Cronache dai Palazzi

Stop ai voucher sia per le imprese sia per le famiglie. I buoni già acquistati dalle aziende potranno essere utilizzati fino al 31 dicembre dell’anno in corso. La soppressione effettiva partirà quindi dal primo gennaio del 2018.

Con il decreto varato dal Consiglio dei ministri venerdì 17 marzo, oltre all’eliminazione dei voucher sono state messe a punto anche le nuove regole sugli appalti, per cui si torna al principio della responsabilità solidale tra l’impresa che bandisce una gara e quella che si aggiudica l’appalto, tanto da evitare anche il secondo referendum proposto dalla Cgil.

A proposito di voucher, in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha sottolineato che “l’Italia non aveva certo bisogno nei prossimi mesi di una campagna elettorale su temi come questi”, ed ha aggiunto che in fondo era “l’orientamento maturato nelle ultime settimane in Parlamento”. Il premier ha inoltre sottolineato che “non c’era bisogno di dividere il Paese”, ed ha ribadito la necessità di mettere a punto “uno strumento per regolare il lavoro occasionale”.

Per Paolo Gentiloni si apre così una “nuova stagione”, i voucher erano “una risposta sbagliata ad una esigenza giusta”. Per il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, invece, ora si corre il “rischio” che si incrementi il lavoro nero ed è necessaria “una riflessione con i sindacati sul lavoro occasionale”. Per Poletti, comunque, “nessuna gara con la Cgil” e di certo occorrerà guardare avanti, “fare tesoro di quello che succede nel resto d’Europa”, senza ripiegare su forme di lavoro occasionale legate al passato (para-subordinati e simili). “C’è il rischio di avere un po’ di nero in più – ha ribadito Poletti – ma le imprese devono operare secondo la legge e regolare i loro rapporti di lavoro secondo i contratti”.

Esultano i sindacati. “È quello che volevamo”, dice Maurizio Landini della Fiom, i metalmeccanici della Cgil. “Il sistema va cambiato ma non abolito”, afferma invece la leader della Cisl Anna Furlan. La decisione di eliminare i voucher non è stata invece condivisa da Confindustria: “La scelta non ci piace e nemmeno il modo”, ha dichiarato il presidente Vincenzo Boccia che preferirebbe il referendum. Per Confcommercio si tratta di un “epilogo paradossale”, mentre per Mario Resca di Confimprese “il governo ha sacrificato i voucher alla lotta politica senza pensare ai lavoratori e mettendo in difficoltà le imprese”. Nonostante la soddisfazione per il risultato ottenuto, Susanna Camusso ha comunque sottolineato che prima di cantare vittoria vuole vedere la norma trasformata in legge: “Sino ad allora continueremo la campagna referendaria”, ha ribadito la leader della Cgil.

Altre parti sociali e politiche prefigurano delle conseguenze non proprio positive del provvedimento. “Con la cancellazione dei voucher perdono opportunità di lavoro nei campi per integrare il proprio reddito 50mila giovani studenti, pensionati e cassa integrati impiegati esclusivamente in attività stagionali che in agricoltura ne sono gli unici possibili beneficiari”, lamenta la Coldiretti. Per la Cia (Confederazione italiana agricoltori), invece, si tratta di una soluzione “deludente” che avrà delle “conseguenze negative, in particolare per le realtà produttive meno strutturate e con più difficoltà a gestire la programmazione di attività stagionali che richiedono flessibilità”.

Occorrerà, in pratica, gestire il lavoro che cambia e far fronte alla precarietà, in quanto con l’abolizione dei voucher “si creano degli scompensi per alcune attività eccezionali e occasionali che vedono impiegati gli studenti, i pensionati, i disoccupati di lungo corso”, come ha ammonito Carmelo Barbagallo della Uil ribadendo l’urgenza di un accordo sul lavoro occasionale.

Per ora, quindi, i due referendum proposti dalla Cgil saltano anche se la decisione finale spetta alla Cassazione. Soprattutto ci si chiede cosa arriverà al posto dei voucher. Le imprese potrebbero ad esempio applicare il cosiddetto contratto a chiamata, massimo 400 giorni in tre anni, valido per tutte le fasce di età e non più limitato ai giovani under 25 e agli over 55.

La prossima settimana, con la celebrazione dei Trattati di Roma il 25 marzo, si preannuncia infine alquanto complicata sotto il profilo dell’ordine pubblico. Il Viminale ha già predisposto un piano d’allerta e il ministro dell’Interno, Marco Minniti, non nasconde una certa preoccupazione per eventuali mobilitazioni di piazza contro gli accordi del 1957, che potrebbero trasformarsi in manifestazioni violente.

In sostanza, il prossimo fine settimana sfileranno per le vie del Centro della Capitale decine di sigle e non tutte a favore dell’Ue, con il rischio che tra di loro si infiltrino degli antagonisti supportati magari da un clima politico non del tutto pacifico, come quello registrato dopo il salvataggio di Augusto Minzolini da parte del Senato.

Non serve un dibattito politico “che si esprime attraverso aggressività vicendevoli, attraverso la ricerca degli slogan più efficaci per danneggiare l’avversario con l’unico obiettivo di conquistare  qualche voto in più, è una depressione della democrazia”. Sono le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si dichiara “un arbitro non silenzioso ma discreto”, un arbitro che cerca di “prevenire” i conflitti con “un’azione di persuasione morale”,  ma sempre “con discrezione”. Mattarella, intervenendo a margine di un ricordo di Aldo Moro, ha anche sottolineato di non fare riferimento direttamente al nostro Paese, ma non è difficile leggere nelle sue parole un determinato richiamo all’ordine, considerando qual è la situazione tra i partiti in Italia.

In questo contesto occorre appellarsi alla Costituzione  che  è “la nostra cassa comune, che ci lega tutti, senza la quale non ci sono le basi per un buon funzionamento della democrazia”.

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