La pittura disseminata di Pino Pinelli

Catanzaro – In questi giorni il museo Marca di Catanzaro sembra aver assunto i connotati di un campo coltivato, lo spettatore infatti si trova davanti a delle pareti disseminate di opere d’arte create dal pittore Pino Pinelli che, come un contatino, semina la pittura utilizzanto le pareti come parte integrante della propria opera, la tela e il cavalletto scompaiono per cedere il posto alla parete non più neutro appoggio espositivo dell’opera.

L’esposizione Pino Pinelli. La pittura disseminata, che terminerà il 1 Aprile di quest’anno, raccoglie 21 opere selezionate dall’artista insieme al curatore Giorgio Bonomi e racconta il lavoro dell’artista dagli anni 70 ad oggi. Pinelli inizia la sua ricerca creativa nel 1975 quando decide di abbandonare la tela per sosituirla con la pelle di daino, questo è il preludio di quella che sarà poi la sua pittura disseminata, infatti Giovanni Maria Accame, nel suo Pino Pinelli, continuità e disseminazione, afferma:  “Su queste pelli di daino naufraga, per Pinelli, la concezione di una pittura che riconosce come propria sede l’area delimitata del quadro. Si apre al contrario la prospettiva di una pittura in perenne migrazione, nell’interminabile spazialità fenomenica. Un’uscita dal quadro che non è negazione della pittura, ma una sua differente concezione. Diversamente inseguita ed essa stessa inseguitrice di uno spazio sempre assorbente e mai compiuto, la pittura si contrae per espandersi sembra negarsi ma per potersi ancor più affermare”.

Quelle esposte sono opere che escono fuori dai canoni classici della pittura ed esprimo la costante ricerca nel creare qualcosa di nuovo che possa affascinare il pubblico; lo sforzo dell’artista contemporaneo è di emergere dall’ombra dei grandi autori classici come Mantegna e Masaccio, senza però dimenticare i loro insegnamenti e quanto questi pesino nella Storia dell’Arte italiana.

Proprio questa consapevolezza porta artisti come Pinelli, Bonalumi o Lucio Fontana, a guidare la storia della pittura verso un’altra direzione dandole un senso nuovo, così come si può osservare nell’opera rettangolo tagliato, dove la parete perde la sua vocazione di spazio neutrale acquisendo un ruolo attivo nell’opera d’arte.

Mentre l’arte classica era il frutto del fare del pittore, l’arte contemoranea vede l’artista come un pensatore che la rielabora usandola per veicolare il proprio pensiero, così ad esempio nascono opere costituite da molteplici elementi pittorici che, proprio come i semi lanciati dal contadino, seguono un loro percorso dando vita alla disseminazione. Ciò che Pinelli offre allo spettatore è anche una concentrazione del colore, la scelta ricade sopratutto sui colori fondamentali che non si mescolano mai tra di loro e restano ben distinti, anche quando l’opera non è monocroma.

Tutto è frammentato e materico nell’opera di Pinelli, se ci si concentra solo sulla singola realizzazione si può osservare un’energia centrifuga che sembra voler spingere verso l’esterno e uscire fuori, ma se si allarga lo sguardo abbracciando l’insieme dei suoi lavori disseminati sulla parete, l’energia acquista nuova forza e diviene centripeta. La scelta di Pinelli rende le sue opere libere e vive, cope corpi autonomi sembrano muoversi da soli nello spazio sulle pareti dando la senzazione di un continuo cambiamento, un infinito movimento.

La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, a cura di Lara Caccia ed edito da Silvana Editoriale, che presenta una lunga conversazione tra il curatore Giorgio Bonomi e Pino Pinelli.

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