Brasile, caos politico

Lula condannato alla detenzione, Rousseff destituita, Temer in odor di processo. Se la crisi mostra che la corruzione regredisce, nessuno riesce a immaginare il futuro Brasile.

Un ex Presidente in prigione, la sua sostituta destituita, l’attuale alle porte di un processo: da poco più di un anno, il Brasile si trascina in una crisi politica che ha dell’incredibile e per la quale nessuno riesce a immaginare una via d’uscita.  Con la condanna a nove anni e mezzo di carcere per corruzione e riciclaggio, Luiz Inacio Lula de Silva, icona della sinistra latinoamericana, è diventato il primo Presidente del Brasile condannato. La decisione del giudice Sergio Moro è arrivata nel delicato momento che vede i deputati disporsi  a decidere della sorte dell’attuale Presidente Miche Temer, il cui mandato ormai è appeso ad un filo. Devono stabilire se sottoporre o meno a processo per corruzione il Presidente di questo grande paese che, con i suoi 200milioni di abitanti, si batte per uscire dalla recessione. Una commissione parlamentare a già votato contro il processo, ma molti parlamentari affermano avere gli elementi per farlo. Qualsiasi cosa accada, Michel Temer è ormai il primo Presidente brasiliano in carica formalmente accusato di corruzione, il suo futuro è ipotecato. Temer era arrivato al potere nel 2016 grazie ad una crisi politica già pesante: la destituzione per falsificazione dei conti pubblici di Dilma Rousseff, della quale era vice-Presidente.

Sembra esserci qualcosa di maledetto nell’esercizio della funzione presidenziale in Brasile. D’altronde, all’emissione della sentenza il giudice Moro aveva mostrato quanto delicata e importante fosse la condanna di Lula. “Considerando che la reclusione di un ex Presidente della Repubblica trasmetta di fatto un certo malessere (…), è prudente aspettare il giudizio della Corte d’appello”, ha dichiarato per giustificare il mantenimento in libertà di colui che aveva stracciato tutti i tassi  di popolarità quando aveva lasciato il potere (80%). In aggiunta al carattere surreale della situazione politica, Lula, se perde il suo appello, non potrà essere candidato alle presidenziali del 2018, elezione per la quale nei sondaggi sembra essere il favorito. E colui che sembra essere il solo a poterlo battere lo ha appena crocifisso: il giudice Moro. Che dice però non avere nessuna intenzione di candidarsi. “La classe politica brasiliana è allo sbando. C’è bisogno di rinnovamento, ma nessuno sa con cosa sostituirla”, afferma  Everlado Moraes, politologo dell’Università di Brasilia. Gli uomini politici “sono tutti condannati dall’opinione pubblica”, sottolinea. E questo rende la ricerca di nuova linfa molto difficile: anche i politici “puliti” hanno oggi poca credibilità.

Qualcuno mostra gli aspetti positivi della crisi attuale: è indubbiamente una vittoria per la giustizia e nella lotta alla corruzione. C’è stato uno scontro tra il modus operandi della politica brasiliana attivo da decenni, se non da sempre, e le istituzioni abilitate ad indagare che cominciano a lavorare in modo diverso. La condanna di Lula, figura emblematica della resistenza alla dittatura militare, della lotta alle diseguaglianze e della promozione del Brasile sulla scena internazionale, ha innescato vivaci reazioni nel Paese – ma poche manifestazioni. E se la destituzione di Dilma Rousseff aveva portato per settimane milioni di brasiliani a protestare per le strade (pro e anti impeachment), la sorte di Michel Temer sembra lasciare indifferenti i brasiliani  disillusi da mesi di crisi. Lontano dalle vette raggiunte da Lula di cui non ha commentato la condanna, il Presidente Temer ha oggi una quota di popolarità del 7%. La soap opera della sua possibile condanna a morte, con colpi di scena settimanali, alimenta la cronaca politica. Ma Michel Temer non molla e  sta investendo tutte le sue energie nel salvataggio del suo mandato cercando il consenso dei parlamentari , ma così facendo da anche l’impressione che più nessuno regga il timone del Brasile. “Il Brasile è impantanato nel presente. Non riusciamo ad immaginare il futuro perché non abbiamo abbastanza elementi (…) per sapere cosa succederà nel breve periodo”, afferma il Professor Moraes.

In Senato, la scorsa settimana, è stato il Presidente dell’Institution Eunicio Oliveira ad aver perso veramente la leva di comando. In una scena surrealista è stato cacciato dal suo scranno da alcune senatrici dell’opposizione che protestavano contro la legge sul lavoro. Raggiunte da altre parlamentari, hanno paralizzato per sei ore i lavoro della Camera alta. Il Presidente del Senato per tutta risposta ha fatto piombare l’emiciclo nel buio totale e tagliato l’audio dei microfoni. Il Paese paga senza dubbio pratiche  che neanche l’alternanza politica è riuscita a fermare. Corruzione, demagogia e populismo si sono infiltrati come un veleno mortale. Sul piano architetturale il Brasile è riuscito diverse volte a fare tabula rasa e ricostruire in modo illuminante, se riuscisse a farlo anche in politica e imporre una gestione rigorosa forse potrà anche cominciare ad immaginare un futuro diverso, liberandosi dal presente.

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