Cronache dai Palazzi

Crescita positiva. Anche se a passi di “zero virgola”, la buona notizia è arrivata e anche il premier Gentiloni lo sottolinea. “L’economia è in un contesto di ripresa positiva”, ha affermato Gentiloni durante il convegno ‘La Cina e l’Europa’. Secondo il premier, si può dire, “con assoluta serenità, che l’Italia sta avendo tassi di crescita migliori di quelli previsti”, per cui occorre “mostrare un po’ di orgoglio” di fronte all’Ue evitando però i “trionfalismi”.

Finalmente la crescita economica sembra attenuare, in parte, il dramma disoccupazione. Le riflessioni strategiche di certo non sono tutto, occorre supportare la ripresa reale sul campo, riorganizzando il mercato del lavoro per far sì che si apra una nuova fase di crescita sostenibile, in grado di fronteggiare concretamente la precarietà, l’esclusione e il disagio sociale diffuso.

La crescita dipende sempre più dalle innovazioni tecnologiche, dalla creazione di nuovi mercati e dalla digitalizzazione del lavoro. In questo contesto, la ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, ha dato il via ad una nuova fase del lavoro anche per i dipendenti pubblici, che potranno quindi lavorare anche da casa senza dover necessariamente timbrare un cartellino. Formule smartworking in quanto l’obiettivo non è totalizzare più ore possibili, bensì raggiungere standard di qualità soddisfacenti anche per i servizi pubblici. Soluzioni innovative family friendly” supporteranno inoltre i lavoratori che sono anche genitori, favorendo non solo il telelavoro – e  se richiesto il lavoro part-time con formule più semplici – ma, stringendo degli accordi con asili nido e enti per i campi estivi sul territorio, i genitori che lavorano potranno delegare più facilmente ad altri la cura dei loro figli. Secondo un recente conto annuale della Ragioneria dello Stato, la quota di statali che applicano il telelavoro è quasi pari a zero e lo schema part-time è appena al 5,6%.

La ministra Marianna Madia ha inoltre invitato il presidente dell’Aran (Agenzia Rappresentanza Negoziale pubbliche Amministrazioni) a convocare le parti per aprire, dopo 8 anni di fermo, la nuova sessione “contrattuale” per gli statali. La ministra ha spiegato che “l’incontro con i comitati di settore” a proposito dell’atto di indirizzo per lo sblocco dei contratti “è stato positivo”, e l’apertura del tavolo avverrà “entro giugno”.

Ad oggi la Pubblica Amministrazione registra circa mezzo milione di precari su un totale di 3,5 milioni di lavoratori. I dati sono quelli che emergono dall’ultimo censimento permanente dell’Istat sulle istituzioni pubbliche. “Al 31 dicembre 2015 sono attive 12.784 istituzioni pubbliche che impiegano 3.305.313 lavoratori dipendenti, di cui 293.804 a tempo determinato, pari all’8,4%, e 173.558 non dipendenti (collaboratori, altri atipici e lavoratori temporanei)”, afferma l’Istat. In sostanza tra contratti a termine ed atipici nella Pubblica Amministrazione si conterebbero 467.362 lavoratori precari.

È battaglia invece per lo “ius soli”, tumulti in Aula a Palazzo Madama scatenati dai leghisti. Sulla legge che concede la cittadinanza agli stranieri nati in Italia si preannuncia un duro scontro elettorale centro sinistra/centrodestra. I pentastellati, consumati dalle divisioni interne al Movimento, hanno scelto l’astensione che in Senato si traduce in voto contrario. Il Pd, invece, difende a piene mani il provvedimento facendone quasi una battaglia di civiltà e annuncia che il governo chiederà la fiducia. Ma il leghista Calderoli fa notare che per approvare il testo senza modifiche sostanziali, rispetto al testo passato a Montecitorio, servono ben quattro voti di fiducia: “Uno per articolo, altrimenti la legge è di un solo articolo e tanti commi. E allora deve tornare alla Camera”. Il fronte del no oltre che da leghisti e grillini è alimentato anche da Forza Italia tantoché Maria Stella Gelmini parla di “norme pasticciate”, mentre Fratelli d’Italia già prevede un referendum abrogativo qualora la legge dovesse essere approvata. Favorevoli invece i centristi e Articolo 1 che auspicano di portare a termine l’iter completo della legge sullo ius soli, essendo ormai lontano (sembra) il pensiero del voto anticipato.

Oggi, secondo lo stato attuale delle cose, chi nasce in Italia da genitori stranieri può diventare cittadino italiano ma solo dopo aver compiuto 18 anni. Tutto ciò in base ad una legge del 1992. Con la nuova legge, in discussione al Senato, la possibilità di ottenere la cittadinanza dovrebbe scattare, invece, anche prima della maggiore età. Non si tratta comunque dello “ius soli” classico di stampo americano – per cui chi nasce negli Stati Uniti è, solo per questo, cittadino Usa – ma si prevede una versione attenuata.

In sostanza, i cittadini di migranti nati in Italia potranno diventare cittadini della Repubblica italiana sulla base di alcuni criteri, tra cui la residenza dei genitori e un loro permanente permesso di soggiorno, rilasciato dopo aver soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni sul territorio nazionale. Per gli extra-Ue oltre al permesso di soggiorno di cinque anni è necessario dimostrare un reddito minimo, un alloggio idoneo e il superamento di un test di conoscenza della lingua. Sottoscrivendo queste condizioni i genitori possono chiedere la cittadinanza per i propri figli.

In pratica, accanto allo ius sanguinis (è italiano il figlio di un cittadino italiano) e allo ius soli con delle attenuanti subentrerebbe lo ius culturae. Le novità riguardano, in particolare, i minori che arrivano in Italia prima dei 12 anni e studiano nelle scuole italiane – o seguono un percorso di formazione professionale – da almeno cinque anni. Per quanto riguarda la scuola primaria occorre inoltre essere sempre promossi.

Altra cosa è la concessione del diritto di cittadinanza sulla base di un decreto del presidente della Repubblica, per cui può richiederla chi arriva in Italia prima dei 18 anni ed è residente in Italia da almeno 6 anni, dopo aver completato un ciclo scolastico coronato con un titolo finale. In sostanza si tratta di un diritto di cittadinanza che dipende dai risultati scolastici per cui serve, inoltre, il nulla osta del ministero dell’Interno, il quale ha il compito di verificare nell’arco di sei mesi che non sussistano controindicazioni per motivi di sicurezza.

Secondo una stima della Fondazione Moressa la riforma sullo ius soli concederebbe il diritto di cittadinanza a ben 800 mila ragazzi – ossia l’80% dei minori stranieri presenti nel nostro Paese – e comporterebbe un’affluenza di circa 60 mila “nuovi italiani” ogni anno.

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