Le elezioni inglesi e l’Europa

Non c’è commentatore politico o quotidiano rilevante che non lo dica. Il risultato delle elezioni inglesi costituisce una sconfitta per il Primo Ministro May, anche se il Partito conservatore è arrivato in testa e ha la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento. Quando ha sostituito David Cameron a Downing Street, la signora May aveva in Parlamento la maggioranza assoluta, anche se limitata. Con la “giocata” di convocare nuove elezioni a soli due anni dalle precedenti, il suo obiettivo dichiarato era di aumentare questa maggioranza, in modo da legittimare e consolidare la propria leadership del Partito e del Paese, e ottenere una più rafforzata autorità nel negoziato con la UE per la Brexit.

Come ha intitolato il Times, “La scommessa è fallita”. Di seggi la May ne ha perduti una trentina e la maggioranza ai Comuni non l’ha ampliata, l’ha persa. In condizioni normali, un leader responsabile si fa da parte. Ma la May, che in un anno circa di governo ha avuto modo di dimostrare largamente la sua arroganza, ha dichiarato che non si dimette e che formerà un governo coll’appoggio degli Unionisti dell’Irlanda del Nord, che dispongono di 10 deputati. Sommati ai 318 conservatori, fa 328, due appena di più della maggioranza di 326, in un Parlamento che ha 650 membri. Poco, evidentemente, e ricetta di debolezza e difficoltà in futuro, tanto più che il Governo avrà di fronte un’opposizione agguerrita e incoraggiata dagli ottimi risultati, giacché sia i laburisti che i liberal-democratici hanno aumentato voti e seggi e il partito scozzese, pur perdendo qualche scanno, conserva tuttavia un nucleo forte e deciso di deputati.

C’è da chiedersi come mai il calcolo della Premier si sia rivelato tanto sbagliato. Le risposte sono molteplici: l’economia non va bene, molti inglesi sono pentiti e preoccupati per la Brexit, e i recenti attacchi terroristici hanno permesso al grande pubblico di venire a conoscenza del fatto che la May, quando era Ministro dell’Interno, aveva tagliato risorse e uomini alla Polizia, malgrado il serio allarme dei responsabili della sicurezza.

Al di là delle fiere dichiarazioni della May, vedremo cosa accadrà realmente nei prossimi giorni. Chiediamoci intanto che influenza avranno i risultati di giovedì sui rapporti con l’Europa. Notiamo subito che, sia nel voto popolare che nei seggi ai Comuni, i partiti favorevoli all’Europa sono in, seppur lieve, prevalenza. Ciò non vuol dire che la Brexit sia reversibile (non lo credo e tutto sommato non penso sia nell’interesse di una maggiore integrazione europea), ma nei negoziati con la UE il Governo di Londra avrà molto meno autorità e forza e dovrà guardarsi continuamente le spalle in un Parlamento non più docile e prono ai voleri del Boss.

I problemi sul tappeto sono tanti. Il più immediato e serio riguarda la sorte degli europei in Inghilterra per lavoro o per studio (gli italiani da soli sono 600.000). La May, finora, non ha preso alcun impegno al riguardo, i laburisti e i liberaldemocratici si sono invece chiaramente pronunciati a favore della loro permanenza. Sarà difficile alla Premier imporre una linea riduttiva, col rischio di perdere l’appoggio parlamentare (basterebbe la defezioni di due o tre conservatori per mandarla sotto). Insomma, il voto inglese, se ha costituito un duro colpo per la spocchiosa signora May, offre qualche vantaggio all’Europa.

Citiamo al finale un dato che svergogna i nostri Salvini e compagnia: il partito di estrema destra nazionalista, UKIP ha perso su tutta la linea. Seggi in Parlamento? Zero! Basterebbe questo per rallegrarsi del voto di Oltre Manica.

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