Puigdemont, delitto e castigo

Continua la querelle catalana, caratterizzata ora da una particolare “mobilità” dei suoi protagonisti. Dopo la destituzione personale e dell’esecutivo da lui presieduto ad opera di Madrid, Carles Puigdemont ripara in Belgio.

Nell’avventura secessionistica in cui si è gettato, non poteva non aver considerato il più probabile degli orizzonti: l’incriminazione – insieme ai ministri e alla presidente del Parlament Carme Forcadell – per ribellione, sedizione e malversazione da parte delle autorità giudiziarie centrali spagnole.

Il suo trasferimento a Bruxelles ha il sapore di una fuga. Raggiunta Marsiglia in auto, per evitare sorprese all’aeroporto di Barcellona, ha preso un volo per la capitale belga. L’ex presidente catalano, accompagnato da cinque ministri, si è quindi presentato presso le sedi delle istituzioni europee, denunciando all’Unione l’azione repressiva intrapresa dalla Spagna per contrastare la “delittuosa” proclamazione della Repubblica di Catalogna. Il castigo – per Puigdemont – potrebbe non tardare ad arrivare, nella forma di un imminente mandato d’arresto da parte del procuratore di Stato Juan Manuel Maza.

Di qui, l’abbandono del suolo catalano. Il Belgio è l’unico membro comunitario abilitato a concedere asilo politico a cittadini di altri Paesi dell’Unione. Il ministro dell’Integrazione belga Theo Francken, nazionalista fiammingo, ha ventilato l’ipotesi che Puigdemont – nei prossimi giorni – possa presentarne relativa istanza alle autorità di Bruxelles. Quest’ultimo, tuttavia, avrebbe già dichiarato ai media di aver lasciato la Catalogna solo per poter lavorare in libertà e sicurezza alla causa indipendentista, senza essere oggetto di persecuzioni politiche in patria.

Nel frattempo, nella regione catalana si respira già un clima pre-elettorale, dovuto alla disposizione del premier spagnolo Rajoy di nuove votazioni per il 21 dicembre prossimo. Il vice presidente catalano Oriol Junqueras e il ministro Josep Rull, pur contestando la legittimità della chiamata al voto di Madrid, parteciperanno alla competizione, nella speranza di riconquistare la maggioranza assoluta nel Parlament e annichilire le iniziative unioniste di Rajoy, che ha bollato con la qualifica di sedizione violenta il referendum indipendentista del primo ottobre scorso, svoltosi – in verità – in modo molto pacifico, per quanto attiene al versante catalano.

Puigdemont, che, al momento, ha elevato il livello di scontro da faccenda nazionale interna a questione che coinvolge i valori stessi della Ue, rispedisce al mittente tutte le accuse ricevute, imputando alla Spagna la responsabilità di aver demolito ogni possibile via di dialogo con la Catalogna. Siamo, ormai, al cospetto di un braccio di ferro che lascia grandi incognite sui tempi e gli esiti di eventuali risoluzioni.

Resta, in ogni caso, la corale speranza che, dopo il dostoevskijano “Delitto e castigo”, subentri presto il ben più auspicabile “Guerra e pace” di tolstojana memoria.

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