Il Congo bussa alla porta dell’Opec

La Repubblica del Congo ha ufficialmente fatto domanda di adesione presso la potente organizzazione dell’Opec. Questa decisione potrebbe però essere oggetto di numerosi vincoli.

In piena recessione, pressata dall’FMI e dai creditori per la risoluzione dei suoi debiti, la Repubblica del Congo ha ufficialmente chiesto di diventare a pieno titolo membro dell’Organizzazione dei Paesi Produttori ed Esportatori di Petrolio (Opep, più conosciuto come Opec). L’autorevole cartello dei Paesi esportatori di petrolio ha come missione fissare  le quote di produzione che influiscono sui prezzi di vendita dell’oro nero, nell’interesse degli Stati membri. Prima che un nuovo Stato vi acceda, il gruppo deve analizzare con attenzione la situazione economica del Paese richiedente. Motivo in più perché Brazzaville non canti troppo presto vittoria.

“La Repubblica del Congo ha deciso di aderire all’Opep”, ha annunciato martedì 16 Gennaio un comunicato della presidenza congolese. Il testo precisa che questa decisione traduce in fatti la volontà del capo di Stato congolese, Denis Sassou Nguesso, di mettere il Congo allo stesso rango dei grandi leader mondiali, latori di proposte nei negoziati internazionali. Con questa adesione, il Paese dell’Africa Centrale spera di conquistare i mezzi per poter partecipare alla definizione  “delle politiche e alla presa delle decisioni in seno all’organizzazione”. In effetti, “lo status di membro a pieno titolo mostra la volontà e  l’impegno del Congo di appartenere ad un cartello che ha, tra le tante missioni, quella di fissare le quote di produzione che influiscono sui prezzi di vendita del petrolio, sempre, nell’interesse dei paesi membri”, sottolinea ancora il comunicato. Il Congo è sostenuto dall’Arabia Saudita che, per voce del suo Ministro degli Affari Esteri, Adel al-Jubeir, aveva salutato l’iniziativa del Presidente Sassou in occasione di una sua visita a Brazzaville lo scorso 8 Gennaio, durante la quale aveva promesso il pieno appoggio a questa iniziativa. Nel Maggio scorso, la Guinea Equatoriale, terzo produttore di petrolio in Africa, è diventata il sesto Paese africano (dopo la Libia, l’Algeria, la Nigeria, l’Angola e il Gabon) ad integrare il cartello dell’Opec. Ciononostante il piccolo Paese dell’Africa centrale attraversasse anche’esso una crisi economica senza precedenti.

Per il Congo il contesto rende la sua posizione un po’ più complessa. Entrando a far parte del cartello dell’Opec, Brazzaville potrebbe essere indotta  a fare delle concessioni sui ritmi della sua produzione di petrolio. Se il Paese spera di passare da 250.000 barili al giorno al 350.000 nel 2018 ponendosi come obbiettivo di ammortizzare gli effetti dell’insufficienza del prezzo al barile, l’organizzazione potrebbe chiederle una quota di produzione giornaliera. L’Opec e i suoi partner, tra i quali la Russia, sono vincolati fino alla fine del 2018 ad un accordo sulla riduzione della loro produzione per riequilibrare domanda e offerta mondiale, per far poi risalire i prezzi. Secondo fonti indirette, in Dicembre, i 14 Paesi del cartello hanno estratto un totale di 32,42 milioni di barili al giorno, ossia un piccolo aumento (42.000) di barili al giorno rispetto a Novembre. La produzione è aumentata in Algeria, in Angola e in Nigeria, mentre scendeva in Venezuela.

L’economia del Congo è ancora troppo poco diversificata, contando molto sulla produzione di petrolio, continua a subire i contraccolpi del calo del prezzo dell’oro nero. Con una produzione stimata a 232.000 barili al giorno nel 2016, il petrolio rappresenta il 58,6% del Pil. “Ci siamo fissati sul petrolio, invece di capire che le due mammelle delle risorse sono le dogane e le imposte. Dovremmo rendere il petrolio un prodotto complementare, ha dichiarato il Primo Ministro congolese, Clement Mouamba, durante una conferenza stampa tenuta in occasione di una missione del Fondo Monetario Internazionale a Brazzaville l’Ottobre scorso. Il Congo ha per lungo tempo vissuto sulla rendita petrolifera, con la sua capitale economica posta a Pointe-Noire, sede della compagnia petrolifera francese Total e della nostra ENI. Il Paese ha registrato degli avanzi di bilanzio tra il 2003 e il 2014, prima di cadere in una pesante crisi per via del crollo del prezzo del barile arrivato a 50 dollari. Negli anni di congiuntura favorevole hanno permesso ale autorità di finanziare qualche grande opera: aeroporto di Brazzaville, ponte del 17 Agosto inaugurato poco prima delle presidenziali del 2016, il fastoso centro conferenze di Kintele. Per via degli arretrati non pagati, il 2017 è stato caratterizzato da scioperi ad oltranza all’università e presso il centro universitario ospedaliero (CHU). Gli studenti non hanno percepito quattro trimestri di borse di studio. Se i funzionari pubblici percepiscono regolarmente il loro stipendio, seppur con qualche leggero ritardo in Ottobre e Novembre, più di 20.000 pensionati della Cassa pensionistica dei funzionari (CRF) non vengono pagati da un anno.

Secondo il Ministero delle Finanze congolese, nel 2018 la produzione petrolifera potrebbe arrivare a 117 milioni di barili al giorno. Il calcolo è semplice: con la produzione prevista di 117 milioni di barili e valendo  un barile di greggio congolese 60 dollari, il Congo intende accumulare nel 2018 incassi per più di 749 miliardi di Franchi CFA contro i 391 miliardi percepiti nel 2017. Riuscirà a convincere i potenti membri dell’Opec e a rimettere in  moto la sua economia? Era partita bene, la crisi la fatta piombare nel baratro, forse diversificare diventa una necessità, non più una possibilità.

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