi a vanvera. L’esibizione di Berlusconi alla Confederazione del Commercio è stata tra le cose più allucinanti che si possano immaginare. Ha dichiarato che, quando era al governo, aveva innalzato il minimo pensionabile a Mille lire (sic) “con le quali si viveva benissimo”. Ha tuonato contro il disastro dell’euro, dimenticandosi che Forza Italia lo aveva entusiasticamente votato, e dimenticando di dirci come potremmo sostenere il debito pagando gli interessi che pagavamo con la Lira e non quelli ridottissimi di ora, con la moneta unica. Ha sentenziato che il reddito sommerso in Italia è di 800.000 euro, cioè la metà del PIL (avete letto bene? Ottocentomila euro sono la metà del PIL italiano!). Suppongo che volesse dire 800 milioni, ma anche così è una bufala, tendente a dimostrare che l’Italia è più ricca di quello che appare dalle statistiche (è una vecchia teoria berlusconiana; ricordate quando, in piena crisi del 2008, si vantava che i ristoranti erano pieni?). Diamogli credito e facciamo i conti: 800 milioni, moltiplicati per tre, fanno 2.400 milioni di euro.  Allegria, siamo più ricchi della Germania e del Giappone! Francia e Inghilterra: nella polvere!

Poi c’è stato un siparietto da demenza senile, quando l’ex-Cavaliere si è dilungato sulla preferenza delle signore italiane per i loro cagnolini piuttosto che per i mariti. Lo show a Porta a Porta, con un Vespa più che mai ossequiente, è stato ancora più raccapricciante. Promettere l’espulsione di 650.000 clandestini, senza dire come realizzarla, demonizzare gli accordi di Berlino, che lui stesso aveva firmati, sostenere la Flat tax di trumpiana estrazione (tanto per intenderci, vuol dire che  l’imposta sul reddito non è più progressiva, ma tutti pagano la stessa percentuale, la mia impiegata domestica e gli Agnelli e, en passant, la famiglia Berlusconi: che strano, no?) senza indicare la copertura per il minor gettito fiscale, è veramente un’offesa al buon senso.  Ma la ciliegina sulla torta è stata la firma, emozionata e solenne, di un nuovo impegno con gli Italiani. Come 17 anni fa. Volendo farci dimenticare che il “contratto” allora firmato non è stato in quasi nulla rispettato.

Eppure, eppure… Come negare (e allo stesso tempo, come accettare) che questo imbonitore da fiera rappresenti malgrado tutto il male minore? Perché purtroppo egli non è il solo a spararle grosse. Tutti i partiti, PD compreso, hanno sparato programmi tutti caratterizzati da maggiori spese e minori entrate. Un esperto economista ha fatto i calcoli e ha concluso che essi costerebbero alle finanze pubbliche, cioè alle nostre tasche, da 35 a 120 miliardi di euro.

Altro elemento raccapricciante di questa campagna è il completo distacco dalla realtà. Il grillino Toninelli parla già come se i 5 Stelle avessero vinto, il Centrodestra parla di vittoria sicura, persino Grasso, la mosca cocchiera, disserta su una possibile alleanza coi grillini, contraddetto dalla Boldrini. Dimenticando ambedue un dettaglio: che, a stare alle previsioni, LeU e 5 Stelle non avrebbero la maggioranza né in Parlamento né nel Paese. Ma tant’é, la sola cosa che interessa a Grasso, Boldrini, D’Alema, Bersani etc. è vedere l’odiato Renzi nella polvere, sperando di recuperare il controllo della intersa Sinistra. La prospettiva che al governo ci vada la destra, apparentemente, non li preoccupa affatto. Loro, si sa, godono nell’opposizione.

Un frustrante sentimento d’irrealtà lo provoca, a dire il vero, anche la diatriba sulle “larghe intese”. Facciamoci un po’ di conti: se il Centrodestra non raggiunge la maggioranza in Parlamento, una “grande coalizione” parrebbe necessaria, come nel 2013. Ma FI e PD, da soli, non basterebbero. Dovrebbe parteciparvi la Lega. Ve lo immaginate un governo con Renzi e Salvini insieme?

E poi c’è un mistero del quale confesso di non riuscire a venire a capo: Paolo Gentiloni ha governato bene, la sua immagine è ottima, in tutti i sondaggi risulta in testa tra i leader (addirittura con il 47%). Perché diavolo il PD non dice, ora, chiaramente, che è il suo candidato per Palazzo Chigi?

Da oggi comincia il silenzio sui sondaggi, per cui avremo due settimane nel buio. Ma da quello che è emerso finora risulta che non vi sarà maggioranza in Parlamento. Il pallino è dunque presumibile che torni nelle mani del Capo dello Stato. Speriamo che abbia tanta saggezza e tanta autorità di quante ne ebbe Giorgio Napolitano. E che le principali forze politiche pensino al Paese e non ai loro interessi. L’esempio della Germania è vicino a noi (sempreché gli iscritti alla Socialdemocrazia approvino l’intesa con la Merkel, cosa non del tutto scontata). L’Italia non può permettersi altri anni di incertezze, di ritardo e di rissa permanente.

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