Cronache dai Palazzi

È ora di puntare sulla crescita, “basta con gli ayatollah del rigore”, ha puntualizzato il premier Enrico Letta di fronte all’Assemblea di Ferdercasse a Roma. “Di troppo rigore quest’Europa finirà per morire e anche le nostre imprese finiranno per morire”, ha aggiunto Letta difendendo l’operato del suo governo impegnato a fronteggiare le critiche che provengono dal fronte interno, ossia quello nazionale, per il quale le risorse sembrano non bastare mai, e dal fronte esterno, ossia il fronte europeo, dove “il rigore non sembra mai abbastanza”.

“La stagione del solo rigore occorre lasciarla alle spalle, ma la crescita deve essere basata sulla solidità dei conti”, ha ammonito il presidente del Consiglio. Occorrono “spalle solide” per andare avanti sulla strada delle riforme ma Letta continua a sostenere che l’Italia può farcela perché ha i “conti in ordine. Nel 2014 per la prima volta deficit e debito saranno in discesa”, nonostante gli sforzi di mediazione sul fronte interno, ed esterno, “per cercare di garantire la tenuta del bilancio”.

Da Bruxelles l’Unione europea, nelle vesti del guardiano dei conti Olli Rehn, risponde: “Bene le dismissioni annunciate dall’Italia” ma si tratta di misure ‘una tantum’ mentre per poter disporre dei ‘bonus Ue’ per il gli investimenti nel 2014 “resta l’esigenza di misure strutturali”. L’Italia deve quindi continuare a fare bene i compiti a casa e deve dimostrare di essere un Paese stabile sul fronte della politica interna, dove non sono poche le matasse da sbrogliare.

I partiti sono attraversati da una profonda restaurazione interna, ed alcuni appena nati devono ancora accreditarsi tra gli elettori. Rimane il nodo della legge elettorale che non accenna a cambiare; la questione della decadenza che rischia di accavallarsi alla votazione sulla legge di Stabilità. Il voto sulla legge di Stabilità, in particolare, potrebbe addirittura slittare a causa dell’ennesimo stop imposto da “Nuovo centrodestra” di Alfano. In sostanza la mossa sembrerebbe questa: non accelerare il voto sulla legge di Stabilità per decelerare il voto sulla decadenza.

Ed ancora, liti e rivalse personali che rischiano di mettere a repentaglio la stabilità governativa. In prima fila il sindaco di Firenze, che ormai ogni giorno inscena una diatriba mediatica nei confronti del Governo e delle oligarchie del suo partito – che si prepara a guidare – ricordando che comunque andranno le primarie dal 9 dicembre l’agenda del Governo cambierà. In questo modo Renzi “scava una voragine sotto il Governo”, ha affermato il ministro Mauro, ma il sindaco non si fa intimorire e si dichiara intenzionato ad archiviare “il vecchio Pd che ha salvato la Cancellieri”. In qualche modo Renzi ha già iniziato a picconare l’attuale agenda del Governo avvertendo il premier in carica che “non è il momento giusto per le privatizzazioni: per motivi di mercato e non solo”, mentre i suoi seguaci sottolineano che “svendere le partecipazioni pubbliche per fare cassa” non è la migliore delle operazioni. Simili attacchi lasciano intendere quali saranno i rapporti (di forza) fra il Pd e il “suo” premier con Renzi segretario. Il rischio (estremo) è che anche il Pd passi (praticamente) all’opposizione delle ‘larghe intese’ insieme ai nuovi o rinnovati Forzisti, impegnati a combattere in primo luogo con la decadenza e usando, all’occorrenza, la legge di Stabilità come parafulmine o come fucile da artiglieria.

Alle beghe di partito si aggiungono le disastrose rivolte di piazza come quella dei no-Tav andata in scena a Roma mentre all’interno dei Palazzi del potere si svolgeva il vertice italo-francese Letta-Hollande in cui, tra l’altro, è stata ribadita la volontà di andare avanti con la Torino-Lione. Al centro dell’incontro non c’è stata comunque la Tav, bensì la necessità di “ridisegnare” l’Ue che in concreto vuol dire realizzare obiettivi di medio e lungo periodo, economici e di governance europea. Qualsiasi progetto, ha assicurato Hollande, sarà “per unire, non per dividere”. Letta a sua volta ha sottolineato il “rafforzamento straordinario dell’intesa” fra i due Stati che sono anche due dei Paesi fondatori dell’Unione europea.

