La stoffa dei sogni (Film, 2016)

Globo d’Oro per il Miglior Film e David di Donatello per la migliore sceneggiatura non sono mai stati assegnati con maggior oculatezza. La stoffa dei sogni è un piccolo gioiello narrativo e fotografico girato da Gianfranco Cabiddu, già collaboratore di Eduardo De Filippo, che adatta per il cinema L’arte della commedia del grande commediografo partenopeo e la sua traduzione in napoletano de La tempesta di William Shakespeare.

Non si tratta di un’opera prima, perché Cabiddu (1953) lavora da anni nella sua Sardegna per la tutela del patrimonio culturale e letterario, oltre ad aver girato alcuni interessanti documentari e lungometraggi. La stoffa dei sogni, però, lo pone all’attenzione nazionale, anche se il film non ha goduto di grande distribuzione, perché interpretato da un cast eccellente e girato con mano ferma, da regista di consumata esperienza. In breve la trama. Siamo negli anni Cinquanta, una tempesta scaraventa sull’isola-carcere dell’Asinara quattro camorristi, due guardie di sorveglianza e quattro attori. Tre camorristi si uniscono ai teatranti, con l’aiuto del capocomico Campese (Rubini), per sfuggire all’arresto da parte del direttore del carcere (Fantastichini). Uno dei camorristi è ritenuto morto, in realtà è naufragato sull’isola e viene accudito dalla bella figlia del direttore che finisce per innamorarsi. Per scoprire chi non è un vero attore, il direttore obbliga i teatranti a mettere in scena una commedia: La tempesta di Shakespeare, che Campese tradurrà in napoletano. Le fila del racconto prenderanno una piega imprevista nel corso della rappresentazione.

La sinossi non rende giustizia a un’opera complessa e ben sceneggiata che cita il teatro classico, l’opera di Eduardo – abbiamo pure Luca nella sua ultima breve apparizione! – e mette in campo temi importanti come il rapporto padre-figlio (camorrista e direttore del carcere sono uniti dal medesimo amore) e il palcoscenico come rappresentazione della vita. Non solo, a più riprese finzione teatrale e realtà si fondono e si confondono per realizzare un corpus narrativo nuovo e a tratti fantastico.

Fotografia straordinaria, scenografia da sogno in una location suggestiva come l’isola dell’Asinara, tecnica di regia sopraffina, a base di poetici piani sequenza, suggestivi flashback e intensi primi piani. Attori ben calati nelle rispettive parti, su tutti Sergio Rubini, pavido capocomico che sta al gioco dei camorristi pur di salvare la pelle e finisce per adattare la lingua di Shakespeare alle possibilità degli attori di cui dispone. Bravissimo Ennio Fantastichini, solitario e colto direttore d’un carcere al largo della vita, in un’isola dove si è rifugiato con la figlia, dopo essere stato abbandonato da una moglie con cui condivideva la passione per il teatro. Bene anche Renato Carpentieri, vecchio camorrista legato ad antichi codici d’onore, stanco della vita perché crede che il figlio sia morto, ma che finisce in galera proprio per aver palesato la gioia del suo ritrovamento.

Peccato che simili pellicole si possano vedere soltanto grazie a cineclub di provincia e – come nel nostro caso – ad associazioni che valorizzano il teatro e che gestiscono cinema estivi. Cercatelo, ne vale la pena.

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Regia: Gianfranco Cabiddu. Soggetto: Eduardo De Filippo, Gianfranco Cabiddu. Sceneggiatura: Gianfranco Cabiddu, Ugo Chiti, Salvatore De Mola. Fotografia: Vincenzo Carpineta. Montaggio: Alessio Doglione. Musiche: Franco Piersanti. Scenografia. Livia Borgognoni. Costumi: Beatrice Giannini, Elisabetta Antico. Paesi Produzione: Italia, Francia. Distribuzione. Microcinema. Durata. 103’. Genere. Commedia. Interpreti: Sergio Rubini, Ennio Fantastichini, Gaia Bellugi, Renato Carpentieri, Francesco di Leva, Ciro Petrone, Teresa Saponangelo, Luca De Filippo, Nicola Di Pinto, Jacopo Cullin, Fiorenzo Mattu, Maziar Fayrouz.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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