Erdogan contro tutti

Volano parole grosse tra il presidente turco Erdogan e mezza Europa. Dopo aver abbattuto jet militari di Mosca, combattuto ambiguamente l’Isis – utile “alleato” nella lotta allo storico nemico curdo, nonché fornitore del figlio Bilal di petrolio siriano – e inaugurato un’intensa stagione di purghe per sbarazzarsi dei rivali politici interni, ora il leader della Mezzaluna attacca briga nel Vecchio Continente.

Dure polemiche, quelle di questi giorni, sfociate – in breve tempo – in aperte crisi diplomatiche, da quando Erdogan s’è messo in testa di estendere anche all’estero la campagna per il referendum sulla riforma costituzionale del 16 aprile prossimo, ghiotta occasione per una netta sterzata verso una Repubblica presidenziale e un considerevole aumento del proprio potere personale.

Risultato finale: rottura delle relazioni con l’Olanda e gelo polare con Germania, Danimarca, Austria e Svizzera. Chi per espressi motivi d’ordine pubblico e chi per non meglio specificate difficoltà logistiche, i succitati Paesi hanno negato l’autorizzazione a incontri del fronte del SÌ sul loro territorio. Lo hanno fatto le autorità tedesche, nei comuni di Gaggenau e Colonia, annullando iniziative a cui avrebbero dovuto presenziare i ministri turchi della Giustizia Bozdag e dell’Economia Zeybekci, istituzioni – per questo – subito bollate da Erdogan come “neo naziste”. Mentre la teutonica replica faceva riferimento a confronti assolutamente “fuori luogo”, austriaci e svizzeri si sono allineati alle posizioni di Berlino, impedendo nei propri confini lo svolgimento di meeting elettorali patrocinati da esponenti dell’Akp, il partito di governo turco.

L’11 marzo scorso, i Paesi Bassi hanno espulso la ministra turca della Famiglia, Fatma Betul Sayan Kaya, recatasi a Rotterdam poche ore dopo il divieto all’atterraggio – da parte delle autorità olandesi – dell’aereo su cui viaggiava il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu.

Erdogan non ha risparmiato parole di fuoco, rinnovando le accuse di pratiche naziste e giurando di farla pagare cara all’Olanda, minaccia già parzialmente concretizzatasi nel rifiuto di Ankara al rientro dell’ambasciatore olandese in territorio turco.

Considerata la rapida escalation della faccenda e la naturale predilezione del “Sultano” per i bracci di ferro, il premier danese Rasmussen ha preferito rinviare a data da determinare la visita in Danimarca dell’omologo turco Yildirim, in previsione a fine marzo.

Dal canto loro, UE e Nato hanno invitato la Turchia ad abbassare i toni e a collaborare per la distensione dei rapporti. La risposta non si è fatta attendere: l’Unione alimenta sentimenti anti-turchi e L’Aja fa terrorismo di Stato.

Forse che Erdogan, più che a un ingresso turco nell’Unione, aspiri a proporsi all’Europa quale unico, indiscusso e poco accomodante interlocutore Eletto (per disegno divino) del mondo islamico?

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