Yemen verso la divisione?

Martoriato dal marzo 2015 da un violentissimo conflitto, lo Yemen corre il rischio di sprofondare sempre più nel caos. Soprattutto da quando i separatisti del Sud hanno fatto un ulteriore passo in direzione della partizione del Paese.

Lo spettro della divisione plana nuovamente sullo Yemen. Approfittando del caos che regna nello Stato  stremato da due anni di guerra e paralizzato dalle divisioni interne, i separatisti del Sud accarezzano nuovamente il sogno di riportare in vita lo Stato indipendente dello Yemen del Sud, sciolto nel 1990. Alcuni dirigenti politici locali, capi tribali e militari, hanno in effetti annunciato lo scorso 11 Maggio la nascita di una nuova autorità, chiamata Consiglio di transizione del Sud, destinata ad amministrare e rappresentare le provincie del Sud. Una provocazione non indifferente per l’autorità già pesantemente contestata del Presidente yemenita Abd Rabo Monsour Hadi, che ha respinto questo “atto infondato”, che secondo lui  serve solo la causa degli Houti, i ribelli che controllano la capitale Sanaa e alcune altre zone del Paese.

È l’ex Governatore della città di Aden, Aidarous al-Zoubaidi, figura di spicco del gruppo separatista Movimento sudista, ad aver annunciato la creazione del Consiglio durante un discorso pronunciato in televisione davanti alla bandiera dell’ex Repubblica democratica popolare dello Yemen (comunista). Una messa in scena simbolica che non lascia dubbi sull’obbiettivo dei separatisti, che non hanno mai veramente digerito la riunificazione del Paese. Fondata nel 1967, dopo la partenza degli inglesi, lo Yemen del Sud era stato unito al Nord nel 1990. Un tentativo di scissione dei sudisti, che rivendicano una propria cultura e identità, era stato domato nel 1994 dopo la vittoria delle truppe dello Yemen del Nord. Per Abdelbari Tahar, analista politico yemenita di Sanaa intervistato da France24, questo sviluppo della situazione non è che “la logica conseguenza del conflitto del 1994 e delle sue catastrofiche ripercussioni, che sono anche all’origine della guerra che mina oggi il Paese”. Dalla riunificazione, i Sudisti affermano essere oggetto di discriminazioni da parte del potere centrale e privati di una equa redistribuzione economica malgrado le ricche risorse poste nel loro territorio.

Il passo dei separatisti fa seguito al siluramento dell’ex Governatore Aidaroos al-Zoubaidi e del Ministro e leader salafista Hani Ben Brik, ordinato dal Presidente Hadi da Riyad, in Arabia Saudita, dove risiede. Per tutta risposta, i due uomini forti del Sud hanno ricevuto l’appoggio di migliaia di persone durante una manifestazione organizzata lo scorso 4 Maggio ad Aden, la capitale provvisoria dello Yemen, manifestanti che hanno chiesto ad alta voce che venisse ravvivato il sogno di indipendenza. “Alla fine è dal popolo che deriva il potere, è dunque nostro diritto in quanto Sudisti di prendere tali iniziative e creare una struttura che ci rappresenti all’interno e all’esterno del Paese durante i negoziati”, ha dichiarato Adnan al-Kaff, membro del Consiglio di transizione del Sud, sottolineando che “il potere tratta con gli Houti, anche se i golpisti hanno infierito  sulla sua legittimità, pertanto, anche noi abbiamo il diritto di difendere i nostri diritti e presentare le nostre rivendicazioni”. Per molti osservatori le frizioni tra il potere e i sudisti sono frutto di una rivalità storica e di una lotta di influenze interne, dove il campo presidenziale vuole rafforzare una legittimità indebolita dalla popolarità dei secessionisti.

Più che una sfida rivolta al presidente Abd Rabo Manosur Hadi, questa iniziativa rischia di complicare il compito della coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita. E a buon titolo, essendo quest’ultima impegnata dal Marzo 2015, a fianco del presidente yemenita e dei combattenti del Sud, in una guerra senza fine contro Houti da una parte (appoggiati dall’Iran), e jihadisti dall’altra. Ricordiamo che fanno parte della coalizione anche gli Emirati Arabi Uniti, padrini politici e sostenitori militari di Aidarous al-Zoubaidi e Hani Ben Brik, pilastri della loro strategia militare nelle cinque provincie del Sud riconquistate nell’estate del 2015. Ovviamente gli Emirati Arabi hanno preso molto male il licenziamento dei loro protetti e non si fidano del Presidente Hadi, che gode dell’appoggio degli islamisti di Al-Islah, derivazione dei Fratelli Musulmani, sapendo che Abu Dhabi disprezza la confraternita islamista. Resta da capire da una parte come reagiranno i sauditi all’affronto subito dal Presidente Hadi, e dall’altra, gli Emirati che potrebbero riconoscere la legittimità del Consiglio creato dai sudisti, dando così implicitamente il loro parere favorevole alla divisione del Paese. A complicare il tutto la situazione al Nord dove le lotte intestine sembrano  minacciare l’alleanza tra i ribelli sciiti Houti e l’ex Presidente Ali Abdallah Saleh.

La frammentazione delle forze presenti nei due campi non crea le condizioni per dare, a breve, fine ad una guerra che non conosce tregua: morti, povertà e adesso anche una devastante epidemia di colera. Ad oggi, secondo i dati dell’OMS, i combattimenti hanno causato la morte di 8.000 persone e più di 44.500 feriti. Quasi 19 milioni di persone, ossia più del 60% della popolazione, vivono in una situazione di precarietà alimentare. Il ritorno a due Yemen potrebbe essere davvero la soluzione?

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