“La crescita, l’occupazione e la stabilità dell’eurozona devono essere il cuore delle nostre decisioni per il summit di dicembre e per il lavoro del futuro Parlamento europeo”, hanno ribadito Italia e Francia insieme. Sul fronte del credito Roma e Parigi vogliono inoltre far approvare l’unione bancaria già al prossimo vertice europeo.

Di fronte al Credito Cooperativo il premier Letta ha premuto di nuovo sull’unione bancaria a livello europeo, ribadendo che un’Europa stabile passa per un’unione bancaria. “Si può realizzare”, ha affermato Letta, “senza bisogno di cambiamenti dei trattati, può e deve essere completata con strumenti esistenti: entro fine anno è un percorso da completare”.

“Essere poco reattivi alle crisi è una vulnerabilità che non ci possiamo permettere”, ha ammonito Letta non risparmiando nemmeno la Bce: “Bisogna rafforzare la Banca europea per gli investimenti” che potrebbe “favorire le imprese con la possibilità di lavorare insieme alle tre grosse casse deposito e prestito, italiana, francese e tedesca che possono essere strumenti di garanzia per le Piccole e medie imprese”.

Qualora non si riuscisse a portare a termine la suddetta battaglia a livello europeo si potrebbero “fare piccole battaglie nazionali ma è tutto più difficile”, sottolinea Letta, consapevole delle difficoltà che attanagliano il Belpaese sul piano politico-sociale, oltreché economico.

Anche il presidente della Bce Mario Draghi – intervenuto ad un convegno economico tenutosi a Berlino e organizzato dal quotidiano bavarese “Süddeutsche Zeitung” – ha sostenuto che per “ripristinare una crescita sostenibile” è necessaria “una politica monetaria più accomodante”. “I tassi di interesse sono bassi perché l’economia è debole”, ha precisato Draghi.

“Finché non arriveremo almeno a un tasso al 3% sui bond decennali – ha invece sottolineato Letta – fino a che questo non diventa punto di riferimento del sistema, continueremo a vivere una situazione di vulnerabilità”.

Mario Draghi ha comunque ribadito la necessità di continuare sulla strada delle riforme rispetto alle quali devono essere portate a termine “azioni determinate”, necessarie “per garantire la ripresa, per creare occupazione”, per rafforzare la competitività. La soluzione migliore non è “indebolire le economie più forti” – ha ammonito il presidente della Bce alludendo al surplus tedesco – ma “rafforzare le economie più deboli”. Un bilancio reale della Ue, unico, in grado di fare politiche sociali che attutiscano le differenze fra i diversi Paesi rimane in fondo un obiettivo prioritario ribadito anche all’interno del vertice italo-francese di Roma da Letta e Hollande.

Così mentre il ministro Saccomanni è impegnato a “battagliare” a Bruxelles, per difendere il piano delle dismissioni appena varato dal Governo italiano cercando di convincere i commissari europei della sostenibilità dei provvedimenti messi in campo dall’Italia, il presidente Letta cerca alleati dentro e fuori i confini nazionali. “Sul fronte interno troppi pensano che si possa fare deficit, noi siamo nel mezzo e non è semplice”, afferma amareggiato ma non rassegnato il premier in carica, che aggiunge: “Tutti vorrebbero più soldi e più crediti sulla legge di Stabilità” ma “così si crea deficit e aumenta il debito”.

Come ha ricordato il presidente Napolitano, ospite dell’Università Lateranense, “il cammino del Paese è tutt’altro che facile e va percorso con la massima coerenza: con fermezza e apertura, viste le incognite” che caratterizzano il presente e quelle che si profilano all’orizzonte.

“Massima coerenza” vuol dire attenzione ai conti pubblici, stabilità e responsabilità istituzionale, in sostanza tutto ciò che si traduce in standard più elevati di etica pubblica.

©Futuro Europa®

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