Siccità? No, inefficienza

La siccità? Non è per questo che il Bel Paese in questi giorni è ‘assetato’. Per capirlo, basta un esempio. La rete idrica di Roma è alimentata da varie fonti, fra le quali il lago di Bracciano. In questi giorni, i prelievi hanno portato il lago ad un abbassamento di livello impressionante. Ma dove finisce l’acqua che ne è prelevata? L’abbassamento del lago è un sacrificio necessario? Ed è utile? Neanche per sogno. La rete idrica di Roma, infatti, disperde il 42,9% delle acque che riceve.

Quello che accade nella Capitale, accade in tutto il Paese. Ancora una volta, il problema non è la Natura, e nemmeno l’Uomo in generale: ancora una volta il problema è circoscritto all’incapacità delle amministrazioni di gestire le risorse naturali. Da questo punto di vista, le conseguenze della siccità di questi giorni sono parenti strette di quelle delle alluvioni, dei terremoti e dell’ erosione delle coste, fenomeni naturali che esistono, ma provocano vittime e danni solo a causa di torrenti cementati, costruzioni nei letti dei fiumi, solai in cemento armato nei paesini di montagna e stabilimenti balneari costruiti in cemento. Fin troppo facile fare i titoli di giornale sulle ‘calamità naturali’; serve invece riflettere sulle cause reali di ciò che accade, e la ‘siccità’ di questi giorni è un’occasione per farlo. Con un paio di dati.

Primo dato: in Italia piovono annualmente 300 miliardi di metri cubi d’acqua, ma noi ne intercettiamo solo l’11%. A ricordarlo è stato il Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti annunciando il rilascio straordinario dalle dighe alpine di 4 milioni di metri cubi d’acqua a favore dell’agricoltura padana. Ora, c’è una quota d’acqua che dobbiamo escludere dal calcolo del fabbisogno umano: il deflusso di acqua verso il mare attraverso i fiumi, che deve rispettare un minimo quantitativo costante. Negli anni, ci siamo attrezzati per utilizzare le acque a ‘regime ordinario’ di precipitazioni: anche a livello minimo, le nostre dighe immagazzinano acqua fino a saturare la loro capacità, acqua che rilasciano nelle reti cittadine e all’agricoltura, e che attraverso le stesse vie torna, a volte depurata, ai fiumi e al mare. Quello che non ci siamo attrezzati a fare è immagazzinare l’acqua ‘in più’, quella delle precipitazioni straordinarie: quando piove molto, le dighe quasi tracimano, e argini impermeabilizzati e milioni di ettari di terreno cementificati fanno correre l’acqua fino al mare. Ecco perché perdiamo i nove decimi dell’acqua che riceviamo. Dunque: è vero, non piove da mesi, e anche a causa dei cambiamenti climatici e dell’effetto serra. Ma se abbiamo perso quasi tutta l’acqua piovuta e ora abbiamo i rubinetti asciutti, possiamo prendercela con la siccità?

Secondo dato: la rete idrica italiana disperde in media il 35,4 % dell’acqua che riceve. A dirlo, lo scorso marzo, i rilevamenti dell’Istat elaborati dall’Ispra, Istituto del Ministero dell’Ambiente. Le punte massime di dispersioni sono a Cosenza, dove si arriva al 76,9%, di dispersione, a Frosinone col 71,9%,mentre le perdite minori si segnalano a Macerata col 6,6%, Udine con l’8,8% e Mantova al 9,6%. A Roma è sprecato il 42,9%, a Napoli il 34,3%, a Torino nel 2015 è disperso il 24,6% dell’acqua, a Milano il 12,2%.

E allora: se non solo della tanta acqua piovuta sul Bel Paese riusciamo ad immetterne in rete solo un decimo, ma come se non bastasse un terzo di questa acqua la perdiamo, possiamo prendercela con la Natura? Possiamo prendercela, seriamente, con la siccità?

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